MILANO – Siamo stati rapiti da Marco Radicioni e la sua performance durante il The Milan Coffee Festival, quando microfonato e presentato da Coffeeanlucas nello stand Victoria Arduino, ha preparato le sue ricette che sposano gelato e specialty – tostato HisMajesty – di fronte a un pubblico rapito da questi abbinamenti che stupiscono non solo il palato.
Perché, come abbiamo imparato da lui, tutto parte dalla testa. Otaleg è la sua creatura, a Roma in Via di S. Cosimato, serve la sua filosofia di gelato. E noi ne abbiamo parlato con lui.
Radicioni, Otaleg ha da tempo ottenuto i tre coni per il Gambero Rosso: che cosa serve per ottenerli?
“Ovviamente sono stato felice di aver ottenuto questo riconoscimento anche se non è certo l’obiettivo ultimo per cui preparo il gelato: il mio prodotto è molto personale. Solitamente in gelateria esiste il bilanciamento. Mi spiego meglio: anni fa si è deciso che il gelato dovesse rientrare all’interno di un range di percentuali. Poi una nuova generazione di gelatieri, dopo aver studiato le basi, ha deciso di sbilanciare questi rapporti.
Questa scuola ha come intento quello di rendere molto personale il prodotto finale, senza esser schiavi di determinate regole o delle aziende che vendono i preparati. Io parto da zero, gioco sulla tostatura, la dolcezza e sapidità e rendo così il mio gelato diverso ogni giorno. Il gelato è un piacere e deve emozionare me per primo.
Una volta raggiunto questo primo obiettivo, poi si passa alla condivisione sul banco. Questo non è un lavoro per me: noi prepariamo da mangiare per le persone ed è un ruolo molto delicato che in genere si assumono le madri.
Nel mondo della gastronomia, la gelateria è diventato l’unico ambito gastronomico in cui li prezzo è ancora abbordabile, nonostante il cliente stia anche in questo caso acquistando una vera e propria esperienza, un incontro tra territori e agricoltori.
Facciamo quello che fanno i grandi chef ma il prodotto finale è molto più diretto, è ciò che rende felici i bambini. Per questo non potrà mai arrivare ad un costo esagerato, nonostante ciò che ci sia dietro lo sia.
Non do per scontato nulla. Conoscono la provenienza e chi coltiva il 90% della frutta che arriva in laboratorio. Le uniche piantagioni che non ho ancora visitato direttamente sono quelle del cacao e del caffè. Che sono due materie prime che vanno insieme molto spesso.
Tornando alla domanda: i tre coni li abbiamo ottenuti 6 anni di seguito, da quando hanno creato questo premio e siamo tra i pochi a poter vantare questo fatto. Direi che si è percepito il racconto del mio gelato. E questo è sicuramente un bel traguardo.
Anche se il contatto con il pubblico resta il piacere più grande. La gelateria è un luogo dove in genere si fruisce velocemente e quando invece si scardina questo paradigma e si dialoga con il cliente, là si crea un’esperienza differente. Questo è quello che mi piace fare.
Da un lato stare in perfetta solitudine in laboratorio, dall’altra raccontare il mio lavoro alle persone e ascoltare i loro pareri, anche quelli negativi purché costruttivi, perché fanno crescere.
Al bancone il gelato non è più mio, ma della clientela.”
Radicioni, quindi quando si alza in piena notte che cosa succede?
“Ho sempre pensato che il gelato abbia un problema rispetto agli altri settori: noi non usiamo le mani. Il panificatore, il pizzaiolo mette le dita nell’impasto, così come lo chef tocca molto la materia prima e può trasmettere un imprinting e una personalizzazione incredibile al piatto.
Noi gelatieri non abbiamo questo scambio diretto. Il gelato non è materia, è come un po’ il presente che non esiste perché è già passato o futuro: noi costringiamo alcuni elementi a stare insieme e se stanno all’aperto la magia svanisce in pochi minuti. Succede quindi questo nel mio laboratorio: il gelato è un atto filosofico. La procedura avviene innanzitutto nella mia testa e una volta deciso, procedo nella pratica. E devono stare bene per forza.
Tu devi immaginare il gelato e poi realizzarlo. Ovviamente stando da solo, il flusso di idee è piuttosto nutrito. La notte sono solitario e la mattina interpreto il personaggio estroverso. C’è una dualità molto accentuata.
Inizio alle due del mattino e sono completamente immerso nella parte onirica della produzione.”
Oggi sempre più la gelateria, la pasticceria e la caffetteria vanno insieme: lei cosa ne pensa?
“Faccio una dovuta premessa: per me la gelateria è morta. Aprire nel 2022 una gelateria pura, soprattutto in grandi città come Roma, è impossibile. Viviamo molto legati alla stagionalità, e nella capitale siamo 4000 gelaterie. Il margine è molto basso, specie quando si usano materie prime importanti in grandi quantità. Il nostro scontrino medio è basso e abbiamo bisogno di tanto personale per farne un numero maggiore.
Insomma, siamo aziende che spendono molto e abbiamo guadagnati limitati. Quindi perché pasticceria e caffetteria? Perché aiutano a portare il gelato fuori dal suo confine stagionale. Attualmente sto aprendo un altro locale in cui unirò il caffè e la pasticceria con il gelato.
La scelta è stata quella non di acquistare prodotti da una pasticceria e appoggiarci ad un artigiano esterno, ma quella di usare la nostra ragazza che lavora già da Otaleg da anni. Lei si è formata come pasticcera in modo molto autonoma, presso i laboratori di colleghi più competenti sul mercato.
Ma sarà lo stesso concetto di Otaleg che trasmetteremo in pasticceria. Spesso si vede un gelato e un’offerta di pasticceria che non comunicano oppure un caffè che stona. Invece bisogna esser fissati maniacali su tutto coerentemente.
Diventa un po’ una complicazione, perché bisogna saper usare la macchina, valorizzare e comunicare la materia prima, ma a me non piacciono le cose semplici. È lo stesso discorso che applico alla gelateria: mi annoierei altrimenti. Ho bisogno di nuovi stimoli per non cadere nella routine. Ben vengano le cose nuove.
La torrefazione sarà sempre quella di Paolo Scimone per l’espresso (il modo per far avvicinare le persone che devono scoprire questo universo così diverso) e poi più avanti sperimenterò anche altri nomi internazionali.
Il caffè sarà quello che darà una mano alla proposta del food. Lo concepisco come modo di far stare insieme tutti i prodotti. Apriremo a Monteverde Vecchio e ci siamo quasi, magari prima di Natale, sicuramente a gennaio 2023.”
Quando, come e perché il gelato Otaleg si è aperto al mondo del caffè (e dello specialty)
“Bevo caffè da un bel po’ di anni. Ho iniziato come molti con le tazzine “avvelenate” che di solito si trovano nei bar. Ho sempre pensato che non potesse esser quello il vero caffè, associandolo alla bontà del cacao. Così ho iniziato con delle piccole ricerche e la svolta è avvenuta con l’incontro con Coffeeandlucas. La sua conoscenza, la mia curiosità che è diventata poi un’ossessione, mi ha portato a volere assolutamente sperimentare con questa materia prima nel mio nuovo negozio.
Ho iniziato a fare il gelato a casa per me e per la famiglia. Così ho fatto con il caffè: per la mia cucina acquisto chicchi da ogni parte del mondo, lo preparo per me e poi lo condivido con il pubblico.
L’espresso in realtà ho scoperto che è l’estrazione che mi piace di meno, anche se è forte la tradizione che mi lega a questo metodo. Ovviamente lo consumo con più consapevolezza e dove so di poterlo trovare buono. In realtà le estrazioni a filtro sono quelle che prediligo sia da consumatore che per le ricette.
Al The Milan Coffee Festival ho preparato dei sorbetti con la Maverick – una macchina che riesce a regalarmi ciò che vogliono avere in tazza – e il cold brew. In uno avevo un piccolo cono di legno di pino. In basso ho messo gel di vermouth, sopra una pallina di gelato di sorbetto al caffè e due cannucce: una riempita con l’infusione di menta e l’altra di limone.
Il caffè è di Hismajesty Coffee: siamo andati in Repubblica Dominicana per una monorigine con sentori di cacao, di frutta tostata che si abbinava perfettamente agli altri sapori. Ha personalità, accoglieva bene l’acidità dell’agrume e la freschezza della menta.
La seconda ricetta è stata più semplice: emulsione a frusta tra gorgonzola piccante e mascarpone, sopra un sorbetto di caffè dolce, estivo, colombiano e sopra una composta di ciliegia.
Chi ha avuto il coraggio di gustare tutto insieme ha avuto un’esperienza complessa. “
Nuove idee per i prossimi abbinamenti?
“Il caffè sarà un elemento orizzontale e democratico del nuovo Otaleg, ponte di comunicazione tra gelateria e pasticceria. Avremo una miscela base per un medio periodo ma poi quello che voglio fare è puntare su miscele o monorigini diversi. Faremo una rotazione.
Mi piacerebbe mantenere la bevanda come elemento di congiunzione, giocare sui contrasti tra acidità, freschezza di alcuni gelati. Ho molte idee in mente e non vedo l’ora di sperimentare. Gli abbinamenti tra formaggi e caffè sono quelli su cui punteremo tantissimo.
Tutto parte sempre da una luce che mi si accende nella testa e sai già che funzionerà. Poi certo si assaggia prima di proporlo al pubblico. Ma è una cosa che già si conosce da chi fa questo mestiere. Abbiamo un alfabeto gastronomico solido a disposizione e mettere insieme cose anche estreme è naturale. Quando poi vedono la luce e si ritrova il riscontro di ciò che si era immaginato, allora nasce l’emozione.”
E il futuro di Otaleg e del gelato italiano?
“La gelateria è morta ma non è morto il gelato. Non sono una persona molto pratica. Mi sono sempre percepito come un artigiano, ma poi ho capito che lo sei sino a quando la serranda è abbassata, mentre quando la si alza allora diventa un’azienda commerciale.
Questo ancora non l’ho ben recepito e lo sto imparando.
Ragionando in questo senso, allora possiamo dire che l’impresa della gelateria è morta, ma il gelato è eterno. Il futuro quindi va verso la personalizzazione delle ricette. Questa è l’unica via vincente. L’omologazione alle aziende che preparano il gelato, senza curare le materie nel proprio laboratorio, senza curiosità, allora si chiude.
La filosofia, il pensiero del gelatiere sono ancora vive. Il gelato artigianale diventa personale. Il bello è riconoscere l’umore e il pensiero dell’artigiano gustando un cucchiaino di una ricetta. Là si comprende ciò che sta dietro la preparazione. Quando esprimi te stesso, vinci sempre. Il gelato è il mio atto di comunicazione. E per questo cambia ogni giorno, come me.”
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