MILANO – Marco Cremonese, consulente e trainer autorizzato Sca per quanto riguarda i moduli green coffee, roasting e sensory skills, non è nuovo in queste pagine. L’esperto del caffè ha dato voce alle sue opinioni più di una volta su argomenti complessi quali i profili di tostatura e l’evoluzione di questo processo nelle torrefazioni italiane.
Marco Cremonese è stato tra i protagonisti al The Milan Coffee Festival con il talk “Chimica degli acidi nel caffè: quando possiamo parlare di acidità positiva e negativa?” in cui esplora l’argomento da un punto di vista scientifico e sensoriale.
L’acidità nel caffè secondo Marco Cremonese
“L’acidità è un gusto che può essere percepito piacevolmente ma talvolta può risultare molto sgradevole in relazione alla sua intensità e alla presenza di altri gusti. In alcune bevande, come il vino ad esempio, il mondo degli acidi è relativamente semplice,” esordisce Marco Cremonese.
“Nel caffè, al contrario, parlare di acidi risulta complicato. Ci sono molti fattori da valutare: la maturazione del frutto, il processo di lavorazione post-raccolta, lo stoccaggio ed i profili di tostatura che rappresentano i principali fattori che modulano l’acidità percepita.”
Marco Cremonese si spinge oltre: “Nella percezione dell’acidità contribuiscono in modo rilevante gli acidi che contengono ioni H+ che si combinano in equilibrio con altri elementi ionici. Gli acidi sono molecole che si dissociano in acqua: ioni + anioni.”
Ma come viene valutata l’acidità nella bevanda?
“Bisogna tenere presente che il ph rappresenta anche l’acidità nel caffè. In particolar modo, l’acidità titolabile rappresenta il gusto acido nella bevanda ed è data dalla concentrazione totale di ioni idrogeno e degli acidi indissociati presenti in una determinata soluzione.”
Un’acidità elevata con un ph basso, non bilanciata chimicamente, potrebbe dunque avere un effetto poco piacevole sul piano sensoriale.
Marco Cremonese spiega quali fattori determinano il flavour del caffè: “Gli acidi deboli che hanno una frazione indissociata contribuiscono allo sviluppo degli aromi del caffè, i quali determinano invece il flavour. Il riconoscimento degli acidi è generalmente basato sull’esperienza diretta dell’assaggiatore. Gli acidi presenti nel caffè sono il risultato del processo di respirazione della pianta. La quantità di acidi è influenzata dalle basse temperature e dalla maturazione lenta dei frutti.”
Gli acidi possono essere divisi in: alifatici, clorogenici e inorganici.
Gli acidi alifatici
“Probabilmente nel mondo del caffè, gli acidi più importanti sono gli alifatici. È proprio la combinazione di questi acidi con gli zuccheri presenti nella bevanda che determinano la sensazione di acidità”.
Gli acidi alifatici possono essere a struttura lineare, ramificata e ad anello. Nel caffè verde spiccano: l’acido citrico, il malico, il chinico e il lattico. Con la tostatura si ha un incremento in numero di acidi alifatici.”
Nel caffè, gli acidi fruttati giocano un ruolo importante e sono l’oggetto principale di discussione al tavolo d’assaggio. Predominante è l’acido citrico, con un gusto acidulo, ma gli acidi fruttati sono anche condizione della presenza di acido malico (presente nelle mele), acido tartarico (uva).
“È importante notare che un profilo acido è ritenuto più intenso se è presente una matrice complessa di questi acidi nella bevanda che sono maggiormente sviluppati ad elevate altitudini di coltivazioni del caffè.”
Gli acidi inorganici
“Una categoria che forse impatta di meno il gusto della bevanda ma che è ugualmente importante per il flavour è rappresentata dagli acidi inorganici. Il caffè verde contiene una piccola quantità di acido fosforico, componente della famiglia degli acidi inorganici, che gioca un ruolo ben preciso nella percezione dell’acidità. Si tratta di un acido forte che contribuisce a rendere piacevole il gusto completo della tazza.”
Gli acidi clorogenici
Cremonese giunge infine all’ultimo gruppo degli acidi. Gli acidi clorogenici.
“Questi tipi di acidi sono prodotti quando la pianta acquisisce gli zuccheri formatisi nel ciclo dell’acido citrico e convertito in altri composti. Vi è un’importante presenza nel caffè, circa il 10% del peso della materia secca con alcune differenze tra Arabica e Canephora. È associato all’amaro in tazza, si degrada per effetto delle alte temperature in tostatura suddividendosi in acido chinico (amaro) e acido caffeico (acido).
Marco Cremonese conclude il suo illuminante discorso ribadendo l’importanza del ruolo della tostatura nel determinare il livello di acidità nel caffè.
È la tostatura che dona il profilo aromatico e sensoriale caratteristico di ogni miscela: “Questo processo crea infatti un aumento degli acidi organici, la cui concentrazione cala al continuare del processo. Molti acidi vengono prodotti dalla tostatura come l’acetico, il lattico, il chinico e il formico”.