MILANO – Il rinnovato layout del flagship store Lavazza di Milano (ne abbiamo già parlato qui) ha svelato una nuova creazione del Training Center di Torino, il cappuccino Signature. Ne abbiamo discusso con Marcello Arcangeli, Lavazza Training Center Director, il quale ci ha spiegato le origini dietro il Signature e il suo successo oltre la Manica a Londra.
Leggiamo di seguito le sue rivelazioni.
Come è nato il cappuccino Signature?
“Lo scorso inverno abbiamo iniziato un processo di sviluppo all’interno del nostro flagship Store di Londra con l’obiettivo di affinare l’offerta di caffetteria in una direzione sempre più distintiva.
Il cappuccino, lo sappiamo, soprattutto nel mercato anglosassone, rappresenta circa il 80 % delle consumazioni in caffetteria. Se per noi italiani è un must, per gli inglesi è davvero la bevanda per antonomasia dei coffee shop, insieme al Flat white e al latte macchiato.
Il cappuccino a Londra è un’icona e per questo proponiamo la classica offerta del cappuccio, con i baristi che sono addestrati e stanno affrontando anche un ulteriore percorso formativo Sca in cui è anche compreso il modulo sul “latte art”.
Dunque, partendo da questi presupposti, non ci restava che ripensare a cosa potesse rivelarsi un prodotto distintivo, in modo che il flagship diventasse per i londinesi un posto in cui andare a bere una ricetta che negli altri coffee shop non c’è. Ecco il processo di innovazione è partito da questa sfida.”
Avete reinterpretato la ricetta?
“Quando si reinterpreta un prodotto classico come il cappuccino, la cosa difficile è che non si devono cambiare gli ingredienti, bensì trovare angolazioni nuove legate al servizio o alle modalità di preparazione.
In questo caso noi abbiamo puntato sulla ratio, il rapporto tra le componenti, e sul contenitore, mantenendolo riconoscibile al pubblico.
Così, la ricerca è cominciata dalla storia stessa del cappuccino: in Italia nasce da una ratio piuttosto consolidata – un quinto di espresso, due quinti di latte caldo sui 65/70 gradi centigradi, e infine due quinti di crema di latte caldo, che non è schiuma, ma una crema con una tessitura vellutata e sottile con micro bolle.”
Quando si parla di cappuccino di pensa alla latte art.
“Ci siamo detti: la tendenza del mondo della latte art è quella di disegnare sul cappuccino fantastiche figure che esprimono l’abilità dal barista. Per poterlo fare però, l’emulsione della crema non dev’essere troppo abbondante. Dev’esserci il giusto equilibrio e il latte deve restare piuttosto liquido. Tant’è che gli esperti di latte art insegnano che, quando c’è troppa crema, la si versa in un altro contenitore.
Quindi il cappuccino in latte art ha diminuito la quantità di crema e la ratio: un quinto di espresso, tre quinti di latte caldo e un quinto di crema.
Per cui, noi, abbiamo provato a tornare al cappuccino classico italiano, lavorando nella direzione della cremosità abbondante e dell’edonismo, dandogli anche il tocco finale, quasi tridimensionale, di una cucchiaiata di crema sulla superficie.
Abbiamo lavorato sulla ricetta, facendo di nuovo sporcare le labbra del consumatore quando lo beve e con il cucchiaio quasi si mangia la crema una volta bevuta la bevanda.
Questa crema si può realizzare anche a mano, non siamo necessariamente legati ad una macchina, ovvero questa nuova monta latte che noi abbiamo installato nei flagship store di Londra e Milano.
Questa nuova macchina, la Latte Art Factory, l’abbiamo installata per rendere costante la preparazione e uniformarla, salvaguardando però, la manualità del barista: questa macchina prende da un suo serbatoio il latte freddo, ed eroga nel bricco la giusta quantità di latte per un cappuccino, alla temperatura corretta (precedentemente settata) e con una cremosità vellutata perfetta per quantità e qualità (over run , percentuale di aria nel latte, precedentemente settata).
A questo punto, durante la versata, il bricco viene messo di lato per far scendere il tre quinti di crema.
Per la cucchiaiata finale di sola crema di latte on top, viene emulsionato a parte un bricco che si lascia riposare per qualche minuto. Il barista prende in superficie con un cucchiaio la crema di latte e la pone sul cappuccino. La spolverata di cacao andrà solo sulla porzione di crema in rilievo e non su tutta la superficie del cappuccino.”
Ci sono delle varianti?
“Abbiamo inserito due varianti: una crema al pistacchio e una seconda ricetta più audace che deriva dalla nostra esperienza con gli agrumi e il latte sviluppata nel 1996 con la prima apertura della Coffee House Lavazza, “San Tommaso 10” a Torino, ovvero, il cappuccino all’arancia.
Forse quest’ultimo stride come binomio, ma a noi è sempre piaciuto molto. Per questo progetto Signature abbiamo trovato un’ottima crema all’arancia che si abbina perfettamente con il latte”.
Quale è la risposta del pubblico?
“A Londra ormai, nel flagship, se si chiede un cappuccino, il Signature è lo standard. Lo abbiamo lanciato a giugno in occasione di Wimbledon e sta avendo una risposta iper positiva da parte della clientela.”
Anche la tazza di servizio è particolare
“Un elemento interessante che abbiamo inserito è proprio la modalità di servizio: abbiamo tolto il cappuccino dalla sua tazza di porcellana e lo abbiamo portato in un bicchiere da 8 once (240ml) in vetro camera trasparente, per enfatizzare la cremosità e rendere visibile i suoi strati.
Soltanto guardandolo, si ha un’anticipazione della golosità che il Signature Cappuccino esprime non solo nella sua bontà ma anche nell’eleganza in cui si presenta, uno stile tutto italiano.
A Milano invece, dove i 240 ml per molti possono esser troppi, prepariamo il classico cappuccino in porcellana o in latte art, ma come variante si può ordinare al tavolo, il Signature.”
Quanto costa a Londra e a Milano?
A Londra i prezzi variano tra le 5,50 sterline per il Cappuccino Signature Classico e le 6 per il Signature pistacchio /arancia. Al Flagship di Milano il listino è di 5.50 euro per il cappuccino Signature classico e di 6 per il cappuccino Signature pistacchio/arancia.”
Le preparazioni con le bevande vegetali sono possibili?
“Con la bevanda a base di soia, è fattibile, ma è più difficoltoso avere esattamente i tre quinti di crema necessari per il Signature.”
Nei Flagship, tra le proposte, c’è anche quella della moka. Piace sempre?
“In entrambi i locali, la Carmencita Pro è il cuore dell’offerta Lavazza, la proposta ha sempre grande successo. La caffettiera da tre tazze viene servita al tavolo perché c’è il concetto della convivialità legata alla Moka. Un gruppo di due, tre persone, ordinano la Moka che viene servita al tavolo in un momento di pura condivisione.
Oltre le preparazioni filtro (Chemex, V60) che proponiamo nei nostri flagship store, noi crediamo molto anche nella preparazione Moka perché non ci dimentichiamo mai di essere italiani.
Carmencita Pro, con il suo filtro brevettato da Lavazza, durante l’estrazione elimina le note sovra estratte un po’ amare della classica moka. In questo caso i prezzi sono di 5 sterline per la Moka Carmencita Pro da 3 tazze a Londra; a Milano 9 euro sempre la Moka Carmencita Pro 3 tazze.”