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domenica 30 Marzo 2025
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Ecco le tazzine impazzite di Max Sbrescia: “Partito con l’IA, poi ho aggiunto il caffè Kimbo alla tela”

L'artista: "Ho pensato all’intelligenza artificiale – sono stato tra i primi ad usarla e ad elaborarla con Photoshop e altri programmi -, per valorizzare un prodotto che, essendo napoletano, mi ha subito ispirato per realizzare le tazzine impazzite – come il contesto globale di oggi, che trema per i conflitti, per il cambiamento climatico e molti altri fattori di turbolenza”.

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MILANO – Massimiliano Sbrescia è artista/graphic designer e ceo dell’agenzia eventi360. Già dai 18 anni si è mosso tra le gallerie di un certo livello, facendo esperienza come assistente per diversi importanti galleristi. In parallelo, dopo 35 anni come graphic  designer, arriva un momento di svolta dovuto al periodo di fermo obbligato della pandemia: questa è stata l’occasione per canalizzare tutti i suoi sforzi nella pittura, e nella condivisione sui social – piuttosto nota la serie di immagini “Selfie” -.

Questa prima notorietà ha attirato l’attenzione del mondo dell’arte, fino a quando Sbrescia viene coinvolto nella mostra curata da Charlotte Madeleine Castelli, nel M.A.D Mantova Arte Design in Via Camillo Benso 59, “Banquet: Arte da Mangiare con gli Occhi” insieme ad altri due artisti Notawonderboy e Stefano Mileto, per una rappresentazione del cibo trasfigurata in arte, dal 30 marzo al 12 aprile.

La locandina della mostra con Massimiliano Sbrescia (foto concessa)

Sbrescia, per lei il caffè è un’opera d’arte, ma perché l’ha scelto come soggetto di molti suoi pezzi?

“Una curiosità è che attualmente non bevo più il caffè, il che è quasi paradossale dato che in passato per deformazione professionale – i graphic designer sono assuefatti dalla caffeina – ne bevevo davvero tanto. Al punto che ormai ho raggiunto il limite del mio organismo e sono passato al tè.

Per quanto riguarda invece la scelta di questa bevanda per le mie opere, bisogna fare prima un passo indietro per spiegare il mio processo creativo.

Ho pensato all’intelligenza artificiale – sono stato tra i primi ad usarla e ad elaborarla con Photoshop e altri programmi -, per valorizzare un prodotto che, essendo napoletano, mi ha subito ispirato per realizzare le tazzine impazzite – come il contesto globale di oggi, che trema per i conflitti, per il cambiamento climatico e molti altri fattori di turbolenza”.

Dopo aver messo appunto le immagini, le ho stampate e ci ho lavorato sopra con il caffè. Infatti i quadri profumano degli schizzi lanciati sulla tela. Ho usato un marchio tipicamente napoletano, Kimbo.

Inizialmente ho istruito l’intelligenza artificiale con delle indicazioni specifiche: una tazzina d’espresso con la porcellana che si liquefa con il suo contenuto. Ho scelto proprio la tazzina perché per me rappresenta un oggetto dotato di un’anima, che infine viene plasmato per raggiungere la forma finale.

Grazie all’IA si può plasmare l’idea per poi poterla modificare ulteriormente con la propria creatività. Mentre si interviene poi con le mani, si ha più tempo per sognare e arrivare al risultato definitivo.

Un’atra versione delle tazzine impazzite • visual artist massimiliano sbrescia (foto concessa)

Con questo obiettivo sfrutto l’intelligenza artificiale per dare vita ad un’opera d’arte personale, unica. La macchina e l’artista sono due entità distinte.”

Poi ci sono le tazzine finiscono addirittura nei capelli: ce ne parla?

Le tazzine per la testa di Massimiliano Sbrescia (foto concessa)

“Rappresenta proprio il lavoro dell’IA alla quale ho domandato di tracciare una faccia che avesse milioni di tazzine nella testa. A quel punto sono intervenuto per migliorarne i connotati, i contorni. Potrebbe addirittura un giorno diventare una scultura e lo stesso vale per le tazzine impazzite. Alcuni artisti si sono già proposti per realizzarli partendo dalla stampa”.

Se un’azienda di caffè le commissionasse un pezzo a tema, che cosa le verrebbe in mente dal punto di vista del graphic designer?

“Innanzitutto in questo caso non utilizzerei l’intelligenza artificiale. Penserei invece a tracciare una linea guida in base al cliente, al target che voglio raggiungere: ci sono state delle campagne scolastiche in cui l’ho sfruttata perché era il tema stesso dell’iniziativa e volevo mostrare come l’artista e l’algoritmo possano dialogare tra di loro.

Ci tengo a far passare il messaggio che l’uso dell’intelligenza artificiale non è un automatismo che fa scomparire l’artista: c’è, o meglio ci dovrebbe essere sempre uno studio dietro, bisogna saperla interpretare, istruire correttamente. Come ha fatto di recente Philippe Starck per la sua sedia, la prima pensata con l’IA.

Quindi, per tornare alle aziende, probabilmente partirei da una domanda, da una ricerca per comprendere l’azienda, come lavora, cosa produce: solo a quel punto, schizzo e forse, posso valutare di integrare con l’intelligenza artificiale, che comunque resta uno strumento che mi incuriosisce.”

I suoi lavori saranno inseriti all’interno della mostra Banquet: il caffè che ruolo ha all’interno dell’offerta di food&beverage?

Un’altra immagine di tazzine impazzite (foto concessa)

“La gallerista e la curatrice hanno studiato un percorso artistico legato al tema dell’arte del mangiare (ci sono altri artisti che giocano ad esempio con dei panini trasfigurati) e hanno subito capito che in questo contesto le mie opere, seppure ancora in fase embrionale, potevano inserirsi coerentemente. Per Banquet allora ho voluto disegnarle con il caffè e queste saranno esposte durante la mostra.”

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