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giovedì 06 Marzo 2025
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ManPowerGroup presenta le novità del Decreto lavoro per horeca, bar e ristoranti, nel nuovo roundtable

Nel dettaglio sono stati discussi le novità della legge n°203/2024 nota come Decreto lavoro e, in particolare, i temi dei tempi determinati e somministrazione (un rapporto di lavoro in base al quale l'impresa può richiedere la prestazione di uno più lavoratori ad agenzie autorizzate), il nuovo periodo di prova, l’abbattimento dei limiti e la stagionalità

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MILANO – Presso la sede di ManpowerGroup a Milano in via Rossini si è tenuto il confronto roundtable Horeca dedicato alla legge di stabilità e al Decreto lavoro. La sessione legale è stata supportata dagli interventi di Dario Ceccato, co-founder Ceccato Tormen & Partners, consulente del lavoro horeca, e Monica Segalini, senior legal manager employment and labour law di ManpowerGroup. Ha moderato Stefano Pregel, vertical leader horeca dell’associazione.

Il roundtable horeca di ManpowerGroup

Nel dettaglio sono state oggetto di discussione le novità della legge n°203/2024 nota come Decreto lavoro e, in particolare, i temi dei tempi determinati e somministrazione (un rapporto di lavoro in base al quale l’impresa può richiedere la prestazione di uno più lavoratori ad agenzie autorizzate), il nuovo periodo di prova, l’abbattimento dei limiti di contratto e la stagionalità.

Monica Segalini prende la parola: “L’obiettivo di oggi è condividere le novità riguardanti il Collegato lavoro, la gestione dei rapporti dei contratti nonché la loro conclusione, con un’affondo sulla novità introdotta dal decreto Mille proroghe riguardante il tema delle causali.

Uno dei provvedimenti che impatta di più il nostro settore è un’aumento delle ipotesi di deroga ai limiti di utilizzo della somministrazione di lavoro a termine, la quale può essere utilizzata nel limite del 30% del numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato dall’utilizzatore.

Il 30% è un limite cumulativo nel quale rientrano anche eventuali CTD (contratti a tempo determinato) diretti che l’azienda ha utilizzato con la conseguenza che, qualora ci sia bisogno di maggiore flessibilità, la percentuale possa essere saturata ricorrendo ai due istituti, somministrazione a termine e CTD”.

Segalini continua: “In più ci sono diverse previsioni della contrattazione collettiva di tutti i livelli, nazionale e aziendale, per costruirsi le proprie regole fatte su misura. In questo contesto si inseriscono le novità del Collegato: un aumento delle ipotesi di deroga. Dal 12 gennaio è possibile derogare ai limiti percentuali diversi previsti dalla contrattazione collettiva. Non rientrano nel 30% i contratti di somministrazione a termine che sono finalizzati ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’agenzia.

C’è stata finalmente un’estensione anche alla somministrazione di lavoro di tutte le ipotesi di deroghe che prima erano specifiche solo per il contratto a tempo determinato solo a CTD diretto.

Segalini aggiunge: “Ad esempio, derogano i contratti finalizzati alla fase di avvio delle nuove attività nei limiti previsti dai contratti collettivo, per le start-up innovative, per i contratti stipulati per specifici spettacoli ed eventi e per i lavoratori over 50.

Perciò c’è l’aumento delle ipotesi di deroga al limite di utilizzo della somministrazione del lavoro a termine, tenendo conto di quelle già vigenti (come soggetti in mobilità o disoccupati che godono di almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione).

Sono molte le ipotesi sulle quali è possibile lavorare per individuare  deroghe per aumentare lo spazio della flessibilità soprattutto nei settori dell’horeca che in diversi periodi dell’anno presentano picchi più elevati”.

L’altra novità riguarda l’eliminazione dell’obbligo di appore la causale in caso di somministrazione di lavoratori appartenenti alle fasce deboli: infatti in caso di superamento del limiti di 12 mesi per effetto di proroghe o rinnovi non è necessario apporre la causale.

C’è un altro principio da ricordare: se lo status di lavoratore svantaggiato viene perso nel corso del contratto, il lavoro va comunque avanti per il dipendente e può essere comunque prorogato a a parità di condizioni. Non cambia nulla se non che l’utilizzatore dovrà ricordarsi di computarlo oppure l’agenzia dovrà appore la causale se si superano i 12 mesi.

Dario Ceccato, curatore del libro Horeca: Guida alla gestione del rapporto di lavoro nelle aziende alberghiere, di ristorazione, bar e catering insieme a Paolo Tormen e Paola Salazar, continua: “Il Collegato lavoro è di fondamentale importanza per il turismo in generale e ha subito diverse evoluzioni. È un momento caldo: quest’anno abbiamo visto un mutamento complessivo del quadro normativo gestionale che non è stato accompagnato da diversi chiarimenti. Una norma va vista insieme a tutte le altre. Cosa è successo recentemente? Il Milleproroghe è stato convertito in legge benedendo la possibilità delle aziende di inserire causale a tempo determinato”.

La stagionalità nel contratto di lavoro

Ceccato riflette: “Cosa cambia per la stagionalità? Il tema è spiegabile come conflitto tra la giurisprudenza e il legislatore. La stagionalità da contratto collettivo è una matrice normativa del 1963 contraddistinta da alcune attività precise. Ma il concetto di stagionalità è complicato: nelle città d’arte, ad esempio, è ancora astratto stabilire il corretto termine relativo alla stagione. Allora è stato concesso al contratto collettivo di prevedere delle attività stagionali. La giurisprudenza dal 2003 e, per tutto il 2024, si è scagliato contro questo tipo di contratti affermando che non si possa prevedere una stagionalità produttiva ma che deve essere individuata in relazione al clima”.

C’è di più: “La stagionalità deroga troppe cose tra cui contributi addizionali non dovuti e, di conseguenza, fa molta gola. La giurisprudenza vede quindi il contratto stagionale come una eccezione legata al clima (invernale o estivo). Quindi è stata introdotta una legge di interpretazione nel Collegato lavoro che è entrata in vigore nel 12 gennaio. Sostanzialmente il legislatore afferma che d’ora in poi la stagionalità è ciò che dice il contratto: fa nascere una interpretazione di stagionalità non strettamente legata al clima”.

Ceccato continua: “Tuttavia le norme di interpretazione autentica sono rischiose poiché sono tali solo se in riferimento al testo originario. Questo tocca particolarmente il settore horeca tra alberghi e ristoranti. Nonostante ciò, non credo che la stagionalità sia facile: è ancora rischiosa e mancano ancora dei parametri chiari. La solidità dell’assunzione stagionale è ancora lungi dall’essere solida”.

Il grande cambiamento introdotto? Secondo Ceccato è evidente: “Se si ha la forza, la capacità e la conoscenza tecnica oggi è possibile negoziare una stagionalità identitaria propria benedetta dal legislatore”.

Ceccato si spinge oltre e parla del periodo di prova del contratto: ”Il periodo di prova è un disposto normativo che si introduce all’interno di un’altra norma del decreto Trasparenza. Il Collegato lavoro afferma che c’è un giorno effettivo di prova per ogni quindici di calendario. Il secondo capoverso della norma tuttavia recita che, in ogni caso, se il rapporto dura meno di 6 mesi, la prova non potrà durare più di 15 giorni e se dura meno di 12 mesi non supererà 30 giorni. Facendo un conto, un giorno ogni 15, vuol dire che su 6 mesi sono 12 giorni effettivi.

Perché poi dice 15 giorni? È evidente che la seconda parte della norma non sta parlando ai lavoratori e all’azienda ma al contratto collettivo. Sta affermando che, se si disciplina un periodo di prova personale, questo non potrà superare i 15 o i 30 giorni a seconda delle circostanze”.

Ceccato conclude: “Se non si sa quanto dura il tempo determinato non si sa di conseguenza quanto dura il periodo di prova. Prima del 12 di gennaio, il periodo di prova non poteva superare più di 1/3 della durata contrattuale: quindi un anno di determinato poteva avere 3 o 4 mesi di prova. Oggi un anno può avere 24 giorni. Oggi un imprenditore farà un contratto di un mese e sarà proprio quella la prova”.

Nonostante i grandi cambiamenti servirebbero perciò, secondo Monica Segalini e Dario Ceccato, diversi chiarimenti per garantire un migliore spazio di lavoro sia ai dipendenti che agli imprenditori.

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