ARZIGNANO (Vicenza) – Se non sono i gestori che rappresentano l’eccellenza della caffetteria in Italia a spingere sul prezzo dell’espresso, chi può farlo? Ecco che continuiamo la nostra serie di interviste ai locali che hanno conquistato tre chicchi e tre tazzine nella guida Bar d’Italia del Gambero Rosso, con Oliviero Olivieri, l’uomo dietro l’omonima pasticceria vicentina, che si è subito prestato a rispondere alle domande che tutti si stanno facendo in questi giorni caratterizzati dal rincaro delle materie prime.
Olivieri, perché il prezzo del caffè non può più esser fissato a un euro?
“Io sono anche presidente di categoria dei pasticceri e proprio qualche giorno fa ho indetto una riunione con i soci, per discutere dell’aumento del caffè e dei croissant. Il prezzo dell’espresso storicamente è stato legato a quello del giornale: il giornale è andato avanti e l’espresso no.
Il problema è che oggi, a causa della pandemia e delle speculazioni, tutte le materie prime, comprese le bollette dell’energia elettrica, sono in aumento. È quindi logico che non si può fare a meno di aumentare il prezzo. Il rischio altrimenti è che si arriva a fine mese e non si hanno i soldi per pagare i fornitori. Come tutti i prodotti di una stessa categoria, esistono diverse fasce di prezzo. Il concetto che deve passare è che se io vendo un prodotto che ha determinati costi, è normale che anche il consumatore lo paghi di conseguenza. Sono però tutti spaventati dal resto degli aumenti: mi sembra di esser tornati negli anni ‘80 con l’inflazione.
Chiaramente ora tutti i costi vanno in rialzo. Se non ci saranno aumenti anche sugli
stupendi diventerà un problema, ma l’imprenditore deve fare una sua analisi di costo e tenere conto dei margini.
C’è un altro aspetto fondamentale che è la mancanza del personale. Quando lo trovi lo devi pagare di più. Quindi è impensabile non applicare un aumento sull’offerta. Chiaramente bisogna educare il cliente e spiegargli che la qualità si paga, come qualsiasi altra cosa. Se fate una banale analisi di costi, capirete che non è sostenibile, non fa margine. Il risultato sarà che quelle attività rischieranno l’estinzione. Qui in Italia non ci si può metter d’accordo sul prezzo: per legge si deve fare attenzione a fare riunioni di categorie.
Negli Stati Uniti invece è normale accordarsi sulla vendita a un prezzo minimo. In Italia non è possibile. Noi stiamo creando come associazione un libretto dove elencheremo i costi medi di un punto vendita, per far capire che così si lavora per niente o meno.
Dopodiché diamo la possibilità a tutti di avere un servizio per la personalizzazione del calcolo dei costi. Secondo me tanti non li fanno correttamente e arrivano a fine mese con tanto lavoro e niente in cassa. Ora i margini sono talmente ridotti, che si sta aperti solo se si è attenti.”
A quanto vende l’espresso lei Olivieri?
“Ad un euro e venti il blend e ad un euro e cinquanta il 100% Arabica. Ma noi solitamente cerchiamo con le brioche di dire: la brioche costa un euro e 50, se dopo vuoi quella con la crema, con la marmellata, o una tipologia particolare, allora si arriva anche a tre euro, tre euro e 50. Quindi, se vuoi bere un caffè più commerciale e una brioche vuota, si spenderà un euro e 50 e un euro e venti. Alla fine quando si hanno i clienti che arrivano per la qualità, non si lamentano. Pagano perché sanno che non trovano il nostro prodotto e il nostro servizio altrove. Come monorigine stiamo tentando di inserire un caffè, ma stiamo partendo solo adesso.
Proponiamo poi anche altri tipi di estrazioni come il cold brew, il chai latte, bevande che non ci sono da altre parti e che non sono comparabili con altri locali. È il sistema per fare il prezzo medio dello scontrino: devi proporre dei prodotti alternativi che permettono di marginare in maniera superiore.
È un percorso che possono fare tutti e che porta a un risultato. Non è qualcosa che si costruisce dall’oggi al domani, ma si fa con sacrificio e con il saper comunicare ciò che si fa. Tanti neppure parlano con i clienti.”
Quali macchine espresso usate, e quanti macinadosatori? La pulizia è un problema?
“Usiamo due macchine top: una tre gruppi de La Cimbali e l’altra è una Faema. Abbiamo tre macinini, uno per il blend che ci prepara una micro roastery di Verona, Il Laboratorio Sartoriale – un tipo di Arabica e sei monorigine, per una miscela cioccolatosa – perché non abbiamo brand, per differenziarci con un prodotto nostro; uno per il decaffeinato. Poi uno per il cold brew coffee. Ci siamo fatti fare anche una nostra miscela da mettere all’interno di capsule compatibili Nespresso, che i nostri clienti acquistano volentieri. Stiamo studiando attualmente quelle compostabili, dobbiamo trovare la qualità perché il prodotto non si deteriori e a breve arriveremo a una soluzione.
Per quanto riguarda invece la pulizia: per fare un caffè di qualità, le macchine le devi trattare in un certo modo, non c’è niente da fare. Noi la sera, trenta minuti per sistemare le macchine ce li prendiamo. Poi abbiamo un manutentore che periodicamente controlla le macine. È fondamentale ed è normale. “
Olivieri, ma secondo lei l’aumento del prezzo è una minaccia o un’opportunità per il fuori casa?
“Un’opportunità. Quella che molti hanno, è una paura ingiustificata. Chiaramente il primo giorno ti chiederanno in molti il perché. Io personalmente nel 2022 alzerò a un euro e trenta. I miei colleghi seguono me e alzeranno a un euro e venti. Tanti mi chiedono perché faccio queste riunioni e io rispondo: ho sempre avuto spirito di categoria, perché se tutti lavoriamo allo stesso modo diventa un vantaggio per tutti. Se anche cercano di fare una guerra sul prezzo, è controproducente in primis per loro. Quando ho scelto di differenziare il prezzo della croissanteria, ho fatto una semplice analisi di costo: se anche ne vendo meno ma guadagno il giusto, va bene così. Devi esser sicuro della qualità del prodotto che vendi. “
Oggi siamo pronti?
“Diciamo che anche da un punto di vista economico e culturale c’è una fascia di mercato che è pronta, la stessa che è attenta ed è in costante aumento. Proviamo a immaginarci dentro un supermercato dieci anni fa e la gente metteva dentro il carrello senza guardar nulla. Ora, l’80% delle persone legge le etichette: vuol dire che c’è un’attenzione alla salute alimentare. Quindi vuol dire che se si spiega che si sta vendendo a un prezzo più elevato è perché si vende qualcosa di più, allora il discorso funziona. Secondo me è l’imprenditore che deve capire che è giunto il momento, perché la gente lo sa.”
Torniamo alla questione del personale, che manca, sia specializzato che non
“In questi giorni stiamo analizzando i margini di guadagno del reparto caffetteria e quelli dei grandi lievitati. Se io guardassi solo i numeri, dovrei dire: il bar lo chiudo e vado avanti con il discorso dei grandi lievitati.
Perché quando uno vuole servire un certo livello in caffetteria, devi assumere personale. Purtroppo il problema più grosso che abbiamo è che quando si aumenta lo stipendio di un dipendente di 200 euro, gliene resta la metà. Io sono uno che dice: se vogliamo risolvere il problema del personale dobbiamo fare come gli americani con la mancia che non rientra negli stipendi. Si ha più professionalità così, perché se si serve bene si ottiene più mancia. In più non viene tassato. Oppure l’alternativa è il welfare, ma non è facile. Lì ci vuole elasticità da parte del legislatore.”