domenica 22 Dicembre 2024
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Gianluigi Goi: in Valtenesi il Pink Bourbon colombiano, barricato, si inebria nell’elegante claritudine del Groppello, vino del territorio

Molto semplice e d’impatto la conoscenza  fra due imprenditori – il giovane conduttore di una caffetteria  nel centro di Brescia che sa raccontare il caffè che serve nel suo locale con passione ed entusiasmo e si fa notare da chi lo ascolta e un più maturo produttore di vini gardesani di riconosciuto livello che cerca sempre la qualità anche nei momenti di consumo personali – che in pochissimo tempo, quasi “fosse scoppiata la vena” come ci ha sottolineato senza tanti fronzoli il più “vecchio” dei due, li ha portati dapprima a conoscersi e poi in tempi molto stretti ad impostare una sperimentazione che unisce il caffè al vino

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Gianluigi Goi è un lettore nonché giornalista specialista di agricoltura affezionato a queste pagine che con la sua lunghissima esperienza e il suo punto di vista ha contribuito diverse volte proponendo contenuti sempre interessanti. Questa volta Goi parla di come il vino di qualità, in questo caso il Groppello, possa trainare il caffè, nella fattispecie il Pink Bourbon colombiano, in un rapporto sinergico per la valorizzazione dei rispettivi ambiti territoriali di origine. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.

Il rapport tra il Pink Bourbon Coffee e il Groppello

di Gianluigi Goi

RAFFA DI PUEGNAGO (Brescia) – “Diverse sono le grammatiche (del gusto) e per questo sorbire un cappuccino a fine pasto come un dolce è un errore di grammatica alimentare italiana, ma non per una grammatica alimentare tedesca… e questo ci fa constatare quanto siano complesse le traduzioni che non riguardano soltanto le parole (ricette) ma anche, se non soprattutto, la grammatica (condizioni di uso)”.

Sono parole e concetti del professor Giovanni Ballarini – singolare figura di scienziato e umanista, per molti anni presidente dell’Accademia Italiana della Cucina, docente universitario e studioso attento e innovativo come pochi della storia e della sociologia per l’appunto della cucina intesa come insieme e momenti di preparazione e consumo di alimenti e bevande.

Si è interessato di storia, zooantropologia e alimentazione dell’uomo con particolare attenzione agli aspetti antropologici. Vastissima la produzione sia libraria che scientifica (900 referenze).  “La grammatica – sunteggiamo al massimo le sue indicazioni come fa la macchina del bar che fa percolare, premendo a tutta forza, le gocce dell’espresso – è il complesso di regole necessarie alla costruzione delle frasi e in cucina – nell’accezione da noi precisata n.d.r. – regola la costruzione di un menu, le condizioni d’uso e anche l’ora più adatta per un corretto uso di un piatto”.

La grammatica del gusto

Sono considerazioni che abbiamo ripreso dalla serie di articoli usciti in questi ultimi mesi che non a caso il professor Ballarini ha complessivamente intitolato “La cucina italiana in un cambiamento di era” e, nello specifico, “Grammatiche alimentari e nuove cucine”, pubblicate dal bollettino, per dirlo all’antica, “Georgofili Info” dell’omonima prestigiosa accademia fiorentina.

Stando così le cose, è probabile che gli sfottò non sempre eleganti rivolti da noi italiani, a volte troppo convinti dell’assiomatica superiorità delle nostre usanze quanto a cibi e bevande, nei confronti dei turisti tedeschi intenti a gustare, a fine pasto, un cappuccino ai piedi sandali Birkenstock d’ordinanza (che oggi furoreggiano e costano un botto anche da noi) e i pur sempre improponibili calzini bianchi, è probabile – dicevamo – che vadano rivisti rileggendo non solo norme grammaticali diverse ma anche la sintassi.

Questa lunga divagazione ci sembra utile per cercare di inquadrare i sommovimenti che stanno interessando tutto il mondo del caffè, a volte spiazzanti, e non sempre di facile comprensione.

Il matrimonio tra il vino e il caffè

Per dirla con Jannacci se serve attenzione e “orecchio” per ascoltare e poi capire, è altrettanto vero che si deve essere pronti ad intraprendere strade nuove pur nella consapevolezza che solo “il provando e riprovando” può testimoniare il raggiungimento di un nuovo traguardo e/o l’apertura di una nuova strada.

E’ così che il cronista – diciamo osservatore attento agli accadimenti caffeicoli che fanno tendenza che però non è un esperto in senso stretto – si è avvicinato al matrimonio, in qualche misura già “consumato”, fra vino e caffè. Almeno in questo caso che andiamo ad analizzare.

Molto semplice e d’impatto la conoscenza  fra due imprenditori – il giovane conduttore di una caffetteria  nel centro di Brescia che sa raccontare il caffè che serve nel suo locale con passione ed entusiasmo e si fa notare da chi lo ascolta e un più maturo produttore di vini gardesani di riconosciuto livello che cerca sempre la qualità anche nei momenti di consumo personali – che in pochissimo tempo, quasi “fosse scoppiata la vena” come ci ha sottolineato senza tanti fronzoli il più “vecchio” dei due, li ha portati dapprima a conoscersi e poi in tempi molto stretti ad impostare una sperimentazione che unisce il caffè al vino.

Tostato Specialty Coffees e la società agricola Pasini San Giovanni di Raffa di Puegnago

Alberto Nevola, 35 anni, terza generazione di una famiglia che da decenni sa e profuma di caffè (dalla storica torrefazione Coffea alla conduzione di diversi esercizi pubblici in città e provincia di Brescia), alle spalle esperienze nel settore caffeicolo e trainer certificato Sca, è l’anima del suo “Tostato Specialty Coffees” (specialty coffee bar e micro-roastery artigianale) aperto a Brescia  in via Fratelli Porcellaga, in pieno centro, a ridosso della piacentiniana Piazza Vittoria dove vengono celebrati i riti motoristici della Mille Miglia.

Nella sua, ipse dixit, “micro torrefazione artigianale”, Alberto Nevola utilizza una torrefattrice tedesca Giesen da 15 kg e, per le prove e le preziosità, la danese Aillio da 1 kg. Con altre tipologie di caffe, al momento in cui scriviamo, sono in vendita gli Specialty Ethiopia Daye Bensa, il Brasile Dona Nenem e, generato nel Bresciano, lo “Specialty in Barrique – Colombia Pasini San Giovanni” di cui diremo fra poco.

Il partner anagraficamente “più maturo” di Alberto Nevola è Luca Pasini, responsabile della produzione vitivinicola della società agricola Pasini San Giovanni di Raffa di Puegnago, nella Valtenesi bresciana baciata dal lago di Garda. Da sempre è terra di viti ed olivi. E di grandi vini e di oli di insospettate virtù.

san giovanni raffa
La società
agricola Pasini San Giovanni di Raffa di Puegnago (immagine concessa)

Con lui, nella società agricola familiare (terza generazione): Laura (presidente), Sara (area commerciale), Paolo (area commerciale) e presidente dello strategico consorzio vinicolo Valtenesi. Fondata nel 1958 dal nonno Andrea, l’azienda ha avuto nei figli Diego (instancabile tessitore di relazioni sociali e commerciali), Bruno (enotecnico di valore ed ispiratore di innovazioni importanti) e Giuseppe (factotum dietro le quinte) un trio affiatato che ha saputo far emergere questa azienda, convintamente aderente alla Federazione dei Vignaioli Indipendenti, nel ristretto novero dei produttori gardesani di vini d’elite.

La claritudine del vino

Una ascesa che quest’anno, merito dei giovani ormai saldamente alla guida dell’azienda, hanno visto premiata la loro “Lettera C”, un Chiaretto  – il vino Rosato simbolo della Valtenesi, ottenuto da uve di Groppello, un vitigno autoctono – con  il prestigioso riconoscimento dei “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso. Pur da molti anni abituati a muoversi ai piani alti della qualità enoica in rosa, con i “Tre Bicchieri” i Pasini ormai toccano i vertici di quella che ci piace definire, con un arcaismo latino, la “claritudine”.

Intesa come splendore, chiarezza, luminosità ma anche limpidezza e sonorità come fa questo vino tanto ammaliante quando scende nel bicchiere avvolgendone i contorni con l’eleganza di una giovane donna che volteggia, flessuosa e radiosa, nel ballo.

Il caffè Pink Bourbon e il vino Groppello

Dopo questa ampia digressione secondo noi necessaria per inquadrare la genesi non tanto di un prodotto nuovo quanto il tentativo di collegare due territorialità emblematiche geograficamente lontanissime quanto legate dal filo solidissimo di due prodotti della terra entrambi identitari dei rispettivi territori: in Colombia quella del caffè Pink Bourbon, lavato, proveniente dal Dipartimento di Huila (1.600/1.900 mslm); qui da noi, in Valtenesi, Riviera del Garda bresciano, il vino Groppello dall’omonimo vitigno autoctono. Per così dire una “fusione” di fragranze e specificità organolettiche al punto che ogni tazza può essere una conversazione.

caffè goi
Il caffè tostato (immagine concessa)

Solo in apparenza semplice il metodo produttivo, con i dettagli che fanno la differenza: immissione di 10 kg di caffè verde in una barrique asciugata del Groppello precedentemente coccolato nel rovere delle foreste francesi di Allier (cedono tannini dolci e vanigliati), tostatura media, per 12/15 giorni in cantina a temperatura e umidità controllate per estrarre e incorporare il flavour del vino. A questo punto il Pink Bourbon verde che  ormai “sa di vino” è sottoposto alla tostatura. Il riposo in barrique “dona note di ciliegie sotto spirito, mandorla caramellata e crema pasticcera”.

L’estrazione con il metodo Chemex (categoria caffè filtro) indubbiamente coreografica per il cliente, prevede 15 grammi di polvere di caffè per 200 di acqua a circa 93 gradi, tempo di percolatura circa un minuto e mezzo.

estrazione caffè tostato
L’estrazione del caffè con metodo Chemex (immagine concessa)

Servizio nel classico tulipano da vino bianco. Personalmente – “sgrammaticato” quale sono nell’accezione di cui sopra del professor Ballarini, non posso permettermi giudizi – opto convintamente per il servizio “a freddo” che trovo intrigante. Merita sicuramente la frequentazione, ma va “capito”.

pasini vino
Il Groppello e il Pink Bourbon colombiano (immagine concessa)

L’infuso, non mi riesce di definirlo caffè nel senso stretto che mi è abituale, è al tempo stesso elegante e complesso. Importante com’è necessita di essere accompagnato: forse meglio da un quid salato sfizioso. La cosiddetta “dolorosa”, alla cassa prevede 7 euro servito e 25 euro per la confezione da asporto da 250 grammi.

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