domenica 22 Dicembre 2024
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MAFIA – La Rai resta senza il caffè (eccetto quello del Vending)

Chiusi i bar di Mafia Capitale, erano gestiti da un prestanome di Carminati. Settanta persone rimaste senza lavoro

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ROMA – Quello che ancora non è chiaro è come Mafia Capitale sia arrivata dentro la Rai. Da ieri, però, ne è uscita ufficialmente.

Anche se a farne le spese sono solo i 70 dipendenti che lavoravano tra i dieci bar di via Teulada, viale Mazzini e Saxa Rubra, costretti ad abbassare le saracinesche in una sorta di sciopero obbligato, visto che non hanno più neanche il caffè.

Senza considerare poi che molti di loro non vedono lo stipendio da dicembre, cioè da quando la magistratura ha messo sotto sequestro i conti e il patrimonio dell’imprenditore di origine calabrese, Giuseppe Ietto.

È lui il titolare della Unibar, la catena che gestiva i locali e i punti ristoro della Rai. Il suo nome compare nella lista degli arrestati nell’operazione “Terra di mezzo”, condotta dai pubblici ministeri della Procura di Roma.

Secondo gli inquirenti, proprio grazie a Ietto, Massimo Carminati, ex Nar e Banda della Magliana, boss riconosciuto della terra di mezzo, era riuscito a mettere le mani sui punti ristoro della televisione pubblica.

Con Carminati, Ietto gestiva anche la fornitura dei pasti alle strutture di accoglienza per i minori stranieri. Ora i lavoratori dei bar Rai, che fino a oggi hanno continuato a servire colazioni e pranzi nonostante le buste paga azzerate, aspettano che ai piani alti di Viale Mazzini si muova qualcosa.

Ma le speranze concrete sono poche: in questi tre mesi non è stato fatto niente, difficile che accada tutto nell’arco di una manciata di giorni.

A un certo punto, un gruppo di dirigenti aveva pensato anche di autotassarsi per mantenere in vita le attività, ma parliamo di un giro d’affari molto grosso e lo stipendio di 70 persone (solo 20 lavorano a Saxa Rubra) non può essere pagato con una semplice donazione.

“Noi cerchiamo di far sentire la nostra voce”, racconta uno di quei ragazzi che erano dipendenti delle tre cooperative, la Unibar, Unibar 2 e Venti Punto dodici, al servizio di Ietto.

“Speriamo che la Rai si muova per salvare non solo il nostro posto di lavoro, ma anche un servizio che esiste, c’è sempre stato e ha comunque prodotto profitti, seppur in favore della malavita”.

Tre società che, secondo gli inquirenti, Ietto usava in quanto prestanome di Massimo Carminati, il vero gestore dei locali interni alla tivù di Stato, oltreché di quelli del Ptv del policlinico di Tor Vergata.

Lo stesso Ietto, ingegnere cancellato dall’Ordine perché già finito nei guai per corruzione a un pubblico ufficiale di Nola, ha fornito dettagli al gip e ai pm titolari dell’indagine durante l’interrogatorio di garanzia.

Difficile pensare a via Teulada senza il bar tappezzato di gigantografie di Mina, anni di Studio Uno, Raffaella Carrà, Corrado e Indietro tutta di Renzo Arbore. Difficile però anche trovare una soluzione a breve termine, una via di uscita.

Almeno così sembra: i dipendenti delle cooperative – e non sono gli unici rimasti a spasso dopo la bufera giudiziaria – l’ultimo stipendio lo hanno incassato a dicembre e, a metà gennaio, sono riusciti anche ad avere una parte della tredicesima.

Da quel momento in poi, il mensile non è più arrivato e la procedura per affidare il servizio a un’altra azienda non è ancora avviata. È dagli inizi di dicembre che le persone rimaste occupate, ma senza stipendio e senza un futuro, pensano di chiedere alla direzione commerciale di Viale Mazzini o agli altri uffici competenti, di trovare una soluzione al loro problema.

Lo hanno dimostrato nel continuare a lavorare come se nulla fosse accaduto, hanno garantito loro per le migliaia di dipendenti un servizio che esiste da sempre.

Per ora i vertici della Rai la soluzione non ce l’hanno. Vogliono capire, appunto, come sia stato possibile che negli anni sia stato permesso l’ingresso di criminali nel cuore della macchina Rai, l’azienda pubblica più importante del Paese.

E non solo: andrà chiarito se il giro contabile formato attorno ai punti ristoro della televisione pubblica e alle tre società di Ietto era funzionale a un più ampio giro di fatture false.

Con quello Carminati e i suoi scagnozzi potrebbero aver ripulito le enormi quantità di denaro ricavate dal loro business.

Emiliano Liuzzi

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