MILANO – L’acquisizione di Loro Piana da parte di Lvmh è un’ottima notizia per l’economia. Ma è anche l’ennesimo schiaffo ad un sistema-Paese che evidentemente non funziona. La «sintesi» dell’ultima conquista di quella campagna d’Italia che vede da ormai da quindici anni affrontarsi i due colossi – francesi ma globali – Lvmh e Kering (ex Ppr) è di Carlo Alberto Carnevale Maffè. Docente di strategia e imprenditorialità alla Sda-Bocconi. La lunghezza dell’elenco è ormai imbarazzante e comprende marchi di tutte le misure e specializzazioni. Il made in Italy ne esce tutte le volte, distrutto.
Made in Italy sempre più colonizzato
«Di primo acchito l’opinione è quella», concorda Riccardo Illy. Se i pezzi più pregiati del made in Italy finiscono in mano a capitali stranieri, il rischio di un impoverimento del sistema-Paese è concreto.
Dice gelido Illy
«il sistema-Paese non ha fatto nulla per impedirlo». Mancano capitali, certo. Mancano capacità manageriali adeguate? Forse no.
Dato che la stessa Lvmh dopo aver acquisito Bulgari ha messo l’ad della casa italiana, Francesco Trapani, a capo della divisione gioielli e orologi di tutto il gruppo. Quella che comprende marchi come Dior Watches, Chaumet o De Beers.
Il modello Luis Vuitton Moët Hennessy
Proprio Illy lo conosce bene e in qualche misura lo sta replicando con successo nell’industria agroalimentare d’eccellenza. Dal cacao Domori al tè Dammann.
Che guarda caso è francese e rappresenta uno dei pochi casi di shopping italiano oltralpe. La forza dei francesi, spiega Illy, è proprio quella. Lasciano in mano la gestione alla famiglia fondatrice che viene cooptata nel gruppo e non «mangiata».
Made in Italy promosso dalle imprese familiari
Forniscono capitali, management, acquisti centralizzati di pubblicità e gestione dei punti vendita monomarca. «Se devo dire se patriotticamente mi dà fastidio rispondo di no», dice ancora Carnevale Maffè.
«I migliori casi di marchi familiari non possono che andare in questa direzione». Anche perché «il settore del lusso richiede capitali ingenti per gestire la complessità delle operazioni di crescita sui nuovi mercati».
Capitali che evidentemente scarseggiano, insieme a tante altre carenze «di sistema», appunto.
Ancora Carnevale Maffè
«Pensiamo alla tutela della proprietà intellettuale: in Italia servono 1400 giorni per un giudizio. Un tempo immenso. Se lavoro nel settore della moda, perdo otto collezioni».
La burocrazia: il vero freno al made in Italy
«Con il nostro gruppo – dice ancora Illy – siamo presenti in molti paesi. Posso dirle che non esiste in nessun altro posto una burocrazia come la nostra».
Un episodio emblematico
«A Montalcino, per impiantare una nuova vigna di Brunello, abbiamo dovuto fare una prova sismologica. Risultato: abbiamo perso una stagione per verificare quanti danni avrebbe fatto il crollo delle viti in seguito a un terremoto».
Però quello dell’inefficienza pubblica sarà un problema anche per i francesi, da domani. Vero solo in parte, dice ancora Illy: «Lvmh fornirà capitali a Loro Piana finanziandosi in Francia e pagando un premio sullo spread francese, molto più basso di quello italiano. Pagando quindi il denaro molto meno di quello che avrebbe pagato una Loro Piana “italiana”. Di chi è la colpa? non certo degli imprenditori. Piuttosto, di una classe politica che ha fatto poco o nulla per evitare questo stato di cose».
Il rischio maggiore, spiegato da Carnevale Maffè
E’ che la filiera produttiva che sta dietro a Loro Piana non riesca a cogliere l’opportunità e si trovi tagliata fuori. Un rischio scongiurato dai fornitori di Gucci o di Bottega Veneta, ad esempio. Che proprio grazie all’alleanza con un grande gruppo hanno trasformato le eccellenze produttive in nicchie di mercato globali.
Il rammarico di un Made in Italy terra di conquista
Senza che nessun gruppo italiano abbia saputo aggregare intorno a sé altri marchi e eccellenze del lusso e della moda. La domanda che veniva alla mente leggendo le parole pronunciate da Trapani due anni fa. Annunciando l’acquisizione di Bulgari da parte ancora di Lvmh dichiarò: «Volevamo un polo italiano ma nessuno ci ha risposto. Tutti hanno preferito tenere il controllo anche a costo, magari, di avere dei problemi». Domande rimaste ancora senza risposta.
Fonte: La Stampa