MILANO – Riportiamo un altro intervento di quelli che hanno più animato il Trieste Coffee Experts: la parola va a Luigi Odello che Presidente dell’Iiac, Istituto internazionale assaggiatori caffè, e che ha indagato sul caffè dal punto di vista sensoriale.
Luigi Odello a Trieste Coffee Experts
Sono usciti degli studi che dicono che il caffè non piace ma che la gente ha imparato a consumarlo. E, da un certo punto di vista, è proprio così. Se vogliamo parlare della sostenibilità sensoriale, dobbiamo partire proprio da questo concetto: provo, mi sento meglio, registro, mi abituo.
Ma, in effetti, il caffè è amaro e l’amaro è una sentinella d’allarme per tutti. È qualcosa che ci avvisa e ci fa dire: “okay, prima di mangiarlo, prima di berlo, stai attento, perché potrebbe non essere buono”. Eppure il caffè noi lo beviamo.
Luigi Odello: cos’è la sostenibilità sensoriale vista in un concetto alimentare di piacere?
Sostanzialmente risponde a un’equazione: sostenibilità sensoriale = piacere x limite di assunzione; guarda caso il caffè è tra le bevande dove i due aspetti sostanzialmente vanno a braccetto. Vale a dire che, normalmente, nel momento in cui un caffè è buono, è anche possibile berne molto di più. Quindi, su questo naturalmente bisogna pensare, riflettere sul perché.
Noi di Iiac ci siamo divertiti un po’ con la statistica: abbiamo preso 700 caffè, di diverse preparazioni e profilati da assaggiatori di tutto il mondo – quindi non soltanto espresso – e abbiamo applicato un tipo di test ormai famoso (Trial test) che viene utilizzato anche dall’Istituto Espresso Italiano con una certificazione e via discorrendo… che mi consente di ottenere dei profili e degli indici d’odori.
Da questo punto di vista, quando abbiamo elaborato con determinati metodi statistici questa enormità di dati, abbiamo ottenuto un’indicazione abbastanza precisa su quali sono i caratteri che determinano la preferenza del caffè. Attraverso i Trial test abbiamo cercato di smontare alcune teorie.
Cominciamo con il prendere in esame i caratteri essenziali, quelli che balzano all’occhio, quelli di cui si parla molto: fiori e frutta fresca
Sono alcuni dei caratteri più enfatizzati da tutte le onde che sono state citate qua oggi. Bisogna averli… Per cui, naturalmente, tutti i nostri caffè del sud li buttiamo via perché assolutamente non servono? Se si guardano i test c’è effettivamente una regressione: ciò significa che aumentando i fiori e frutta fresca in un caffè, aumenta il gradimento di quel caffè. Questo esiste. Ma se andate a prendere quei pochi campioni che hanno un punteggio di 8 su fiori e frutta fresca, non sono quelli che hanno l’indice edonico più elevato.
Cosa vuol dire?
Spiega Luigi Odello: “Vuol dire che probabilmente, stressando un determinato carattere, noi ne abbiamo persi altri che sono importanti. La stessa cosa la potremmo dire quando parliamo di frutta secca ed essiccata. In questo caso, ancora di più: la regressione è ancora migliore. Indiscutibilmente è un carattere che al crescere porta con sé un maggiore valore edonico di quel caffè.
E quando pensiamo al tostato?
Qui cominciamo a vedere che andiamo in saturazione, la regressione non è più così netta; arriviamo verso la fine, vediamo chiaramente che aumentando la tostatura i caffè non raggiungono più quel determinato livello. Proprio si appiattisce.
Ma se andiamo su un carattere che è tanto caro alla terza o alla quarta onda? L’acido
Si pensa che i caffè debbano essere acidi. Quindi tostature color cannella, tanto per dire. La regressione è buona, è positiva: quei caffè che hanno la maggior acidità non hanno
il migliore indice edonico. Prendiamo in esame il corpo. Qui la regressione è ancora molto buona. Si aumenta il corpo, aumenta il piacere che mi dà quel caffè.
E l’amaro? L’amaro è un problema. L’amaro possiamo dire che, nel momento in cui aumenta oltre un certo limite, accade sicuramente qualcosa.
Però, vedete, tutto sommato, anche qua non c’è una chiarezza da dire: “diminuisco, diminuisco, diminuisco l’amaro e ottengo un caffè che piace di più; perché se voi andate a vedere, a 1 di amaro troviamo caffè che hanno avuto 20 a 70 di indice edonico”.
Come si spiega tutto questo? Questo è quello che emerge dall’elaborazione, dalla creazione di un determinato algoritmo di questi 700 caffè
Ponendoli su un piano cartesiano e mettendo in orizzontale qualcosa che va dall’amaro all’acido, e in verticale qualcosa che va dallo speziato al floreale per coprire l’intero arco aromatico del caffè, si crea un prospetto che ci fa meditare e mi porta a parlare anche del nostro amato espresso italiano.
Se noi analizziamo quello che succede nella tostatura e proviamo a esprimerlo su due curve: abbiamo la prima curva che dà l’acido e la frutta fresca, che andando avanti con la torrefazione, con la tostatura, si appiattisce.
Dall’altra parte abbiamo naturalmente la seconda curva, che origina l’amaro e il tostato fino all’empireumatico, che cresce. Finché noi non arriviamo a un certo punto di tostatura non abbiamo l’abbattimento delle ammine biogene, che sono: putrescina, cadaverina, spermina e spermidina. Se a qualcuno piacciono, va bene tostare molto, molto poco. Anzi, quasi bere il caffè crudo andrebbe meglio; ma se questi componenti non vi piacciono, sappiate che ci sono in tutti i caffè, e che solo da un certo livello di tostatura in su non le abbiamo più. Dall’altra parte, non credo che a qualcuno piaccia il sentore di sigaretta spenta, di cenere, di camino e via discorrendo.
Quindi dove si colloca l’espresso italiano?
Risponde Luigi Odello: “Guardate: quando noi iniziamo a tostare, l’area del vegetale c’è tutta. Quindi con tutte le pirazine, con gli esanali e via discorrendo. Piano, piano si assottiglia. È vero che noi prendiamo, nell’area che noi utilizziamo di tostatura dell’espresso italiano, tutto ciò arricchisce, ma è poco. Andiamo sopra. L’area dei fiori e della frutta fresca: è vero che quando arriviamo alla tostatura per espresso italiano ne abbiamo perso un po’ ma ne concentriamo ancora la maggior parte.
L’area della frutta secca la cogliamo quasi tutta; continuando, l’area del tostato, con i sentori di pasticceria: questo sentore di pasticceria piace sempre di più. E qua ce l’abbiamo quasi tutto.
Proseguendo abbiamo l’area dello speziato, che richiama ai fiori di garofano. L’espresso italiano è un fatto di equilibrio che naturalmente ne origina 5 stili che sono stati fatti a livello statistico.
Parlando di stili storici, parliamo di alpini, di tirreni, di padani… abbiamo fatto una correlazione con la cucina, su come si è evoluta la cucina e come in qualche modo ha portato ad avere un certo gusto anche nel caffè. Poi i centrali, i meridionali.
Cosa cambia tra questi stili? Un mondo
Negli alpini, parlando di stile storico tanto per intenderci, c’è la prevalenza di acidità quasi
sempre. La Liguria è un po’ come un anello di congiunzione tra gli alpini e i tirreni. I padani cambiano, partendo da Asti est e arrivando praticamente fino all’Adriatico, ma troveremo comunque sempre alcune caratteristiche comuni. Quindi riscontreremo da una parte un trionfo di fiori e frutta fresca; la pasticceria non è molto sviluppata nei padani, si cominciano già a trovare meno acidità e un un po’ di amaro ma troviamo già delle note dello speziato via via sui Tirreni.
Luigi Odello: per concludere la cosa importante da comprendere è che il buono può avere mille volti
Il buono ha mille volti, ma la bellezza sostanzialmente sta nell’armonia. Quindi sostanzialmente quello che vogliamo dire è che non c’è alcun carattere nel caffè che io possa enfatizzare all’infinito senza compromettere il risultato finale. Quindi ciò a cui dobbiamo ambire come risultato finale deve essere un risultato di equilibrio.
Questa è una delle tecniche che utilizziamo per andare a vedere il bilanciamento sensoriale del caffè. Quando parlate di espresso italiano pensate all’equilibrio come una potenza. Come una perfezione che molte volte non riescono a vivere nelle altre preparazioni.