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sabato 02 Novembre 2024
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Loretta Fanella dalle cucine stellate alla grande pasticceria per i celiaci

Ha lavorato con Adrià, Cracco e Pinchiorri, adesso gira il mondo per fare consulenze e corsi di pasticceria. In attesa di nuove sfide

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LIVORNO – A un certo punto ha detto basta. E ha cambiato strada. E’ uscita dalla cucina di un ristorante (magari un giorno ci tornerà) e si è inventata una nuova vita. Diversa. Come la voleva lei. Più sua.

A 28 anni Loretta Fanella, ha scelto di ballare da sola. Lei che in pochi anni aveva bruciato tempi e respiri. Brava. Forse la più brava. Ha lavorato da Cracco, poi con i fratelli Adrià a elBulli, e da Pinchiorri fino al 2008, quando si è fermata.

“Una scelta di vita, personale”. Si è messa a fare formazione (“Un’occasione di confronto continuo, nuovi stimoli, sempre in gioco”) e ha scritto due libri. Immaginando una famiglia. Un figlio. “Una vita normale”, sorride adesso.

Ma non è stato facile. “Sono stata ferma un anno e mezzo, ripartire è stato complicato”. Però non si è mai voltata indietro. “Avevo comunque un lavoro che mi piaceva e mi dava gratificazione, un figlio a cui pensare. La mia vita stava andando nella direzione che volevo io. Mai avuto rimpianti”.

Anche perché fa un sacco di cose. Corsi in giro per l’Italia, e anche all’estero, consulenze, stage per professionisti. E poi c’è Pass 121, un’idea (non chiamatela associazione…) che mette insieme dieci pasticceri.

“E’ un progetto nato da un gruppo di amici. Il nostro obiettivo è far capire l’importanza della pasticceria nella ristorazione – spiega – Abbiamo già fatto quattro grandi eventi”.

Sempre in macchina. Loretta macina centinaia di chilometri a settimana, ma torna sempre a casa, a Livorno, dove ci sono suo marito, Paolo, e suo figlio.

Giulio ha cinque anni ed è celiaco. Una svolta, anche questa. “La sua intolleranza al glutine è stata uno stimolo nuovo per me. Essere obbligata a utilizzare farine gluten free mi ha aperto nuovi orizzonti, e costretta a pensare in maniera diversa”. Così è nata anche una linea di dolci senza glutine e un programma di corsi di pasticceria per celiaci. “Sempre più persone me li chiedono, e io gli dimostro che anche senza glutine si può fare una grande pasticceria”.

Loretta è una donna decisa, sicura, convinta. I capelli biondi raccolti in una coda, tre orecchini sul lobo destro, occhi azzurri, mani grandi che si muovono piano. Il suo viaggio è iniziato per caso. «Volevo diventare stilista di moda ma a Fiuggi, la mia città, c’era un istituto alberghiero e i miei genitori mi hanno mandata lì».

Non sa bene cosa fare. In sala se la cava e anche in cucina non è male. Dopo la scuola va a fare uno stage a Verona. Lavora in cucina, ma un giorno va via uno dal reparto pasticceria e viene spostata lì. I dolci le piacciono e si iscrive a una scuola privata di Brescia. Il caso gioca ancora con lei.

Mentre è a Brescia viene a sapere che Carlo Cracco sta cercando un pasticcere. Si presenta al colloquio e venti giorni dopo è in cucina. “Era la mia prima esperienza in un ristorante stellato, Cracco mi ha affidato tutta la responsabilità della pasticceria. Sono rimasta con lui due anni”.

In tanti dicevano “non ce la farà” ma Loretta li ha fregati tutti. Ha talento, creatività, determinazione e passione. Nella sua vecchia scuola di Brescia arriva Albert Adrià, fratello di Ferran, per tenere uno stage. Lei chiede di partecipare, diventa sua assistente. Si conoscono. “Vieni a trovarmi quando vuoi” le dice Albert. E Loretta – siamo nel 2003 – quell’estate utilizza le ferie da Cracco per andare a curiosare in Spagna.

Arriva a elBulli. Entra in cucina. Dopo quindici giorni i fratelli Adrià le chiedono di rimanere a lavorare con loro. Loretta è al top. Per tre anni lavora in quello che è considerato il più grande ristorante del mondo. “E’ stata un’esperienza bellissima, però a elBulli su tutto quello che facevi c’era l’ombra di Ferran e io, invece, volevo venire fuori”.

Appena si sparge la voce che Loretta vuole tornare in Italia la chiamano in tanti, compreso Cracco e Heinz Beck, che la vorrebbe alla Pergola. Ma lei sceglie l’Enoteca Pinchiorri. Poi l’ennesima svolta, sei anni fa. Anche se i rapporti con i ristoranti non li ha mai mollati. E’ con Peter Brunel al Borgo San Jacopo di Firenze quando l’anno scorso è arrivata la prima stella. “Mi manca l’adrenalina del servizio, vedere il piatto che torna in cucina vuoto, il contatto con i clienti, uscire in sala”.

Il giardino zen di Loretta

Voleva disegnare vestiti, invece disegna dolci. Spesso le sue idee sono schizzi su un foglio di carta, suggestioni. I suoi dolci impastano umori e idee, mescolano voglie e materie. La sua cucina è un lavoro di memoria, un percorso di scoperta. Loretta ha bisogno di creare e fantasticare, di rivoluzionare la vita. Certi dolci nascono in un attimo, altri ci mettono mesi. “Anni fa sono stata in Giappone e quando sono tornata avevo voglia di creare un dolce che mi ricordasse quelle atmosfere. L’ho chiamato “giardino zen”, ci ho messo sei mesi per realizzarlo”.

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