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venerdì 22 Novembre 2024
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Long Song Books & Cafè: un angolo dove bere un ottimo caffè mentre si legge

Michele: “Da noi, entrambe le realtà sono importanti: non è una libreria con un bar annesso, né un caffè che si finge libreria. Dal punto di vista dell’offerta di cibo e bevande siamo un caffè, un piccolo bistrot ma anche un locale dove farsi un aperitivo o un drink post cena

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MILANO – Long Song Books & Cafè è un progetto nato dal desiderio di due amici: creare un posto in cui poter mangiare e bere bene, circondati dai libri a Milano. Michele, che si occupa della parte della caffetteria, ha raccontato il concept, dalla sua partenza due anni fa, sino ad oggi.

Entriamo in uno spazio con una trentina di posti all’interno, due vetrine che si affacciano su via Stoppani, zona Porta Venezia, ben diviso tra la parte bistrot e la libreria dell’usato.

Gli orari coprono l’arco dell’intera giornata, dalla 7.30 del mattino a mezzanotte: dalla prima colazione al dopo cena.

Long Song Books & Cafè si presenta come un locale difficile da categorizzare

Come spiega lo stesso Michele: “Da noi, entrambe le realtà sono importanti: non è una libreria con un bar annesso, né un caffè che si finge libreria. Dal punto di vista dell’offerta di cibo e bevande siamo un caffè, un piccolo bistrot ma anche un locale dove farsi un aperitivo o un drink post cena.

All’interno del locale (foto concessa)

Potremmo quasi essere definiti poco milanesi in un certo senso; sicuramente la cosa che ci preme maggiormente è che il cliente qui si senta a casa.”

Long Song Books & Cafè ha le pareti completamente tappezzate di libri, tra le quali è stato inserito un bancone e qualche tavolo

Dentro, la macchina del caffè si pulisce tra le ultime cose, quindi se si desidera, anche alle 22 si può ordinare l’espresso invece di un cocktail. Che pure non mancano – anche se non al caffè -.

Potremmo definirlo come un moderno caffè letterario?

“In realtà non ci siamo voluti definire in questo modo perché non ci riconosciamo molto in questa definizione spesso abusata in Italia in cui la cultura non è centrale ma spesso più un fattore meramente estetico.

Da Long Song Books & Cafè i libri arrivano prima del bar, come si può notare dal suo stesso nome: l’idea era prima di tutto quella di aprire una libreria dell’usato, e solo in un secondo tempo è seguito il bar.

E’ un messaggio che non è semplice da trasmettere, perché ancora le persone entrano e ci chiedono se i libri sono in vendita. C’è l’idea che i libri siano più una cifra stilistica del locale, piuttosto che la sua stessa anima.

Abbiamo una clientela mista: c’è chi viene da noi per i libri, altri per il caffè, molti per entrambe le cose. C’è anche chi arriva per una cosa e si interessa all’altra.

Le persone possono entrare, leggersi un libro e bersi un caffè. Vogliamo prima di tutto che ci si rilassi.”

Com’è la miscela di caffè del mese?

“Personalmente nasco in ambiente ristorativo per cui ho dovuto affacciarmi professionalmente a un mondo nuovo come quello del caffè di cui ero semplice appassionato. Ho portato una visione di continuo cambiamento simile a quella che avevo in cucina.

So che potrebbe risultare insolito per l’Italia, ma ogni circa 20 chili di caffè ordino un caffè diverso.

Alcune proposte sono tornate, perché sono piaciute, ma generalmente mi piace molto cambiare: in due anni ne ho servito almeno 16-18 tipologie, alcune miscele di sola Arabica e molti monorigine.

È stato (ed è) difficile da spiegare alla clientela, ma ormai quella affezionata si è abituata.
Ovviamente è una sfida anche per noi, ma in un posto come il nostro che vive di clienti abituali, può essere un argomento di discussione e occasione di contatto con il consumatore.

La scelta delle referenze viene fatta con l’intento di trovare qualcosa di adatto a tutti i giorni, anche se a volte si è spinto un po’ maggiormente su acidità ed aroma.

I margini naturalmente non sono quelli di un caffè standard ma vado spesso alla ricerca di monorigini o miscele con un ottimo rapporto qualità prezzo, muovendomi spesso su paesi ovviamente meno nobili. Al momento ho quattro fornitori: Carnera, Le Piantagioni del Caffè, Caffè Terzi e Coffee Hut.

E non ci fermiamo al caffè, serviamo anche tè e tisane di qualità.

In questo campo collaboriamo con Giusmìn, piccola boutique letteralmente a cinquanta metri da noi, che ci fornisce degli miscele sfuse a rotazione.

L’infuso è un tipo di bevanda molto interessante per noi, innanzitutto perché risulta perfetta per la nostra clientela e ci permette inoltre di avere dei buoni margini, difatti è molto richiesto.

Infine, abbiamo una cioccolata calda artigianale (Nexto chocolate): una palla di cioccolato fondente che contiene cacao e maizena, da sciogliersi al momento, con pochissimo zucchero e con solo cioccolato biologico di filiera peruviano.”

Riuscite a piazzare il doppio oppure ancora un po’ spaventa il consumatore medio?

Qualcuno lo chiede. Sono un bevitore di double shot e quindi l’ho voluto spingere in carta perché so che è un’esperienza diversa. Il fatto che la gente da noi non beve il caffè al volo aiuta anche a servire il double shot. Rimane purtroppo ancora un mercato molto di nicchia”

Il filtro fornito da Carnera: di che si tratta? E’ ormai è un metodo di estrazione richiesto a Milano o trionfa ancora l’espresso?

“Abbiamo in batch brew un caffè per filtro Carnera: non facciamo hand brew perché siamo un posto in cui, sebbene si possa esser sicuri di bere un buon caffè, non può e non vuole definirsi propriamente come un coffee shop di specialty. Così come nell’espresso, anche nel caffè filtro abbiamo un approccio non integralista. Una buona tazza, un prezzo onesto e la possibilità di godersela con calma in un ambiente rilassato.

Per quanto riguarda i consumi trionfa da noi ancora l’espresso, ma, per il concetto stesso del nostro locale, il filtro è una bevanda molto adatta: qui le persone si siedono e restano per un po’ di tempo.

Per questo motivo vendiamo circa 10-15 tazze al giorno e anche di più nei week end. Facciamo ancora anche tanti americani all’italiana (in tanti ci chiedono di mettere l’acqua a parte)

Per quanto riguarda l’espresso come già detto cerchiamo di garantire una buona materia prima e una corretta estrazione al prezzo di una tazzina quotidiana.

L’idea è di offrire allo stesso prezzo del bar storico una tazzina equilibrata ma qualitativamente superiore. Un approccio democratico ma anche leggero cercando di coinvolgere anche la persona non appassionata, spesso ancora assuefatta all’amaro e al bruciato. Il cambiamento secondo me deve partire dal basso se davvero speriamo di cambiare l’approccio alla bevanda nel nostro paese.

Lavoriamo sia con caffè africani più acidi che con brasiliani e centro americani particolari, di filiera e spesso da cooperative con anche scopi sociali ed ambientali.

Devo ammettere che il cliente che entra per un espresso quotidianamente, l’origine sudamericana risulta più semplice da comprendere, ma con il tempo abbiamo ricevuto elogi inaspettati anche per le miscele più estreme.

Prepariamo anche tanti cappuccini, latte macchiati, marocchini e lavoriamo molto con le bevande vegetali: soprattutto nel pomeriggio la clientela è di giovani e di stranieri e quindi aumentano le richieste.”

Quali attrezzature avete scelto per l’espresso e i macinini e perché?

“Una Wega senza componenti elettroniche, a leva, a due gruppi. L’abbiamo scelta perché ci siamo voluti togliere il problema dell’elettronica e ovviamente per una questione di budget. Abbiamo un macinatore on demand.

Abbiamo dovuto fare i conti anche con gli spazi molto ristretti, cosa che ci ha impedito anche di avere altre miscele specialty e ci ha costretto a lavorare su un solo caffè alla volta.”

Progetti futuri?

“Il primo cambiamento è stata proprio l’apertura alle 7.30. Prima aprivamo alle 9. Siamo ancora in fase di rodaggio (abbiamo iniziato ad ottobre), ma ci poniamo l’obiettivo di diventare un punto di riferimento anche per la colazione quotidiana degli abitanti del quartiere. E’ un modo anche di aumentare gli incassi per poter sostenere il personale.

Siamo in tanti, anche se molti in part-time; molti dei nostri dipendenti sono stati attirati da questo locale senza essere dei professionisti e per molti questo è il secondo lavoro. Da un lato è un problema per noi formarli, dall’altro sono tutti molto legati al locale e quindi non abbiamo praticamente avuto turn over.

Proponiamo un contratto regolare, straordinari pagati, stipendi puntuali. Siamo un gruppo di lavoro ma anche di amici, e questo fa la differenza anche per i clienti.

Un altro punto su cui lavoreremo a breve è il cambiamento dell’estetica del locale, adattandolo più alla fascia serale: di giorno e per l’aperitivo lavoriamo molto bene, ma dobbiamo migliorare il post cena, che soffre un po’ proprio perché non sembriamo un locale notturno.

Infine, vorrei organizzare (ne sto parlando da qualche tempo con Manuel di Caffè Terzi) dei corsi specifici per migliorare ulteriormente nell’estrazione. Son convinto, probabilmente sbagliando (ride), sia più importante offrire un caffè estratto al meglio che una tazzina di latte art.

La speranza è anche quella di aumentare il consumo di caffè filtro e di double shot, ma si vedrà. D’estate abbiamo già provato il cold brew e abbiamo avuto un buon riscontro.

In generale stiamo crescendo e continueremo a farlo, considerando che siamo partiti soltanto da due anni e mezzo. Sappiamo di non essere perfetti ma cerchiamo continuamente di migliorare. Molto poco milanesi anche in questo”.

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