LONDRA – Si sa, la vita in Inghilterra non è proprio facile per chi non ha un certo stipendio. Le disuguaglianze crescenti e la povertà di ritorno, che riguarda la gente già occupata, hanno spinto il governo guidato dal Premier David Cameron ad aumentare i salari minimi.
Ecco, questa scelta comunicata a luglio dal ministro delle finanze, Chancellor George Osborne, ha suscitato polemiche e come prevedibile scontentato le imprese. In particolare, una delle più grandi catene inglesi nel settore ricettivo, la Whitbread, non l’ha presa proprio bene.
UN AUMENTO PROGRESSIVO – Il cancelliere dello Scacchiere ha annunciato il passaggio del salario minimo da 6,50 a 7,20 sterline l’ora per i lavoratori over 25 dall’aprile 2016. Il salario minimo, introdotto nel 1997 da Tony Blair, dovrebbe raggiungere le 9 sterline nel 2020.
Nel frattempo però questa misura coinciderà con tagli corposi, circa 12 miliardi, al welfare che includono una riduzione delle borse di studio e benefici fiscali, soprattutto su quelli relativi alla casa. I critici, dall’opposizione ai sindacati, ritengono queste misure insufficienti e inadeguate.
LA REAZIONE DI COSTA – Se le opposizioni contestano, le imprese non fanno i salti di gioia. Ecco quindi che tra tutte, spicca la reazione di Whitbread una delle storiche catene inglesi, proprietaria degli hotel Premier Inn e della catena Costa Coffee,una delle più diffuse a Londra.
Ecco, la novità è che l’azienda dichiara che sta sviluppando un piano per fronteggiare i nuovi costi provenienti da questa misura del governo.
Questo piano include l’aumento dei prezzi finali e taglio dei costi, dai quali non si esclude la riduzione del personale. I dettagli di un piano da brividi per i dipendenti saranno annunciati il 20 ottobre.
L’ONDA DI PREOCCUPAZIONE – Comunque il gruppo Whitbread è proprietario di catene in salute: il secondo quadrimestre ha visto una crescita delle vendite del 3,3%, un po’ meno del +4,3% registrato nei primi quattro mesi dell’anno.
La Premier Inn al netto delle nuove aperture e la Costa Coffee hanno incrementato le vendite con cifre in doppia cifra. Nonostante ciò, il gruppo non accetta queste misure, così come fanno altre 2100 imprese intervistate dalla agenzia Manpower, le quali stanno rivedendo i loro piani di assunzioni per i prossimi mesi.
Insomma se il lavoro non si crea per decreto, neanche l’equità sociale, quando si scontra con il mercato, sembra avere vita facile.
Domenico Pellitteri