domenica 22 Dicembre 2024
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London Festival: “Tra quegli stand che non intimoriscono”

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di Antonio Schiavon

Si è appena concluso il London Coffee Festival. Chi c’è stato qualcosa su cui riflettere l’ha certamente colto. Chi non c’ era può valutare la possibilità di non perdere questo evento l’anno prossimo.

Ma dell’edizione di quest’anno, ricca di contenuti, proviamo a dire subito qualcosa a caldo.

Londra è per molte ragioni la punta di diamante del fenomeno dello specialty coffee ed è il luogo in cui convivono a distanza più ravvicinata i vari segmenti del mondo del caffè: l’ambito dell’eccellenza, le catene e i pretenziosi e spesso autoproclamati guru.

Naturalmente il LCF è il luogo dove la presenza del soggetto hipster declinato nella versione “sedicente esperto di caffè” è più fastidiosamente visibile.

Ma la ricerca della visibilità non deve trarre in inganno: spesso questi soggetti non hanno un elevato potere d’acquisto e la cortina fumogena della autorevolezza è solo il modo per richiedere quello che non possono permettersi di acquistare.

Ovviamente gli operatori del nostro settore sono pienamente consapevoli del fenomeno. E ci convivono, peggio ancora con i fenomeni che ciondolano in giro, con esemplare distacco britannico.

Se si riesce a superare questa diffidenza antropologica si può essere coinvolti dal feeeling di coffee community che è veramente dilagante e permette di relazionarsi anche con i concorrenti in modo molto trasparente in un contesto che facilita lo scambio di idee tra gli operatori.

Questo è dovuto alla presenza di stand che non intimoriscono (la fiera Host non è stata per anni una gara tra gli espositori tra chi ha lo spazio più grande e lo stand con maggior impatto?) e che permettono di accedere naturalmente alle macchine o a quanto esposto.

Il visitatore, gli addeti ai lavori, in questo contesto possono avere un primo contatto diretto con il prodotto che li interessa senza trovarsi nell’imbarazzante condizione di entrare in un capolavoro architettonico o in una meraviglia del design come potrebbe accadere ad altri eventi fieristici.

Molti sono anche gli eventi collaterali al Salone (Faema e La Marzocco insegnano)…

Unica nota stonata è il sapore di alcuni caffè che vengono proposti. La dominane acidula, che per il palato gourmet è un difetto, qui viene amplificata e sembra essere il tratto distintivo di questa third wave, la cosiddetta terza onda dell’espresso.

Possiamo stare tranquilli: passerà anche questa come altre mode.

Certo che ce ne mette per terminare, almeno quanto il fastidioso retrogusto.

Fortuna che si trovano anche caffè molto bilanciati e molto meno connotati a livello di moda.

Questo è significativo di un mercato che è sufficientemente maturo da riservare uno spazio alle ultime tendenze e una presenza costante all’attualità permanente dell’espresso.

Infine c’è Londra, laboratorio in perenne fermento e mercato che da solo vale la trasferta.

Non è poca cosa.

Antonio Schiavon

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