domenica 22 Dicembre 2024
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Lo studio brasiliano: nel Minas Gerais la fazenda a emissione negativa di CO²

Il caffè brasiliano è anche sinonimo di sostenibilità. Un recente studio rivela che le Fazendas dello Stato del Minas Gerais, una bella e tradizionale regione produttrice di caffè in Brasile, catturano più CO2 di quanta ne emettono, in un esempio di produzione sempre più sostenibile che si sta già diffondendo in tutto il Brasile

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MONTE CARMELO (Minas Gerais) – La Fazenda Três Meninas, situata a Monte Carmelo (MG), è un esempio di armonia tra produzione agricola e ambiente. Lo stabilimento impiega pratiche della cosiddetta agricoltura a basse emissioni di carbonio (ABC), che mira a contribuire alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GES), a ridurre il riscaldamento globale e limitare l’aumento della temperatura globale di 1,5 °C entro il 2100.

Minas Gerais all’avanguardia sul piano della sostenibilità

La Fazenda è membro della Cooperativa di Caffeicoltori del Cerrado Monte Carmelo (Monteccer), che riunisce il primo collettivo di caffeicoltori del Brasile ad aver conquistato la certificazione socio-ambientale Rainforest Alliance nella modalità gruppo, nel 2007. Ora, la cooperativa festeggia una nuova impresa storica, connessa alla sostenibilità della produzione.

Uno studio commissionato all’Istituto di Gestione e Certificazione Forestale e Agricola
(Imaflora) ha calcolato quante emissioni di gas rilasciano le piantagioni e ha analizzato
le gestioni che maggiormente sequestrano CO2, sia dalle piante come dal suolo. Il risultato è stato sorprendente. Le 34 proprietà che hanno partecipato all’inventario
hanno un’emissione di 4,02 tonnellate di CO2 equivalente (tCO2e) per ettaro all’anno –
molto minore della media globale di emissione delle fazendas caffeicole, che è di 28
tCO2e/ha/anno. E non solo. Il bilancio di emissioni di quel gruppo di caffeicoltori è
stato negativo: -5,66 tCO2e/ha/anno.

In altre parole, quelle proprietà sequestrano più CO2 di quanta ne emettano, secondo lo studio

Che ha adottato la metodologia del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC) in un ciclo di 20 anni di coltivazione. Il riflesso delle buone pratiche sulla produttività delle colture si potrà conoscere nei prossimi raccolti, ma si sa che nell’immediato vi è una riduzione nei costi, principalmente per quanto riguarda le sostanze chimiche.

Nella Fazenda Letícia del Minas Gerais il conservazionismo è nel dna della famiglia

La proprietà di 110 ettari ha più del 33% dell’area coperta da riserva legale (RL) e aree di
conservazione permanente. La percentuale è di gran lunga superiore a quella richiesta
dalla legislazione, ma i Takiuti continuano a piantare alberi. Nelle coltivazioni, tutto è
pensato per ottimizzare le materie prime utilizzate. Takiuti ha anche messo a punto uno
strumento, una specie di becco d’oca, che va applicato al bocchettone con cui vengono
sparsi gli insetticidi sul suolo.

“Questo attrezzo libera il suolo dalle foglie e il prodotto cade direttamente sul terreno,
dando un risultato migliore”, afferma. Sono dettagli, speciali accorgimenti che influiscono sul bilancio di carbonio della proprietà. Secondo Imaflora, la Fazenda Letícia è carbon negative, sequestra più CO2 di quanta ne emetta. Le emissioni per sacco di caffè prodotto sono di -0,10 tCO2e/anno.

Un altro punto focale dell’attenzione della Monteccer sono le pratiche che ottimizzano
l’uso delle risorse idriche. “L’acqua rappresenta il cosiddetto “collo di bottiglia” produttivo del Cerrado, la regione non produce senza acqua”, afferma Oséias Mendes, coordinatore dei progetti di Imaflora.

Nel caso del caffeicoltore Francisco Sérgio de Assis, di 58 anni, presidente della cooperativa, “è una questione di sostenibilità, perché l’acqua è sempre più scarsa. Se
non preserviamo le sorgenti, se non procediamo a un rimboschimento sulla riva dei
fiumi, se non utilizziamo l’acqua in maniera razionale, un giorno verrà a mancare”.
Oltre al capitolo sul carbonio, il nuovo studio di Imaflora affronta temi come acqua,
terreno, gestione, efficienza operativa, residui, costi di produzione, aspetto sociale e
biodiversità. La maggior parte dei caffeicoltori adotta già pratiche volte alla
conservazione.

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