MILANO – In Italia, il profumo del caffè sostituisce il canto del gallo: è un elemento imprescindibile nella vita della popolazione, un vero e proprio rituale che scandisce i momenti della giornata. Ma tra l’essere grandi consumatori e l’essere grandi esperti c’è una bella differenza, tant’è che la maggior parte degli italiani nemmeno sa bene cosa beve quando prende un caffè. In alcuni casi, basterebbe leggere con attenzione le etichette per essere più certi di cosa si ingerisce, ma in altri è impossibile distinguere una buona qualità da un’altra, anche per i palati più fini.
Il rischio è già alto quando si parla di caffè già macinato, ma raggiunge l’apice se si considera quello solubile: semi di soia tostati, farina di patate, caramello, glucosio, amido, polvere di cicoria, rametti, gusci di caffè, orzo tostato, grano tostato sono solo alcuni degli elementi “miscelati” che alcune grandi aziende fanno passare col nome di “caffè”.
Si tratta di vere e proprie contraffazioni a scapito dell’alta qualità, contro le quali la Colombia, che ne è uno dei più grandi produttori, da anni ha avviato una guerra senza esclusione di colpi.
Il pericolo maggiore arriva da nord Perù, Venezuela e Panama che smerciano chicchi di più bassa qualità che le grandi aziende sono solite mischiare con quelli colombiani per far abbassare il prezzo del caffè e aumentarne i volumi di vendita.
La Fnc (Colombian Coffee Growers Federation) è l’associazione che più di tutte è riuscita a rendere il caffè colombiano un prodotto di marca, è schierata in prima fila contro i contrabbandi di chicchi di bassa qualità, che danneggiano uno dei più forti mercati colombiani.
Una nuova tecnica anti contraffazione è stata sviluppata in collaborazione con l’università spagnola La Rioja: si tratta della spettroscopia del vicino infrarosso, che rileva in soli sei secondi la composizione dei chicchi, analizzandone grassi, zuccheri, caffeina, acidi e altri composti per identificare la regione d’origine.
La biochimica del caffè dipende dai terreni in cui viene coltivato, e quindi è un chiaro indice di qualità: i dipendenti della Fnc (Colombian Coffee Growers Federation) preposti al controllo analizzano più di 55000 campioni al giorno, controllando sia i container nei porti, sia i prodotti sugli scaffali dei supermercati.
Maria Ciaramella
m.ciaramella@slowfood.it