CONEGLIANO (Treviso) – Ci sono storie di eccellenza che potremmo chiamare “materiale”. Come ad esempio l’ormai nota azienda veneta Liolà che produce caffè di alta gamma. Ma anche storie di eccellenza che potremmo definire “morale”. Così come l’Associazione Italiana Persone Down nella sua sezione della Marca Trevigiana. Da sempre all’opera con mille iniziative a supporto delle persone con la sindrome di Down.
Dietro ad ogni storia, poi, ci sono le persone che quelle storie le hanno create e vissute. A volte succede che le storie si incontrino, si piacciano e si intreccino.
Liolà e i ragazzi dell’Apid
Così è successo quando Francesco Donati (FOTO), titolare di Liolà caffè, ha conosciuto Eliana Pin. L’attivissima coordinatrice di Aipd Treviso, e i suoi ragazzi.
L’incontro è stato quasi casuale. Ed è avvenuto in occasione di una fiera “Divino Nordest”. Qui, entrambi esponevano.
In quella occasione infatti Liolà aveva in degustazione i suoi mono-origine. Assieme agli ormai famosi Caffè Chardonnay e Caffè Cabernet.
Aipd Treviso, invece, proponeva i prodotti donati dalle aziende; necessari per la raccolta fondi dell’associazione. Quindi il Raboso, i biscotti, l’olio extra vergine, ecc.
E’ successo tra un raboso offerto a Francesco e un caffè offerto ai ragazzi seguiti dall’associazione
Così è nata una spontanea amicizia. Si sono gettate da subito le basi per quello che oggi è un sodalizio appena avviato e già consolidato. Esso si concretizza con due azioni in particolare.
La fornitura di una miscela di caffè appositamente creata per l’associazione
La quale poi promuoverà i barattoli da 250g di macinato per raccogliere fondi.
La creazione di una cesta natalizia con tutti i prodotti Liolà
Il caffè in primis; insieme al panettone artigianale al caffè, ai biscotti “mezzi baci al caffè”. Alle due tavolette di cioccolata al Caffè Cabernet e Caffè Chardonnay create in esclusiva per Liolà dal maestro cioccolatiere Mirco Della Vecchia. Dalla cui vendita verrà devoluto una parte del ricavato proprio all’associazione Aipd di Treviso.
Francesco Donati, cosa la ha spinta a creare questo sodalizio?
“Personalmente credo fermamente nel dovere morale di aiutare il prossimo. Non solo perché sono un cattolico credente. Sono infatti convinto che solo dall’aiuto al prossimo la nostra stessa anima possa trarre giovamento.
E ritengo che sia un dovere di ognuno fare qualcosa per gli altri, anche poco, ma tutti insieme. A livello aziendale, ritengo che quello che nel mio piccolo sto facendo per loro non sarà magari molto. Ma potrà portare beneficio a tutti, sia a noi che a loro.
Quando ho conosciuto Eliana ho capito subito dai suoi occhi che era una persona buona Una che ha dedicato la sua vita a quella che ritengo essere una missione.
Ho imparato questo concetto da mio padre, che faceva il medico. Amava definire il suo “una missione” più che un lavoro. Poi ho visto dai ragazzi che aveva con sé quanto sia puro il loro entusiasmo. Quanto sia sincero.
Così non ci ho pensato due volte. Ho visto come amavano assaporare un buon caffè. Mi sono relazionato a loro in un modo talmente spontaneo e normale che mi sono subito piaciuti.”
Eliana Pin, le chiederei la stessa cosa: cosa la ha spinta a creare questo sodalizio?
“Potrei dire che tutto è partito perché mi sono innamorata del caffè di Liolà. Mi ha veramente colpito. Fatalità vuole che stavamo già pensando al caffè come prodotto da integrare nella nostra offerta. Ma volevamo trovare qualcosa di diverso dai classici caffè commerciali “da prezzo”.
“Noi infatti abbiamo bisogno di aziende che ci diano una mano; fornendoci prodotti di qualità, a condizioni vantaggiose o addirittura gratis.
Perché poi dalla distribuzione degli stessi possiamo raccogliere delle offerte che sono vitali per finanziare le nostre attività. Noi lavoriamo a fianco delle famiglie. A supporto delle persone con la sindrome di Down.
Anche se abbiamo molti volontari abbiamo sempre dei costi da sostenere. Quando ho conosciuto Francesco, mi è piaciuto molto che si sia immediatamente offerto di darci una mano.
Quindi ho preso la sua proposta e l’ho presentata subito alla nostra presidente Silvia Murgia e al consiglio di amministrazione. Ovviamente, l’hanno accettata con entusiasmo.
Lavorare insieme ad una piccola azienda che fa qualità ci permette anche di avere dei rapporti umani più stretti, più sinceri. Questo è uno dei lati belli del mio lavoro.”
Francesco Donati, cosa ha messo in campo per questa operazione?
“Innanzitutto abbiamo elaborato una particolare miscela 100% Arabica per l’associazione. In modo che potessero avere una referenza caffè che fosse in linea con le loro esigenze.
Abbiamo scelto insieme il formato che è un barattolino in alluminio da 250g. Contiene il caffè con una macinatura media che va bene sia per moka che per macchine espresso.
L’associazione distribuirà poi direttamente questa referenza che è una loro esclusiva. Raccogliendo quindi le donazioni. Inoltre abbiamo deciso che tutte le nostre ceste natalizie del 2017 avranno il logo dell’associazione Aipd provinciale di Treviso.
Quindi una parte del ricavato di tutte le ceste vendute verrà interamente devoluto a loro. Devo dire che ci piace molto l’idea di aiutare un’associazione che opera sul nostro territorio. A supporto della nostra gente, che ha bisogno”.
Eliana Pin, come gestirà questa nuova referenza? E come sarà possibile averla?
“Con una donazione all’associazione si può ricevere un prodotto a scelta. Il caffè Liolà è la novità di quest’anno. Sarà perciò disponibile con le stesse modalità di tutti gli altri prodotti; ossia potrà essere richiesto anche singolarmente dai privati o dalle aziende che vorranno darci una mano. Magari inserendolo nelle loro ceste di Natale.
Inoltre, noi stessi proponiamo alle aziende e ai privati una nostra cesta di Natale, già completa con tutti i nostri prodottii. Con la possibilità di comporli a scelta. Essa include anche il Caffè di Liolà. Chiunque fosse interessato può contattare direttamente la nostra associazione al sito www.aipdmarcatrevigiana.it”.
Eliana, un’ultima domanda: come avete chiamato questo caffè?
“E’ stato molto interessante scegliere il nome. Perché abbiamo pensato di coinvolgere i veri protagonisti del progetto. Le persone con la sindrome di Down.
Abbiamo così lanciato un sondaggio sul gruppo telefonico dei nostri ragazzi, per dare un nome che nascesse da loro. Per stimolare l’uso delle tecnologie.
Mi ha stupito molto, e a tratti è stato anche divertente, il confronto che è nato nel gruppo per trovare un nome che li rappresentasse, ma non li etichettasse.
Alla fine il più votato è stato “Caffè 21”. Perché 21 è proprio il numero del cromosoma che caratterizza la sindrome di Down.
Abbiamo volutamente escluso di scrivere la parola “speciale”; perché lo scopo alla base di ogni nostra attività è fare in modo che le persone con la sindrome di Down non siano considerate speciali. Sono diverse come siamo diversi tutti noi, e sono speciali come è speciale ognuno di noi.”