domenica 22 Dicembre 2024
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L’intervista. Massimo Zanetti: “Starbucks in Italia? Non ci fa paura”

Dalle Hawaii alla Finlandia, Massimo Zanetti ha portato il caffè in oltre 110 Paesi. La prossima frontiera è l’Africa. Sullo sbarco della catena americana in Italia: «Non dobbiamo giocare in difesa: abbiamo sempre insegnato agli altri cosa significhi l’eccellenza».

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MILANO – Il cibo? «Quello che c’è di buono nel mondo, in qualche modo è partito dall’Italia» dice Massimo Zanetti, fondatore del Massimo Zanetti Beverage Group «holding del caffè» da lui presieduta, presente in tutto il mondo con più di 40 società, Segafredo-Zanetti in primis.

Oltre 130 mila tonnellate di caffè tostato vendute nel 2016, 400 caffetterie in franchising in 50 Paesi, 18 stabilimenti produttivi e quasi 40 marchi commerciali presenti in 110 Paesi.

Tradizione da export

E il caffè? «Soprattutto il caffè — precisa Zanetti —. Siamo riusciti a esportare dall’Italia la tradizione della tazzina di espresso in tutto il mondo».

Anche il famoso caffè in capsule avrebbe potuto essere made in Italy: negli anni 80 il progetto finì sulla scrivania di Massimo Zanetti che però fu costretto a rifiutarlo: «Non avevamo abbastanza cassa per far partire il business».

Le capsule passarono così nelle mani della Nestlé. Ma non è solo una questione di brand e di export.

Mzb Group ha da sempre puntato su un’altra strategia: non solo esportare, ma entrare nei diversi mercati con l’acquisizione di marchi tradizionali locali per introdurre solo in un secondo momento, quelli classici del gruppo.

«Anche perché il caffè è proprio questo — commenta l’imprenditore —, una tradizione, un rito. Ognuno è legato a un marchio, a un modo specifico di bere e preparare il caffè».

Per dirla in un altro modo: chi beve l’espresso al bar la mattina non potrà mai passare al caffè di Starbucks, il colosso americano che presto arriverà in Italia fortemente intenzionato a lasciare il segno nelle abitudini alimentari degli italiani.

«Può aprire 10, 100 o mille bar in Italia. Non cambierà niente — puntualizza Massimo Zanetti —, ma di una cosa bisogna dar loro atto: sono bravi a esportare il loro modello, anche perché hanno una massa finanziaria che qualsiasi altro produttore mondiale si sogna.

E soprattutto sanno fare sistema, cosa che l’Italia non è mai riuscita a fare, nemmeno in un campo come quello del cibo, una delle eccellenze tricolori nel mondo».

Il made in Italy insomma deve tornare a essere sinonimo di qualità nel mondo, «Ma senza sedersi sugli allori — ammonisce l’imprenditore —. Deve uscire dal concetto di nicchia di settore e cominciare a vendersi nel mondo come “sistema Paese”».

Non solo caffè

Anche lo sport è un modo per entrare nei mercati. Nasce da qui (ma anche da una passione personale di Massimo Zanetti) la decisione di sponsorizzare molte squadre dal basket al calcio, col marchio Segafredo Zanetti.

Da due anni il gruppo sponsorizza il team americano di ciclismo Trek Segafredo e quest’anno il marchio è anche sulla maglia ciclamino del Giro d’Italia.

Negli oltre quarant’anni di storia, il gruppo Massimo Zanetti non si è mai fermato.

La crescita del gruppo comincia con la prima grande acquisizione nel 1973 della torrefazione bolognese Segafredo, proseguita pochi anni dopo con La San Marco, marchio storico delle macchine professionali per l’espresso.

L’ultimo arrivato nel portafoglio Zanetti è Nutricafès, uno dei principali operatori del caffè del Portogallo.

«Anche in questo caso— spiega Zanetti — utilizziamo il marchio storico (è presente a Lisbona dal 1790) come testa di ponte per rafforzare la nostra posizione nella penisola iberica».

I nuovi mercati

Stessa strategia utilizzata anche nel 2014, con l’acquisizione di Boncafè Group, il principale player nella torrefazione e nella commercializzazione di caffè nel Sud Est Asiatico, una scelta che ha permesso al gruppo di conquistare importanti quote in quel mercato.

La presenza nei mercati però deve passare dall’educazione al consumo, motivo per cui il gruppo ha aperto diverse caffetterie in franchising.

Ma non basta. «Il consumo di caffè cresce quanto più una società è ricca — spiega Massimo Zanetti —. E in questa direzione un mercato ad altissimo potenziale è quello africano, su cui stiamo cominciando a mettere gli occhi.

In alcuni stati si sta formando una classe dirigente di big spender con una propensione ai consumi “all’occidentale”».

Europa e Stati Uniti

Europa e Usa hanno smesso di crescere e l’esigenza di espandersi rimane l’obiettivo primario del gruppo.

«Una volta che la situazione geopolitica sarà stabilizzata — commenta Zanetti —, comincerà la nostra espansione nei principali mercati del continente africano, Sud Africa in primis».

Maria Elena Zanini

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