L’impiego dei residui della torrefazione del caffè nei prodotti da forno potrebbe portare a un significativo calo dell’impatto ambientale e ad un risparmio nei costi di smaltimento per le aziende secondo un’indagine ENEA che si inserisce nel progetto europeo Biocircularcities. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Agrifood.tech.
Il raggiungimento della sostenibilità economica con l’impiego dei residui della torrefazione del caffè nei prodotti da forno
MILANO – L’impiego degli scarti della torrefazione del caffè come ingrediente di valore nei prodotti da forno potrebbe portare a una diminuzione del 73% dell’impatto ambientale derivante dalle lavorazioni che coinvolgono la farina, e del 50% dei costi di smaltimento per le imprese.
Questo è quanto si evince da una indagine ENEA riguardante la sostenibilità economica e ambientale della gestione della silverskin, il principale rifiuto organico generato dalla torrefazione del caffè, che i torrefattori sono tenuti a convertire in compost.
La ricerca Sustainability Assessment of Coffee Silverskin Waste Management in the Metropolitan City of Naples (Italy): A Life Cycle Perspective è stata condotta nell’ambito del progetto europeo Biocircularcities e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Sustainability.
Stando a quanto racconta Giuliana Ansanelli, ricercatrice ENEA e coautrice dello studio insieme alle colleghe Gabriella Fiorentino e Amalia Zucaro del Laboratorio ENEA Tecnologie per il riuso, riciclo, recupero e valorizzazione di rifiuti e materiali, l’analisi del ciclo di vita mostra che l’utilizzo alimentare della silverskin contribuirebbe a prevenire l’emissione di circa 250 kg di CO2 equivalente per ogni tonnellata di farina sostituita con lo scarto del chicco del caffè, il che corrisponde al quantitativo di CO2 che può essere assorbito da 22 alberi.
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