domenica 22 Dicembre 2024
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L’immancabile tazzina di caffè espresso italiano, da pausa a piacere

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MILANO – Chissà se tra il fitto catalogo degli incubi capaci di mandar all’aria il nostro riposo c’è un “raccapricciante” risveglio senza caffè – elisir indispensabile a metterci sull’attenti al pari di una fleboclisi adrenalinica.

Caspita, una iattura se “la visione” divenisse caustica realtà, poiché, un caffè mattutino è un propellente (quasi) tassativo! E fa nulla se sia espresso o di moka – basta che non manchi all’appello! In ogni caso, per qualcuno unicamente “una quota” di caffè non basta per connettersi con il presente!

Per cui, dopo il “tasting” casalingo serve far tappa al bar per un ineluttabile “bis” – che rintocca di ultima boccata d’ossigeno prima dell’ufficio.

E lì, saldamente incollati allo scranno sino all’agognata pausa – sorta di circostanza “rianimatoria” in cui il baldo stacanovista gode di qualche nanosecondo di terapeutico relax.

Spesso “lo stop” è copia conforme del caffè gustato all’alba – disponibile in versione ordinaria o gustosamente macchiata.

E infine, chiusa definitivamente la saracinesca del break, si abdica di nuovo per la scrivania ma più ritemprati – “incubando” l’anelito che arrivi presto il profetico time lunch, per beneficiare, poco dopo, di un altro caffè!

Ma la giornata è tutt’altro che terminata – della serie – ogni occasione è utile per una “tazzina” mordi e fuggi – da soli o in compagnia.

In fin dei conti, stiamo parlando di un insopprimibile godimento per migliaia di persone, perciò, dove sta scritto che durante l’eterno pomeriggio lavorativo – tra uno sbadiglio, un timbro e una pratica – non si trovi il tempo per trangugiare l’ennesimo “coffee”?

Magari il buon senso, o la saggezza – sbotterebbe “il grillo parlante” di turno – visto che non si dovrebbe esagerare con la citata delizia, poiché la caffeina è un corroborante da dosare con cautela.

Insomma, sì al caffè ma con buon senso, ed eventualmente in sussiego ai consigli del medico quando si hanno problemi di salute.

A tal proposito, va considerata quale caffeina assimilata quella presente (come esempio) nel cappuccino, o nelle bevande in cui l’ingrediente principale è per l’appunto l’annessa sostanza.

Parsimonia non significa, tuttavia, rinuncia indiscriminata, bensì prudenza.

Del resto, il popolare proverbio – “poco ma buono” – vale anche e soprattutto per quest’irripetibile ambrosia che ha ovunque legioni di fans e ammiratori!

Sul consumo che dire? Scansando per una volta “il balletto” di statistiche e cifre, va detto che il caffè seduce in tutte le sue avvolgenti “edizioni” – ortodosso o corretto a prescindere.

Per fermo, in Italia ne consumiamo abbastanza, anche se negli ultimi decenni – l’intrepida tazzina – è divenuta una routine così beneaccetta da godere di una duttile trasversalità geografica.

I costi non sono però uniformi; talvolta, pur nella stessa città il prezzo è variabile (anche solo di pochi centesimi).

Generalmente un caffè espresso servito al banco costa, pressappoco, un euro (€ 1)!

A ogni buon pro, vezzo esteso e senz’altro iconografico del belpaese è “il solletico” del caffè al bar, quindi come momento sacrale in cui – oltre a una valente bevanda – si gode di un quid fatato, che nel corso della giornata serve a rigenerarsi.

Attimo surreale dove si solidarizza con il prossimo discutendo informalmente di qualsiasi argomento, oppure – complice la bontà “del nostro” – si socchiudono gli occhi immaginandosi altrove!

Oltre a ciò, il caffè detiene non poche virtù e rilevanti requisiti, che fanno bene all’organismo tra cui all’umore, a patto, come prima enumerato, di non farne un uso smodato.

Dopo questo debito tributo a una delle squisitezze più amate da una buona parte degli italiani, non ci resta che chiudere “il sipario”, magari sulle note della canzone di Fred Buongusto “Spaghetti a Detroit” – in compagnia di un’immancabile tazzina di caffè…

Stefano Buso

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