domenica 22 Dicembre 2024
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Scoprire il tè e le sue origini dal testo della biologa francese Katia Astafieff

Nota in Cina e là quasi esclusivamente coltivata per millenni, importata in Occidente dai mercanti portoghesi e olandesi sin dal XVII secolo, fu poi letteralmente rubata a metà del XVIX secolo dagli inglesi. La pianta era già da tempo nei loro gusti e commerci: per circa duecento anni la Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva in India il monopolio della coltivazione del Papaver somniferum (papavero da oppio) e lo forniva ai cinesi in cambio del tè, monopolizzato dall’impero cinese

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MILANO – Proprio come il caffè, anche il tè è una bevanda che in tanti consumano -persino in Italia, nonostante il culto per l’espresso, non si disdegna soprattutto nelle dure giornate invernali – ma che in pochi conoscono per davvero. Qual è la storia dietro questa pianta, com’è arrivata in Europa e tante altre domande restano spesso senza risposta. Leggiamo dal sito strisciarossa.it, di un testo che può aiutare ad approfondire l’argomento: Le incredibili avventure delle piante viaggiatrici, Katia Astafieff.

Katia Astafieff ci porta a scoprire il mondo del tè

Il tè è un arbusto, siamo da lungo tempo abituati a consumarne piacevolmente le foglie. La particolare specie si chiama Camellia sinensis, appartiene alla stessa famiglia e allo stesso genere delle camelie, non è arrivata in Inghilterra e in Europa per caso.Nota in Cina e là quasi esclusivamente coltivata per millenni, importata in Occidente dai mercanti portoghesi e olandesi sin dal XVII secolo, fu poi letteralmente rubata a metà del XVIX secolo dagli inglesi. La pianta era già da tempo nei loro gusti e commerci: per circa duecento anni la Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva in India il monopolio della coltivazione del Papaver somniferum (papavero da oppio) e lo forniva ai cinesi in cambio del tè, monopolizzato dall’impero cinese.

A un certo punto della storia commerciale, gli inglesi decisero di gestire autonomamente le migliori tecniche di produzione e di procurarsi pertanto le migliori piante per coltivarle nella “loro” India. Allo scopo usarono una spia. Serviva un individuo competente di Cina, coraggioso e pronto a tutto. Lo trovarono subito: Robert Fortune (1812-1880), rinomato geniale botanico britannico che nel 1843 aveva pubblicato il racconto di un primo soggiorno nella Cina settentrionale, lungo tre anni, inviato dalla Royal Horticultural Society e ben accolto.

Gli diedero una sostanziosa cifra e partì nel 1848, la missione consisteva nell’andare di persona a raccogliere semi e piante dove crescevano gli alberelli migliori nelle regioni della Cina meridionale. Si travestì, viaggiò là molto in barca, divenne ladro gentiluomo, constatò che l’arbusto era coltivato ovunque, scoprì che l’unica differenza fra il tè nero e il tè verde consiste nel processo di fermentazione, erborizzò e raccolse anche altre specie, ebbe una rocambolesca vita di successo. Tre anni dopo ventimila piante del tè arrivarono a destinazione e vennero coltivate nei contrafforti dell’India. Oggi è la bevanda più consumata, dopo l’acqua, prima di caffè, birra, vino.

Dieci storie avventurose tra semi e piante con Katia Astafieff

La biologa francese, viaggiatrice, scrittrice e direttrice aggiunta dei giardini botanici di Grand Nancy (Università di Lorraine) Katia Astafieff (1975) propone un originale spigliato saggio di divulgazione scientifica etnobotanica su dieci coppie d’avventura: una specie di pianta, connessa geograficamente a un antico ecosistema, viene storicamente relazionata a un singolo individuo sapiens, o a un paio di noi, nomadi del sapere e cercatori d’oro verde, cruciali (fra tanti) per farla divenire poi globalmente familiare a tutti.

Dieci viaggi nella geografia e nella storia, dunque, con stile avvincente, dotti dati e citazioni, qualche aneddoto e brevi finestre d’approfondimento.

Il tè per primo. Seguono:

il frutto tondeggiante (Fragola, fraisier) riportato dal Cile da un corsaro seducente (nel 1714, il francese Amédée-François Frézier, 1682-1773, per caso la pronuncia è la stessa); la Peonia “più bella” (selvatica o ibrida?) trasferita ancora dalla Cina a tempo di rock con l’austriaco Josef-Franz (indi americano) Joseph Rock (1884-1962); l’ascesa e il declino di una radice canadese (il Ginseng americano) e i meriti del chirurgo della Marina francese Michel Serrazin (1659-1734, naturalizzato canadese in Québec); il caso fortunato di un albero (Hevea brasiliensis) dell’Amazzonia, utile alle piscine, agli ospedali e… alla linea, e dell’astuto ingegnere francese in Guyana François Fresneau de la Gataudière (1703-1770) che ricavò gomma naturale o Caucciù dalle note secrezioni di lattice; l’avventura fumosa di un’erba non particolarmente ortodossa (il tabacco, Nicotiana tabacum) riportata dal Brasile dal diplomatico francese Jean Nicot (1530-1600) e “scoperta” dal curioso monaco André Thevet (1516-1590);

il favoloso destino del piccolo frutto verde (kiwi, Actinidia chinensis) e dell’astuto gesuita Pierre Nicolas Le Chèron d’Incarville (1706-1757); l’indagine su una pianta venuta dal freddo, il rabarbaro e sul biologo tedesco Simon Pallas (1741-1811); il fiore più grande e puzzolente (Rafflesia) e due inglesi, l’amministratore coloniale Thomas Stamford Raffles (1781-1826) e il naturalista girovago Joseph Arnold (1782-1818); l’altissima conifera americana Sequoia sempervirens in compagnia del chirurgo e naturalista scozzese Archibald Menzies (1754-1842). In fondo bibliografia scelta e indice di nomi (piante, luoghi, ecosistemi, persone). Migrando, esplorando e viaggiando, la specie meticcia ha reso meticcio quasi ogni ecosistema: è scientifico, oltre che divertente, saperlo.

Le incredibili avventure delle piante viaggiatrici, Katia Astafieff
Traduzione di Sara Prencipe
Botanica, Add Torino
2020 (orig. 2018)
Pag. 200 euro 16

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