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venerdì 22 Novembre 2024
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Lercio sulla Babele dell’espresso in Italia: usati ben 14 aggettivi per ordinare un caffè al bar

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MILANO – Non c’è bisogno di fare particolari presentazioni per un sito che ha spopolato sul web e tuttoggi continua ad attirare quotidianamente l’attenzione del popolo online, Lercio. Una breve introduzione per chi ancora non conosce questa costante fonte di fictional news che però, con la loro ironia, forniscono sempre spunti interessanti non solo per le risate, ma anche per delle verità a volte scomode.

Lercio.it  originariamente era il blog personale di Michele Incollu, nato nell’ottobre 2012. Non passa molto per trasformarsi in un blog a più voci. Da più di due anni ormai, promuove la satira su diversi temi: dalla  politica al sesso; sulla morte e la religione. Con un sorriso divertito rivolto verso il cattivo giornalismo che spesso dilaga su Internet. Nel 2014 Lercio.it ha vinto il Macchianera Italian Award come “Miglior Sito” e per la migliore battuta.

Questa volta, la satira ha preso di mira l’operatore dietro al bancone, e la sua eterna lotta con i mille desideri assurdi dei clienti. I quali, ogni giorno, presenta richieste sempre più specifiche e articolate, spesso sfidando la pazienza di chi è di servizio. Riportiamo quindi questo sguardo critico quanto simpatico, uscito sul blog, di Andrea Michielotto.

Lercio sul mondo dei baristi in Italia

TOSTA (TO) – Una terribile tragedia si è consumata ieri a Tosta. Cittadina della costiera torinese. Un barista, al culmine di un raptus di follia, ha ucciso un cliente, reo di aver ordinato il caffè impiegando il numero record di 14 aggettivi.

Ma procediamo con ordine

Manfredo Nini lavora da 10 anni al Bar Collo, la principale caffetteria di Tosta. Manfredo è sempre stato un tradizionalista. Tanto che da anni ha un ruolo di primo piano nella SBOR (Società Baristi Ortodossi Riuniti).

Sono un barista semplice: mi chiedi un caffè, ti preparo un caffè. La vita è già troppo incasinata per complicare anche il caffè”.

Negli ultimi anni aveva sofferto più di altri baristi il proliferare di aggettivi che ormai infestano l’ordine di un semplice caffè

“Siamo partiti col macchiato, e quello lo posso anche tollerare. Ma poi macchiato caldo, tiepido, freddo, col latte a parte, poi col latte di soia; di mandorle, der budello di tu mà.” si accalora il Nini, tradendo le sue origini livornesi.

La tragica mattina di ieri non era iniziata nel migliore dei modi: l’inizio della Sagra del Gianduiotto con la Bagna càuda stava infatti portando frotte di avventori al Bar Collo. Manfredo era teso come una corda di violino. Cercando di star dietro a tutte le ordinazioni. Quando nel locale era entrato Enrico Sallini, detto Sally, aspirante giornalista ma attualmente di professione boccolone biondo cacacazzi.

Vorrei un caffè espresso doppio decaffeinato al ginseng macchiato tiepido con schiuma di latte di soia scremato, corretto alla grappa morbida barricata con una leggera spolverata di cacao amaro e un brick di acqua calda a parte…”

L’ordine era stato interrotto dalle risate di Manfredo

Il quale sulle prime aveva pensato a uno scherzo di qualche amico buontempone. Il barista però si era subito accigliato vedendo che nessun altro rideva e si era definitivamente imbestialito quando Sally aveva rincarato la dose.

“Ah scusi, mi ero dimenticato di specificare la tazza: un caffè espresso doppio decaffeinato al ginseng macchiato tiepido con schiuma di latte di soia scremato, corretto alla grappa morbida barricata con una leggera spolverata di cacao amaro in tazza grande calda al vetro e un brick di acqua calda a parte”.

A quel punto il Nini aveva preso da sotto il banco un mazzuolo

Un’arma che teneva lì da quando i ladri gli avevano rotto la vetrina e aveva infierito selvaggiamente contro il povero avventore: “Ora ti becchi una mazzata per ogni aggettivo che hai usato, popò di stronzolo caato a forza!”.

Per Sallini non c’è stato niente da fare di fronte alla furia omicida del barista, che è stato fermato dalle forze dell’ordine intervenute sul posto. La sua posizione dopo l’arresto si sarebbe perfino aggravata, perché pare che in carcere abbia aggredito il poliziotto che stava redigendo il verbale, descrivendo così l’arma del delitto: “Trattasi di un grosso mazzuolo ligneo, levigato, lucido, risonante, nervato, intarsiato, solido, robusto, pesante, contundente”.

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