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giovedì 21 Novembre 2024
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Ecco le possibili cause della mancata candidatura del caffè a patrimonio Unesco

Il Consiglio direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, organo deputato alla selezione dei dossier da inviare direttamente al Comitato di Parigi per la candidatura finale, ha preferito puntare tutto sull’opera lirica

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MILANO – Il 29 marzo dello scorso anno venne bocciata la candidatura del caffè espresso italiano come patrimonio immateriale dell’umanità Unesco in favore dell’opera lirica. Nonostante il Consiglio abbia espresso sincero apprezzamento per il dossier sul caffè espresso, non sono mai emerse chiaramente le ragioni del rifiuto.

Tuttavia, tra le undici città volte a farsi ambasciatrici del caffè, (Torino, Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Trieste, Lecce, Pescara, Palermo e Modica) due spiccavano tra tutte: Venezia e Napoli. La scelta di fondere le due realtà per simboleggiare tutta l’Italia potrebbe aver reso tale candidatura difficile da attuare. Leggiamo di seguito le considerazioni pubblicate sulla prima parte dell’articolo del portale La Buona Tavola.

Il caffè espresso come patrimonio Unesco

MILANO – Il caffè espresso italiano non sarà patrimonio immateriale dell’umanità, almeno non per il momento. Il Consiglio direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, organo deputato alla selezione dei dossier da inviare direttamente al Comitato di Parigi per la candidatura finale, ha preferito puntare tutto sull’opera lirica.

Il fatto risale al 29 marzo 2022 ma poco spazio gli venne dato dai media nazionali, comprensibilmente “distratti” dalla prima fase della guerra in Ucraina. Ad ogni modo, perché la Commissione nazionale ha effettuato questa scelta e quali erano le caratteristiche della candidatura, poi bocciata, del caffè? Ricostruiamo insieme le tappe salienti della vicenda.

Ad essere stato proposto fu “The Italian Espresso Coffee between culture, ritual, sociality and literature in the emblematic communities from Venice to Naples”. Questo dossier, insieme a quello poi selezionato intitolato “The Art of the Italian Opera Singing”, erano due dei vari progetti presentati all’attenzione della Commissione. Certamente non sarà stato facile per il Consiglio direttivo effettuare questa scelta su cosa inviare all’Unesco per il ciclo 2023 ai fini dell’inserimento della Lista dei patrimoni immateriali.

Nonostante il Consiglio (ed anche l’allora Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini) abbia espresso sincero apprezzamento per il dossier sul caffè espresso, non sono mai emerse chiaramente le ragioni della bocciatura. Più avanti si spiegherà perché effettivamente meritava di più l’opera lirica ma volendo azzardare un’ipotesi, forse alla base della bocciatura vi è la stessa natura della proposta.

La fusione di numerose istanze miranti ad elevare singole città (e quindi comunità) come patria del caffè ha condotto ad un dossier alquanto articolato.

Inizialmente erano ben undici le città individuate dallo Stato per farsi ambasciatrici del caffè (Torino, Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Trieste, Lecce, Pescara, Palermo e Modica). Tra queste ne spiccavano due. Venezia a rappresentanza del Nord Est italiano e della sua tradizione storica. Pare che infatti da quelle zone arrivassero i primi sacchi di caffè turco dopo l’assedio di Vienna del 1683.

Da parte sua Napoli, con la sua leggendaria tradizione del caffè come rituale sociale e culturale, si poneva altrettanto come candidata ideale. La scelta di fondere le due realtà in un unico dossier a simboleggiare idealmente tutta l’Italia ha reso tale candidatura estremamente artificiosa.

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