Riceviamo e pubblichiamo di seguito una lettera che è segno dei tempi perché vengono elencate le difficoltà che incontrano gli imprenditori nel trovare persone degne di fiducia alle quali dare una prospettiva di guadagno e crescita personale. L’autore dell’opinione, riflette sui crescenti disagi degli imprenditori alla luce di uno spiacevole evento.
Infatti dopo aver dato l’opportunità ad un ragazzo di finanziare la propria attività e di lavorare in proprio, quest’ultimo è sparito senza lasciare traccia.
Leggiamo di seguito le considerazioni dell’imprenditore.
Il punto di vista degli imprenditori: un mancato investimento
“Ho letto su Comunicaffè diversi articoli nei quali si lamentava della scarsissima professionalità dei titolari del settore horeca oltre che della mancanza di valorizzazione del personale competente e cose del genere.
Alla fine di uno di questi articoli, un barista concludeva dicendo in buona sostanza che non se la sentiva più di lavorare per gli altri e che per valorizzare veramente la sua professionalità, era orientato verso l’apertura di una sua attività nel settore caffetteria e più probabilmente come caffetteria ambulante non appena avesse racimolato le risorse economiche necessarie.
Letto l’articolo, ho dato per buono quello che raccontava e ho deciso di incontrarlo per potergli dare un’opportunità.
Ci siamo visti, gli ho parlato della nostra torrefazione, del nuovo progetto nello specialty coffee e gli ho proposto di lavorare con noi.”
Un’opportunità per lavorare in proprio
“Gli ho detto che avremmo fatto noi l’investimento nell’acquisto del mezzo, una caffetteria itinerante focalizzata sullo specialty (investimento di oltre 70 mila euro) e che dopo un periodo di prova, lo avremmo inserito come socio nella neo costituita società specializzata.
Dopo due o tre mesi di ragionamento sul format e relativi valori aggiunti da inserire, periodo in cui il nostro interlocutore si è sempre mostrato entusiasta, abbiamo ordinato il mezzo, definito la zona operativa in una città importante e definito l’aspetto legato al primo periodo, ossia i sei mesi di prova.
Per poter iniziare, considerando che gli avremmo affidato un relativamente piccolo capitale e una autonomia assoluta sulla gestione delle giornate e orari di vendita, abbiamo richiesto l’apertura di una partita IVA (solo per i primi sei mesi), un deposito cauzionale di 1.500 euro per eventuali danni (più che altro per responsabilizzarlo sul corretto utilizzo del bene) e un affitto di 1.500 euro al mese del mezzo (sempre per un massimo di 6 mesi di prova) dopo di che lo avremmo inserito come socio al 20% e stipendiato con contratto a tempo indeterminato.
Considerando la zona in cui il mezzo avrebbe operato, abbiamo sviluppato un business plan che dal primo mese, si poggiava su un incasso minimo di oltre 6.000 euro e che l’incidenza della materia prima sarebbe stata di circa 2.000 euro; l’incasso residuo sarebbe ammontato a circa 4.000 euro al quale rimaneva da sottrarre solo il costo del canone mensile di 1.500 euro. In sostanza già dal primo mese il gestore del mezzo avrebbe avuto un utile lordo di circa 2.500 euro e netto di almeno 1.200 euro.”
Il cambio di idea da parte del barista
“Malgrado questo, non appena abbiamo presentato la formula e richiesto un totale investimento di 3.000 euro tra cauzione e primo mese di affitto del mezzo a fronte di oltre 70 mila euro di investimento da parte nostra e la possibilità di fargli realizzare il sogno di lavorare per se stesso (supportato da una solida azienda del settore), il barista è sparito dalla circolazione senza dare più segno di vita.
Con una sottile amarezza, ho scritto questa lettera per manifestarle, forse, anche la difficoltà che sta dall’altro lato, dall’altra parte dei vari aspiranti baristi di turno; quei disagi che incontrano gli imprenditori nel trovare persone degne di fiducia alle quali dare non solo una prospettiva di guadagno ma la possibilità di crescere professionalmente addirittura all’interno di start up interamente finanziate.”
Lettera firmata