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venerdì 15 Novembre 2024
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Lavoro e ambiente, duello verde fra Unilever e Nestlé

Le due multinazionali ai primi posti per eticità nella classifica Oxfam. Un vantaggio anche per gli affari. Ma sui diritti delle donne e sul risparmio d’acqua quasi tutti i big sono ancora indietro

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MILANO – Il «nostro modello di business è stato progettato per conseguire una crescita sostenibile: intendiamo raddoppiare le dimensioni e contemporaneamente ridurre l’impronta ambientale e migliorare l’impatto sulla società».

Inizia così l’ultimo report annuale di Unilever, non con la marcia trionfale dei numeri. La multinazionale del cornetto Algida e del tè Lipton è stata una delle prime a investire per migliorare la propria reputazione oltre che la redditività.

Nell’ultima classifica di Oxfam, che valuta l’impegno nelle politiche sociali e ambientali dei grandi gruppi globali, si è piazzata prima.

L’organizzazione delle Ong che si battono contro la fame nel mondo da tre anni fa le pulci ai comportamenti etici delle prime dieci multinazionali alimentari: Associated British Foods, Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez, Nestlé, PepsiCo e Unilever.

Questa classifica (nella campagna Behind the Brands, dietro le marche) tiene conto di sette parametri: clima, acqua, donne, lavoratori, agricoltori, terra e trasparenza. I suoi punteggi vengono presi seriamente sia dai membri dei consigli d’amministrazione sia dagli investitori. I dieci colossi controllano la filiera alimentare e generano un giro d’affari pari al 10% dell’economia globale. Ma i loro investimenti a favore del pianeta o dei diritti umani non vanno di pari passo con le loro risorse finanziarie.

Clima e lavoro
Vediamo come stanno, per quanto riguarda questa classifica, le due aziende che si occupano anche di caffè.

Nestlé, che è il più grande gruppo alimentare del mondo con 80 miliardi di ricavi, nella classifica di Oxfam è seconda. La multinazionale svizzera ha duemila marchi di cui una ventina fatturano più un miliardo ciascuno (tra cui Kit Kat, Smarties e Nescafè, Nespresso). Unilever invece ha 400 marchi di cui 13 sopra il miliardo e fattura 53 miliardi. Scrive Nestlé nel suo report annuale: «Da quando Henri Nestlé ha lanciato la Farine Lactée, abbiamo costruito il nostro business sulla convinzione che un successo a lungo termine debba creare valore per la società». Il gruppo di Vevey dichiara di avere preso 39 impegni per l’ambiente, la salute, i diritti umani e altro con obiettivi al 2020.

Unilever, invece che un piano industriale al 2020, ha lanciato un «Piano per il vivere sostenibile» che punta a lavorare in partnership su temi come la deforestazione e l’acqua, l’igiene e l’agricoltura ai piccoli agricoltori. L’ultimo acquisto di Unilever in Italia è stato Grom, la gelateria biologica.

Secondo Oxfam ambedue le capolista si impegnano realmente per migliorare l’impatto sul clima e per i lavoratori, ma sono ancora carenti sul fronte della difesa dei dritti delle donne.

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