MILANO – Il gruppo Lavazza, controllato dall’omonima famiglia, prevede di chiudere l’anno con un fatturato di circa 1.330 milioni, in crescita del 5% (a fine novembre +2,2 punti quota volumi) e un ritorno alla redditività, con un utile netto di 40-45 milioni, a fronte della perdita di circa 10 milioni del 2011.
Baravalle commenta gli ultimi successi Lavazza
Il gruppo punterà a rafforzarsi in mercati con forti capacità di crescita come Germania, Francia, Uk, ad ampliare la presenza attraverso partner locali in India, Cina e Brasile e, soprattutto, punterà al mercato Usa, che nelle previsioni «dovrebbe diventare il numero uno dopo l’Italia» grazie alle strategie di business con Green Mountain Coffee Roaster (Gmcr), di cui Lavazza ha in portafoglio una quota dal 2010, oggi pari al 7,5%.
L’obiettivo è quello di portare i consumi dalla strada – il classico mug visto milioni di volte in mano nelle città Usa e del Canada – nelle case. “Negli Usa le consumazioni sono l’80% fuori casa il 20 in cucina”. In questa ottica si colloca l’accordo per la macchina Keurig Rivo a capsule.
Resta il problema che si tratta di un’impresa colossale, quello di cambiare una mentalità radicata in una nazione abitudinaria come poche altre, eppure attenta alle mode. Il tutto al prezzo di 230-240 dollari, circa 176 euro.
È quanto, in sintesi, illustrato da Antonio Baravalle, a.d. di Lavazza
Che si prepara a varare un piano triennale 2013-2015 con un focus crescente sul consumatore e sul prodotto e una nuova strategia di penetrazione e sviluppo sui mercati internazionali.
Nel piano non è prevista la quotazione del gruppo: «La società – ha spiegato Baravalle respinge una logica di finanziamento esterno e questa politica sta ripagando il gruppo».