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venerdì 22 Novembre 2024
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Lavazza e la CRS, Corporate Social Responsability

Una visione olistica: “In un mondo che distrugge i beni della natura io non ci sto”

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  • Dalla Corte
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Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè

In occasione della presentazione delle capsule A Modo Mio compostabili Lavazza ha precisato il suo programma CRS, Corporate Social Responsability.

Era il 1935 quando Luigi Lavazza, durante un viaggio in Sudamerica, espresse il suo disappunto nel vedere distruggere interi raccolti di caffè non venduto, un’esperienza che lo segnò profondamente e che determinò la sua visione di fare impresa e che, seppur in chiave intuitiva, anticipa una visione circolare dell’economia.

Che utilizzo infatti si sarebbe potuto fare di quei raccolti? Magari impiegarli in altri settori industriali?

Fin da allora Lavazza ha quindi operato sul mercato in una visione di lungo periodo che mira alla creazione di partnership ed alleanze per sviluppare la qualità dei processi e dei prodotti, con una grande attenzione al patrimonio economico, umano, ambientale e culturale dei paesi in cui opera attraverso le attività della Fondazione Lavazza: tutto questo nella convinzione che non ci può essere crescita economica senza sviluppo sociale ed attenzione alle risorse impiegate nella produzione.

Questa lungimiranza fa di Lavazza è un’azienda responsabile, che propone un approccio strategico alla responsabilità sociale d’impresa.

In concreto, questo significa integrare le attività di Corporate Social Responsibility in maniera strategica e trasversale in ogni passaggio della filiera, andando oltre i confini delle attività aziendali.

Questo approccio a 360 gradi significa per Lavazza puntare decisamente ad un modello di “life cycle thinking” dove la sostenibilità è parte integrante del business.

La rilevanza strategica per l’azienda è dimostrata anche dai 5,8 milioni di euro impiegati nel solo 2014 in interventi sulla sostenibilità

Per dare un forte segnale di concretezza a questo percorso, Lavazza ha inoltre presentato l’anno scorso il suo primo Bilancio di Sostenibilità predisposto secondo le linee guida del “Global Reporting Initiative” (GRI) nella versione più aggiornata GRI-G4, per il triennio 2012-2014, con lo scopo di rendicontare in maniera trasparente, misurabile e comparabile le performance in materia di sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Un primo passo per un viaggio improntato all’innovazione e al miglioramento continuo che non può prescindere dall’apertura e dal confronto con gli altri attori sul mercato per un costante allineamento con le best practice.

LA RIDUZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
Per garantire gli elevati standard qualitativi e di sostenibilità dei propri
prodotti, Lavazza ha intrapreso da alcuni anni un percorso per la valutazione
delle prestazioni ambientali di alcuni prodotti chiave, con un approccio
“cradle to grave”: partendo dalla materia prima caffè, passando per i
processi di lavorazione nei Paesi di origine del caffè e negli stabilimenti
produttivi in Italia, agli imballi, alle macchine per il caffè, ai trasporti delle
materie prime e dei prodotti finiti, fino allo smaltimento del prodotto.

Lavazza misura l’impatto ambientale dei propri prodotti attraverso la metodologia
del Life Cycle Assessment, in accordo con le norme di riferimento
ISO 14040 / 14044.

Per il sistema capsula, Lavazza si sta muovendo lungo due direzioni fondamentali:
l’ottimizzazione delle attuali soluzioni – minimizzazione dei pesi, la razionalizzazione dei processi, la riduzione interna degli scarti di lavorazione – e la ricerca di materiali innovativi, di cui la capsula compostabile è una prima applicazione concreta, in conformità con i requisiti qualitativi e di sicurezza che contraddistinguono i propri prodotti.

Tutte queste azioni vanno nella direzione di un modello economico che sostituisce una visione lineare unidimensionale ed unidirezionale con uno sguardo a 360 gradi che fa della visione periferica l’elemento innovativo e caratterizzante. E’ proprio grazie a questo approccio che Lavazza adotta il modello circolare non solo nel fine vita, ma anche in ogni passaggio della catena del valore (dalla piantagione alla macchina del caffè) dando dignità
economica agli scarti di produzione di ogni fase e trasformandoli in materie
prime seconde anche per altri cicli produttivi.

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