TORINO – Sindacati e Lavazza si incontreranno il prossimo 26 marzo all’Unione industriale di Torino per discutere gli ultimi dettagli e il giorno successivo si sposteranno nella sede della Regione Piemonte per firmare l’accordo che apre la strada al mega progetto di rinnovamento industriale da 16 milioni.
Nel durante però 100 addetti su 218 dello stabilimento di Settimo Torinese dovranno ruotare in cassa integrazione per un anno in attesa che i quattro capannoni vengano sgombrati, dotati di sistemi automatizzati avanzati ed eseguita la resinatura dei pavimenti.
Secondo Lavazza si tratta di ridisegnare l’assetto produttivo e realizzare le condizioni per fare dello stabilimento di Settimo Torinese un polo multiprodotto di eccellenza nel sistema industriale del gruppo.
Una parte significativa di questo investimento sarà destinata alla formazione del personale e alla crescita del livello di professionalità e autonomia dei servizi tecnici.
Il programma del leader italiano del caffè era noto già dal giorno in cui è stato firmato il contratto integrativo aziendale, nel dicembre 2014.
Per realizzare questo mega-investimento industriale, Lavazza ha presentato una richiesta di accesso allo strumento della Cassa integrazione guadagni straordinaria, a partire dal prossimo aprile.
«Il segnale di Lavazza è ottimo – osserva Denis Vayr, segretario della Flai-Cgil di Torino – Investe per rimanere competitiva e crescere. Soltanto che, dopo l’ammodernamento e l’automazione dello stabilimento, i lavoratori dovranno scendere da 218 a 168, quindi con 50 esuberi per i quali si aprirà una procedura di mobilità incentivata su base volontaria. Non sappiamo se ci saranno dei pensionati e in quanti accetteranno l’incentivo».
E i sindacati? «Abbiamo chiesto – risponde Vayr – che la formazione venga fatta per tutti i dipendenti, compresi i 50 che dovrebbero uscire».
Alla fine però potrebbe non uscire nessuna (è più di una possibilità) dal polo del caffè torinese: se Lavazza riuscisse ad acquisire dai due venditori, l’americana Mondelez e l’olandese Demb, il brand francese Carte Noire poi trasferirebbe in Italia la produzione.
Secondo le indicazioni dell’Antitrust europeo, Mondelez e Demb dovranno cedere un importante asset, per esempio Carte Noire, se vorranno fondere le proprie attività.
Le autorità di vigilanza europee hanno rinviato al 1° giugno il termine per l’indagine sull’operazione di concentrazione e intanto Lavazza dovrà avanzare una proposta e aggiudicarsi Carte Noire.
La precedente disponibilità a vendere altri due brand francesi, caffè L’Or e Grand’Mère, e stata ritenuta insufficiente dalle autorità europee e questo ha probabilmente spiazzato (o l’aveva messo in conto?) Lavazza che aveva avanzato un’offerta.
La voglia di crescere di Lavazza è però indiscutibile. Meno di un anno fa l’ad Antonio Baravalle sosteneva che per «sedersi al tavolo dei big globali bisogna avere una taglia di almeno 2 miliardi di fatturato, altrimenti si rischia di trasformarsi in prede».
E le risorse per la crescita internazionale? Con la cessione parziale (dal 7 al 3%) dell’americana Keurig Green Mountain, Lavazza ha incassato una cifra stimabile intorno ai 620 milioni di dollari. Che si aggiungerebbero alla cassa di 387 milioni di euro disponibile a fine 2013.