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venerdì 22 Novembre 2024
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Lavazza: dentro la Nuvola, la nuova sede della società torinese

Il centro Lavazza è il perno della rinascita del quartiere Aurora Un contenitore di idee con auditorium, spazio eventi e ristoranti. I lavori avanzano: la torre svetta già con tutti i suoi piani, e all’interno si stanno sistemando gli arredi. Ecco come lo racconta per il quotidiano La Stampa lo scrittore Giuseppe Culicchia

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Ecco una interessante presentazione della nuova sede Lavazza di Torino redatta dallo scrittore, traduttore e saggista italiano Giuseppe Culicchia per il quotidiano La Stampa.

TORINO – I cantieri sono sogni. È la prima cosa che penso mettendo piede lì dove giorno dopo giorno sta prendendo forma la Nuvola, il nuovo centro direzionale Lavazza nel cuore del quartiere Aurora, dove l’azienda è nata e intende mantenere le sue radici senza consumare un metro quadro di suolo ma restituendo alla città un’area abbandonata.

Prima naturalmente bisogna travestirsi da operai indossando casco e scarpe di sicurezza con tanto di pettorina arancione, ma le mani degli operai veri sono diverse da quelle dei visitatori, sono mani capaci di dare forma ai sogni: che intanto diventano realtà, perché i lavori sono già parecchio avanti, la torre progettata dall’architetto Cino Zucchi svetta con tutti e sei i suoi piani all’angolo con via Bologna, e al suo interno stanno già mettendo gli arredi.

I LAVORI

Tutto intorno le gru continuano a spostare carichi da un punto all’altro del cantiere, mentre quelli che presto saranno ascensori vengono utilizzati come montacarichi; qua si lavora alla messa in posa di una pavimentazione, là si dà forma al rivestimento interno di un ambiente.

I desideri della committenza hanno fatto sì che a lavori ultimati il sogno contenga ampi spazi verdi, a cominciare da una piazza alberata con tanto di parcheggio pubblico sottostante.

E la fortuna ha voluto che il disegno dell’architetto incaricato – in corsa ce n’erano diversi – non prevedesse di edificare fondamenta nel punto in cui a lavori iniziati è venuta alla luce una basilica paleocristiana risalente al IV-V secolo d.C.

Lì, nel sottosuolo, sono al lavoro gli archeologi, e una volta finita la Nuvola chi si spingerà in questa rinnovata fetta di città coglierà con un solo sguardo le successive stratificazioni che hanno scritto la storia della città.

Antiche pietre posate da maestranze che parlavano una lingua diversa dalla nostra ma adoravano il nostro stesso Dio, e poi resti di tombe medievali, e poi ancora i 4.000 metri quadri della vecchia centrale elettrica che faceva muovere i tram ai primi del Novecento – destinati a ospitare un auditorium, uno spazio eventi e un paio di ristoranti – e infine il presente proiettato nel futuro e aperto verso il mondo, ovvero il centro direzionale con le sue superfici che richiamano allo stesso tempo le sfumature del caffè e le linee delle facciate antonelliane, per tacere della scala capace di evocare Juvarra e Trucco, Palazzo Madama e il Lingotto.

LE CASE DI RINGHIERA

Ma poi, assieme a tutto questo, a completare il quadro c’è la Torino delle case di ringhiera, con le tende verdi sui balconi, e un terrazzo con la «topia», e il vecchio biscottificio militare, e tutto questo con la collina di Superga e la Mole fa parte del sogno perché non ne costituisce solo lo sfondo: in un certo modo gli dà profondità.

Passato e futuro dialogano, e davvero tutto si tiene in questa nuova avventura architettonica e imprenditoriale. È come sfogliare le pagine di un libro capace di raccontare chi siamo stati, e che cosa potremo diventare. Per dire: il ristorante che a tutti gli effetti sarà la mensa degli impiegati verrà aperto al pubblico, ed è stato concepito con Ferran Adrià in modo da evitare sprechi, e da sfornare su ordinazione piatti che potranno anche essere portati a casa.

Nell’altro ristorante, anch’esso aperto al pubblico ma con un numero più limitato di coperti – oggi pare quasi la sacrestia della cattedrale postindustriale in cui troverà posto il primo – si potrà mangiare senza posate.

E poi la palestra per gli impiegati, che lavoreranno in un ambiente isolato dai rumori della strada ma aperto alla luce del sole grazie alle ampie vetrate in cui si riflette in cielo sopra Torino. E spazi capaci di ospitare fino a mille persone, e il bar con la grande terrazza da cui si abbraccia tutta la città.

Il fatto che un centro direzionale prenda forma in base ai desideri della committenza e al progetto dell’architetto in modo da aprire i suoi spazi al pubblico non è scontato, in questa nostra epoca intrisa di diffidenza quando non di paura.

E riplasmare un frammento di questo quartiere da anni in sofferenza, non solo rispettandone la storia ma riportandola alla luce e condividendola con il resto della città è insieme coraggioso e lungimirante: in uno degli edifici già restaurati e operativi del complesso ha sede lo Iaad, e i suoi studenti già portano nuova linfa in questo pezzo d’Oltre Dora.

Gli operai che intanto hanno già steso la moquette e posizionato scrivanie potrebbero essere i marinai di un grosso natante, perché complici le grandi vetrate pare proprio di stare su una nave ormeggiata tra via Ancona, via Pisa, corso Palermo e via Bologna.

LA STORIA

Era il 1895 quando Luigi Lavazza aprì la sua drogheria al 10 di via San Tommaso. E certo il fondatore di quella che oggi è una multinazionale non poteva immaginare che da lì sarebbe nato un cantiere simile, un cantiere che piacerebbe a Marc Augé.

Tra una fiamma ossidrica e una betoniera, il lavoro prosegue. Presto il sogno diventerà realtà. E Torino potrà specchiarsi in queste vetrate, e scoprire di essere diventata ancora più bella.

Giuseppe Culicchia

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