LONDRA – I 500 invitati – chef stellati, critici gastronomici, opinion leaders – intervenuti da tutto il mondo per partecipare all’evento organizzato da “Restaurant Magazine”, parteciperanno a un’innovativa esperienza firmata dallo chef tre stelle Michelin Massimo Bottura e realizzata con caffè Lavazza nella sua miscela ¡Tierra!.
“Come to Italy with me – Vieni in Italia con me” è il nome della ricetta firmata da Massimo Bottura che aprirà la cena di gala: non il caffè come classica conclusione del pasto, quindi, ma un espresso che, grazie alla storica versatilità di Lavazza e alla capacità innovativa di Bottura, gioca con le aspettative e i preconcetti della gente. Una rivisitazione in chiave salata della tradizionale granita siciliana con un nome che richiama il libro di Frank Schoonmaker degli anni ‘30 dal titolo “Come with me through Italy”.
La ricetta – composta dagli ingredienti caffè Lavazza Tierra!, bergamotto candito, capperi, origano, granita di mandorle, sale marino, scorze di limone e polvere di caffè –
E’ servita in tazzina Puraforma Lavazza. Lo chef agisce sulle papille gustative per stimolare una nuova esperienza con ingredienti ben noti: la ricetta di Bottura rimette così in discussione le convinzioni più comuni, essendo salata e non dolce, fredda e non calda, l’inizio di un pasto e non la sua conclusione.
Il viaggio di questa ricetta innovativa e originale proseguirà inoltre al Salone del Gusto di Torino a Ottobre e durante Identità Golose New York a metà ottobre. La collaborazione con Bottura e la partnership dell’azienda con questo evento di risonanza internazionale confermano ancora una volta che Lavazza è la firma scelta dall’alta gastronomia mondiale: da oltre trent’anni Lavazza si dedica alla sperimentazione sul prodotto, non solo attraverso il Training Center – la prima scuola dell’Espresso fondata in Italia nel 1979 e che oggi conta 50 sedi in tutto il mondo – ma anche attraverso collaborazioni eccellenti, come quelle con Slowfood, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e con chef di fama internazionale tra cui, oltre a Bottura, il geniale Ferran Adrià, Carlo Cracco e Davide Oldani.
Il Training Center Lavazza, insieme a questi chef di rilievo mondiale, ha dato vita a nuove e inesplorate forme del caffè, inimmaginabili prima di allora. Nascono così le creazioni di Adrià, come Èspesso, il primo caffè solido della storia, Coffesphere, ovvero l’uovo di caffè, e il Caviale di Caffè. O ancora Coffee Lens, le lenti al caffè firmate da un altro chef d’eccezione come Carlo Cracco, ed E-Spoon, il cucchiaino forato progettato dallo chef Davide Oldani, che permette di mescolare lo zucchero nel caffè senza disgregare la crema e preservandone così l’aroma.
Da decenni di ricerca e sperimentazione sul caffè sono nati nuovi modi di intendere l’espresso, prodotti nuovi destinati al consumo fuori casa che hanno riscosso immediato successo di pubblico attraverso una vasta gamma di ricette sempre nuove, vere e proprie gourmandises per intenditori alla portata di tutti.
Alla notizia diffusa da Lavazza facciamo seguire due commenti apparsi ieri rispettivamente sul Corriere della sera, a firma Marisa Fumagalli, e su La Repubblica, a firma Licia Granello
di Marisa Fumagalli
Il re degli chef? A Copenhagen “Come to Italy with me – Vieni in Italia con me”, recita la ricetta di Massimo Bottura che ieri sera ha aperto la cena di gala dei 50 Best, la festa evento della gastronomia mondiale giunta alla decima edizione. Peccato che la deliziosa rivisitazione salata della granita siciliana al caffè (il supercuoco modenese è fresco testimonial di Lavazza) suoni come un minuscolo premio di consolazione a fronte della debacle subita dagli chef italiani.
Dimezzata la presenza italiana, solo tre nomi nei primi cinquanta ristoranti del mondo (come la Svezia)
Massimo Bottura, Massimiliano Alajmo e Paolo Lopriore, mentre Carlo Cracco, Nadia Santini e Davide Scabin sono usciti di classifica. Rispetto alla scorsa edizione, la classifica ha mantenuto inalterate le prime tre posizioni: per il terzo consecutivo, ovvero da quando Ferran Adrià ha annunciato la chiusura di El Bulli, il danese René Redzepi è stato confermato il primo del mondo, seguito a ruota dai fratelli Roca di Girona e da un altro spagnolo, il basco Luis Andoni.
Alle loro spalle, qualche piccolo soprassalto, solo apparentemente di poco conto, come la promozione del brasiliano Alex Atala, avanzato di tre posizioni, e dell’americano Thomas Keller, con il suo super ristorante newyorkese Per Se (l’altro ristorante di Keller, il californiano French Laundry, è inserito a quota 43). In realtà, dietro i voti degli 850 foodies che visitano ogni anno i migliori ristoranti del mondo si muovono sogni e interessi di Paesi interi. Perché la gastronomia è diventata un business straordinario, essendo allo stesso tempo linguaggio culturale e collante sociale. Così, dalla Svezia al Brasile, da San Francisco a Hong Kong, governi e istituzioni inventano nuove occasioni di intervento e supporto.
I cuochi migliori diventano ambasciatori di lifestyle: facce, storie e ricette da spendere come creazioni d’alta moda, automobili, gioielli preziosi. Fin troppo facile dire che a fronte di tanti sforzi e investimenti, l’Italia si conferma in imbarazzante retroguardia, malgrado la nostra cucina d’autore sia in gran spolvero, come forse mai prima d’ora. Dovremmo comunicare, organizzare, supportare tanto talento in espansione dal Piemonte alla Sicilia. Niente di tutto questo. I eri sera, nei saloni della Guild Hall, a fare il tifo per cuochi tailandesi e cinesi, svedesi e portoghesi erano presenti dirigenti, amministratori, presidenti di camere di commercio.
di Licia Granello
Nessuno di questi era italiano Per fortuna, la famiglia mondiale degli chef continua ad amarci, come testimonia la standing ovation tributata a Massimo Bottura. Applausi a scena aperta anche per Elena Arzak, figlia del glorioso José Maria, padre della cucina moderna di Spagna, premiata come migliore cuoca del mondo, e per Keller, insignito del Lifetime Achievement Award, una sorta di Oscar alla carriera. A brillare per assenza, invece, due grandi di Francia, Joel Robuchon e Pierre Gagnaire, e l’inglese Heston Blumenthal, a sua volta presente in classifica con due locali. Festa grande, alla fine, per Luis Andoni, che gli altri chef hanno eletto cuoco dell’anno, e per i catalani fratelli Roca. A un passo dal loro magnifico locale di Girona, il progetto di un orto dedicato al recupero delle antiche varietà vegetali gestito da ragazzi di comunità di recupero coniuga al meglio le tre stelle Michelin con il “buono, pulito e giusto” di Slow Food.