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LAVAZZA – Altra linea produttiva a Gattinara

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MILANO – Diventa sempre più aspro il braccio di ferro tra Lavazza e lavoratori dello stabilimento di Settimo Torinese sul rinnovo del contratto integrativo. I rapporti sono sempre stati difficili nel sito torinese, specie dopo che l’azienda, superata una fase di crisi con il nuovo ad Antonio Baravalle, ha chiesto maggiore flessibilità, come nel polo vercellese di Gattinara.

E venerdì la Flai Cgil ha annunciato che Lavazza avrebbe deciso di far scattare da gennaio la Cassa integrazione per una parte dei dipendenti di Torino. Il prossimo incontro è fissato per il 1° dicembre ma i sindacati hanno chiesto, in una lettera al sindaco Piero Fassino, l’apertura di un tavolo istituzionale.

«L’azienda – riferisce Flai Cgil – non ha specificato quanti saranno i lavoratori interessati e per quanto tempo. Inoltre, sempre dal primo gennaio, la produzione di 40mila tonnellate di caffé, pari al 50% dei volumi annui dello stabilimento torinese, sarà trasferita a Gattinara».

Vero o tattica contrattuale? Il polo di Gattinara ha queste potenzialità di lavorazione? Certamente oggi no: fino a tutto il 2014 a Settimo Torinese si produrranno le classiche confezioni di caffè mentre da Gattinara usciranno solo le capsule destinate ai sistemi espresso A Modo mio. Ma, grazie a un investimento milionario (60 milioni a regime), dal prossimo gennaio a Gattinara sarà disponibile una linea Roast&Ground, cioè un impianto che provvederà a torrefare e confezionare il caffè. Da tempo a Corso Novara ripetono che il contratto integrativo di Gattinara consente di realizzare una produttività superiore di almeno il 20% rispetto a Settimo, ma i sindacati oppongono che le due produzioni sono molto diverse e non confrontabili.
Da corso Novara preferiscono non commentare le notizie sulla Cassa integrazione e sul trasferimento massiccio di produzione. Si limitano a sottolineare che la posizione dell’azienda è chiara da tempo: ora lasciamo che la trattativa segua il suo corso.

Dal fronte sindacale Denis Vayr, della Flai Cgil di Torino, sostiene di non curarsi «se quello dell’azienda sia un bluff o meno. Ci ha detto che se le organizzazioni sindacali firmano l’accordo che abbatte costi e posti di lavoro le eccedenze potranno essere recuperate con l’ingresso di nuove eventuali produzioni. Difficile trattare a queste condizioni. Nonostante le molte aperture la strada si fa ancora più in salita».

Vayr si riferisce al fatto che «pur avendo digerito per esempio una contrattazione diversa tra la sede e la fabbrica, l’azienda vorrebbe ridurre gli organici sulle linee, continuare la produzione anche durante le pause mensa, fare la manutenzione di sabato e prevedere dieci sabati di straordinario». E poi Vayr rifiuta l’appellativo di “sindacati del no” e precisa: «Noi siamo quelli che hanno firmato l’accordo con Martini&Rossi e Caffarel»

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