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lunedì 04 Novembre 2024
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Lattuada sull’espresso, qualità e prezzo già nel 2012 sosteneva che “Adesso è ora di cambiare”

C'era già arrivato Lattuada anni fa: "Mi viene il dubbio che il barista non sia una persona veramente informata sul prodotto che vende, ma piuttosto sia attratto dalle offerte commerciali del settore. Ci vorrebbe un cambiamento nel modo stesso di pensare, una trasformazione simile al mondo del vino dove il consumatore finale si è trasformato in sommelier casalingo. Conoscendo il prodotto, è consapevole di quello che vuole e, di conseguenza, il mercato si adatta a un pubblico esigente alzando lo standard."

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MILANO – In questi giorni il tema del prezzo del caffè in aumento anche nei bar di tutta Italia, è caldissimo, ma sicuramente non è una novità. Del costo legato alla qualità della bevanda erogata se ne discuteva già nel 2012, attraverso il punto di vista di Andrea Lattuada, al tempo coordinatore Scae Italy, che aveva aperto un dibattito interessante sul sito www.lenuovemamme.it nell’articolo di Sara Uliana, con focus sul mondo di formazione, competenza e ricerca che dovrebbe esser incarnato nella figura del barista e che spesso, invece, è un operatore poco preparato.

Il risultato in tazzina? E’ abbastanza intuitivo completare con la risposta. Noi condividiamo oggi questa riflessione che, sebbene siano passati svariati anni dalla sua prima esposizione, è tuttora più che attuale.

Lattuada: che cos’è la preparazione del barista, senza giri di parole

E giudica molto negativamente il recente cambio di torrefatto nella più grande catena di bar in Italia. (si riferisce al cambio di fornitore nella catena Autogrill avvenuto nel 2012 – n.d.C.)

“Non c’è niente di più semplice che entrare in un bar e chiedere un caffè. Quante volte lo facciamo in una settimana? E’ un gesto abituale quasi quanto pettinarsi alla mattina. Prima di arrivare in ufficio, dopo aver accompagnato i bambini a scuola o anche solo in una pausa casalinga, tra la sistemazione delle camere e la pulizia del bagno. Che cosa stiamo bevendo veramente? ”

Lattuada continua senza fare sconti: “Noi italiani ci sentiamo la patria della tazzina. Forti della nostra tradizione e sicuri di quello che stiamo consumando. Abbiamo ditte storiche, in roccaforti della tradizione della torrefazione. Chi veramente produce la materia prima? Nel nostro Paese non viene raccolto nemmeno un chicco. Non producendo la materia prima, forse è azzardato considerarsi all’avanguardia e forti di una tradizione che, effettivamente, non nasce qui. Sento puzza di borsa fatta in Cina, assemblata negli stabilimenti toscani e marchiata “made in Italy”. Che poi in negozio paghiamo un botto e sfoggiamo come se fosse frutto di artigianato locale.

Chi è poi quell’uomo che, prima di servircelo al banco, ha valutato bene cosa acquistare?

Mi viene il dubbio che il barista non sia una persona veramente informata sul prodotto che vende, ma piuttosto sia attratto dalle offerte commerciali del settore. Ci vorrebbe un cambiamento nel modo stesso di pensare, una trasformazione simile al mondo del vino dove il consumatore finale si è trasformato in sommelier casalingo. Conoscendo il prodotto, è consapevole di quello che vuole e, di conseguenza, il mercato si adatta a un pubblico esigente alzando lo standard.

Altro campanello d’allarme che mi fa dubitare della nostra approfondita conoscenza è il modo stesso in cui nominiamo il caffè. Siamo attratti dalla marca e non dalla provenienza (nel caso del vino chiediamo prima l’uvaggio e successivamente il nome della cantina e magari l’annata). E’ come dire che se gli eschimesi hanno tanti modi diversi di definire la neve, un motivo sicuramente c’è.

Noi con “espresso” indichiamo tutto e niente.”

Lattuada lancia la provocazione: “Avete mai fatto caso a quello che sta succedendo ora nella più famosa catena di bar ristoranti lungo le nostre autostrade?”

“Chi viaggia per lavoro si sarà sicuramente accorto del cambio di marca nel più diffuso bar italiano. Questa nuova politica fa vedere al consumatore finale il caffè in bella mostra e invita a sentirne l’aroma. Sopra al bancone trovare un bellissimo plexiglass trasparente con i chicchi che stanno usando per preparare il vostro espresso. Io non ho tanta esperienza del settore, ma un minimo di formazione chimica ancora mi è rimasta. Fidatevi, quei chicchi sono di una qualità bassissima. E’ come dire che ci vendono un prodotto discutibile e noi nemmeno ce ne rendiamo conto. – conclude Lattauda – E’ il momento di cambiare e non farci prendere per il naso, in tutti i sensi. Facciamoci delle domande e poniamole alle persone giuste. Non possiamo farci fregare così palesemente.”

Sara Uliana

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