In alcuni paesi produttori c’è chi sostiene che un’adeguata lavorazione può ridurre
l’amaro in tazza del caffè Robusta rendendo questa varietà più accettabile e gradevole. Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, esprime la sua opinione sui procedimenti della fermentazione, come quello che prevede la muffa koji, e i loro vantaggi. Riportiamo di seguito il suo intervento.
di Andrej Godina
Le proprietà del caffè
MILANO – “Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo e viene preparata soprattutto utilizzando il metodo a filtro. Guardando la bevanda da un punto di vista sensoriale è necessario sottolineare come la composizione chimica del caffè sia estremamente variegata e complessa. I composti chimici presenti nel caffè tostato sono più di 2000 e molti di questi sono estratti dall’acqua calda e portati nella bevanda.
Il metodo di estrazione del caffè più efficace nel trasportare il maggior numero di composti chimici in bevanda è l’espresso. Grazie all’elevata pressione dell’acqua di percolazione, di norma 9 bar, l’acqua è in grado di disciogliere e emulsionare una quantità impressionante di composti chimici la maggior parte dei quali sono aromi volatili.
L’equilibrio gustativo del caffè è fatto da 3 gusti, tra cui l’amaro che c’è sempre assieme al dolce e l’acido, che ci sono quando vengono soddisfatti alcuni requisiti. Tra questi c’è in primis la specie botanica. L’Arabica è la specie più giovane in termini di nascita e ha 44 cromosomi, a differenza delle altre specie più antiche che ne hanno solamente 22. Un altro fattore che incide di molto sui gusti del caffè è il profilo e il colore di tostatura.
I colori di tostatura chiari e le curve di cottura corte in termini di tempo enfatizzano l’intensità dell’acido e del dolce, colori di tostatura scuri e tempi di cottura molto prolungati rendono il gusto amaro più intenso.”
L’intensità del gusto secondo Andrej Godina
Andrej Godina spiega: “Un terzo fattore che influenza l’intensità del gusto amaro in modo significativo è la ricetta di estrazione, infatti quando la bevanda è sovra estratta a causa di un eccessivo tempo di contatto acqua/caffè e/o a una temperatura dell’acqua troppo elevata, produrrà in tazza un amaro e un’astringenza molto intensi. Attenzione inoltre alla qualità dell’acqua che si utilizza, infatti acqua con una quantità di sali non appropriata e con la presenza di cloro rende il caffè più amaro.
Dall’evidenza di questi macro tre fattori è facile sostenere che l’amaro del caffè può essere controllato e tenuto basso in bevanda semplicemente procedendo come segue:
- Scegliere la specie botanica meno amara. In questo caso l’Arabica, in media, vince in modo assoluto rispetto la Canephora anche se si vanno a utilizzare cultivar creati utilizzando l’Hybrido de Timor quale materiale genetico per gli incroci. È questo il caso delle famiglie varietali dei Catimor e dei Sarchimor.
- Utilizzare tecnologie moderne per la tostatura performando profili di tostatura e raggiungendo colori di tostatura che enfatizzano la presenza dei gusti acido e dolce, penalizzando la presenza intensa del gusto acido.
- Erogare il caffè con ricette di estrazione e con una qualità dell’acqua in grado di attenuare la presenza del gusto amaro.
Confrontiamo quindi ulteriormente la specie Canephora e l’Arabica. Naturalmente la Canephora produce una bevanda più amara, meno acida e meno dolce dell’Arabica, principalmente perché la sua composizione chimica è molto differente.”
Cenephora e Arabica secondo Andrej Godina
Godina illustra: “Per esempio la Canephora ha un contenuto di caffeina che in media è il doppio di quella dell’Arabica e che contribuisce alla percezione dell’amaro del caffè per un 15-20%. La Canephora nelle sue varietà Robusta e Conillon sono coltivate in alcuni paesi produttori per la maggiore resistenza alle malattie e per la maggiore quantità di caffè che sono in grado di produrre, rispetto all’Arabica.
Esiste in natura un materiale genetico molto interessante, l’Hybrido di Timor, un incrocio naturale tra Arabica e Robusta, sopra menzionato, che ha 44 cromosomi e che è spesso utilizzato per la creazione di nuove cultivar più resistenti alle malattie, maggiormente produttive ma con un profilo sensoriale di tazza meno pregiato di quello delle varietà di Arabica pure.
Quindi con nuove cultivar si riescono ad avere maggiori vantaggi produttivi nel mondo dell’Arabica senza avere in tazza un amaro più pronunciato.
Ci sono inoltre altri composti chimici dal gusto amaro maggiormente presenti nella Canephora come per esempio gli acidi clorogenici. È vero che questi vengono degradati in tostatura ma i composti risultanti da questa degradazione continuano ad avere un gusto amaro.”
Il prezzo
“Nei paesi di produzione le fasi della raccolta dei frutti dagli alberi e il processo di lavorazione hanno un’influenza importante sul profilo sensoriale del caffè. Prima di entrare nel dettaglio è necessario premettere che il commercio internazionale del caffè verde è costituito da una filiera molto lunga in cui il prezzo del caffè verde è regolato dalle borse merci di Londra e New York.
Questo meccanismo di fissazione del prezzo che è pagato al produttore di caffè è completamente dominato da logiche speculative che poco hanno a che fare con l’incontro della domanda e dell’offerta e con la copertura dei costi di produzione del caffè. Un prezzo basso pagato al produttore di caffè significa che la produzione dei chicchi seguirà logiche di risparmio e l’ottenimento di caffè di bassa qualità e molto probabilmente a tazze di caffè molto amare.”
Un risultato disomogeneo
“Per esempio i raccoglitori che lavorano in piantagione durante la raccolta sono spesso pagati troppo poco e raccoglieranno le drupe in modo sommario con un risultato disomogeneo con la contemporanea presenza di frutti immaturi e sovra maturi. Il caffè quando è pagato troppo poco non permette al coltivatore di fare formazione, di porre maggiore attenzione al metodo di processamento.
Ora, analizzando il tema della presenza dell’amaro in bevanda da un punto di vista tecnico, in particolare considerando specie Canephora, è vero che c’è la possibilità di produrre il caffè con maggiore attenzione e qualità per ottenere una bevanda più gradevole e meno amara, ma ciò comporterebbe che si arriverebbero a pagare dei prezzi per la Robusta maggiori rispetto a specifiche produzioni di Arabica.
Innanzitutto per avere un caffè Canephora meno amaro è necessario partire con un processo di raccolta delle drupe particolarmente attento che preveda la raccolta solamente dei frutti perfettamente maturi e a seguire continuare con un processo di lavorazione che ne possa attenuare le spigolosità sensoriali, per esempio con un processo lavato ben eseguito.”
Il processo di fermentazione secondo Andrej Godina
“Il frutto del caffè, che sia di specie Arabica o Canephora, poco dopo la raccolta, inizia spontaneamente un processo di fermentazione che ne cambia la composizione chimica.
Di certo è che il processo lavato, ovvero quello che prevede l’utilizzo di acqua e l’eventuale periodo di “soaking”, ovvero di “riposo in acqua” prima dell’asciugatura, è indicato per diminuire nei chicchi il contenuto di composti chimici idrosolubili che possono portare in bevanda un gusto amaro indesiderabile. La fermentazione del chicco post produzione o la sua lavorazione con colonie di muffe può essere un’ulteriore fase di miglioramento della qualità di tazza della Canephora ma a quale costo?
Nel contesto della Canephora e del suo gusto amaro mi faccio una domanda: “Perché dover cercare nuovi sistemi di processamento di una specie botanica che ha come caratteristica naturale quella di produrre un caffè molto amaro e spesso astringente, quando c’è l’Arabica che è naturalmente più piacevole della Robusta?”
La specie Arabica è una pianta straordinaria, coltivata in tutto il mondo in tantissime varietà differenti che è in grado di esprimere in bevanda una miriade differente di flavori straordinariamente piacevoli senza l’inconveniente di un eccessivo amaro. In particolare lo dimostrano i caffè Arabica di categoria Specialty che sono in grado di esprimere bevande in cui l’amaro è davvero bassissimo.
Quindi rimango assolutamente favorevole a sperimentazioni di laboratorio per il miglioramento qualitativo del caffè ma sono altrettanto contrario a cercare vie da applicazione a livello produttivo prima di aver risolto il grande problema del giusto prezzo pagato al coltivatore che gli permetta di produrre un caffè di grande qualità a partire dal materiale genetico migliore per il terroir della sua piantagione.”