MILANO – La legge californiana parla chiaro: i caffè venduti nello Stato nel sud della West Coast saranno etichettati. Un esempio per tutti: da Starbucks, i famosi bibitoni avranno indicato l’avvertenza «contiene sostanze che possono nuocere alla salute e provocare anche il cancro.» Lo stesso le confezioni di torrefatto. Incriminata è infatti una sostanza prodotta nel processo di tostatura del caffè, l’acrilamide.
L’acrilamide incriminata mette nei guai il settore
E’ stato un gruppo no-profit a denunciare torrefattori, distributori e dettaglianti di caffè. Basandosi su una legge californiana che richiede l’allerta ai consumatori su un’ampia gamma di sostanze chimiche che possono provocare il cancro.
L’acrilamide è un agente cancerogeno
Si trova presente tra l’altro (ma non solo) nel caffè. Secondo l’ong, il consumo di caffè aumenta il rischio di danni al feto, ai bambini e agli adulti.
Un processo che va avanti da otto anni e non è ancora concluso
L’industria del caffè sostiene che la sostanza chimica è presente a livelli innocui. Secondo il magistrato, Elihu Berle, invece Starbucks e le altre società che vendono il caffè lungo, tanto amato dagli americani, non hanno dimostrato che il pericolo è insignificante. Come invece avrebbero dovuto.
Adesso il giudice dovrà stabilire eventuali sanzioni civili. Le multe in via teorica potrebbero arrivare fino a 2.500 dollari a caffè ogni giorno per otto anni. Una cifra dunque astronomica in uno Stato che ha quasi 40 milioni di residenti.
La reazione dei torrefattori americani
L’associazione che raggruppa i torrefattori americani, la National Coffee Association, ha emesso un comunicato in cui sottolinea come la etichette possano fuorviare i consumatori in quanto “secondo le direttive guida dietetiche del governo americano il caffè fa parte di uno stile di vita salutare”.
Silenzio ancora da Starbucks
La decisione del giudice californiano non è comunque definitiva: le aziende avranno tempo fino al 10 aprile per ricorrere in appello.
Una vicenda complessa
Ma vediamo gli esatti contorni della vicenda inquadrandoli in dettaglio anche nella legislazione dello Stato della California che è molto particolare.
Perché per meglio comprendere il provvedimento va spiegato che in California vige la cosiddetta Proposition 65 (nome completo: “California Safe Drinking Water and Toxic Enforcement Act”).
Proposition 65 warning in California
Andiamo con ordine. Secondo l’associazione no profit a rendere potenzialmente nociva la bevanda è la presenza di acrilammide. Come è noto la sostanza non è contenuta nel caffè, ma che ha origine nel processo di tostatura dei chicchi.
Ricerche sui topi hanno dimostrato che si tratta di una sostanza che provoca lo sviluppo di alcuni tumori.
Ma non è affatto chiaro se, e in quali quantità, la medesima sostanza possa nuocere anche all’uomo.
Al momento gli effetti cancerogeni dell’acrilammide sull’uomo sono tutti da dimostrare. Anche se il sito web del National Cancer Institute (Nci) americano che pubblica la relazione del National Toxicology Program sugli agenti cancerogeni ritiene che «l’acrilammide sia ragionevolmente considerabile cancerogeno per l’uomo».
Nel dubbio e in attesa di eventuali altre certezze l’associazione ha chiesto e ottenuto che i bevitori di caffè siano messi in guardia su quello che bevono.
La sentenza è arrivata tra mille polemiche e con l’opposizione dei rivenditori di caffè che sostengono che, al contrario il caffè, faccia parte di una corretta dieta. Visti i numerosi benefici per la salute derivanti da un suo corretto consumo, confermati dalla scienza medica.
Allo stesso modo, i rivenditori di caffè sostengono che l’acrilammide, di fatto, si sprigiona ogni qualvolta si verifichi un processo ad alte temperature.
Ma c’è anche nel pane
Cosa che lo rende presente anche, per esempio, nelle patatine fritte e anche in pane e biscotti.
Resta il fatto che il caffè, una bevanda complessa che comprende centinaia di composti chimici tra i quali l’acrilammide ha un ruolo decisamente secondario, è stato considerato non cangerogeno meno di due anni fa dall’Oms.
E questo dovrebbe rassicurarci molto di più di quanto possano preoccuparci delle scritte sulle tazze della California.
Che cosa dice esattamente la Proposition 65
Per meglio comprendere il provvedimento va spiegato che in California vige la c.d. Proposition 65 (nome completo: “California Safe Drinking Water and Toxic Enforcement Act”).
La legge è nata, per iniziativa popolare, nel 1986. L’intento originario era di proteggere le persone dalla presenza, nelle acque destinate al consumo umano e nelle loro fonti, di sostanze tossiche, mutagene e cancerogene.
Essa promuove la redazione di un elenco di sostanze ritenute pericolose. La lista, che viene periodicamente aggiornata, comprende attualmente oltre 800 sostanze. La sua versione più recente è scaricabile a questo link.
Per effetto di questa legge, qualsiasi azienda produttrice con più di 9 dipendenti, per immettere i propri prodotti in commercio ha un obbligo. Quello di valutare l’eventuale presenza di sostanze pericolose.
E deve darne evidenza al consumatore mediante l’apposizione, sul prodotto stesso, di appositi segnali di allarme.
La Proposition 65 infatti non vieta l’impiego di sostanze ritenute pericolose. Ma impone l’obbligo di informare adeguatamente il consumatore. In modo che lo stesso utente sia conscio dell’eventuale rischio a cui è sottoposto acquistando il bene in questione.
L’applicazione della normativa, la supervisione sulle sostanze pericolose e la redazione della lista avviene a cura di un ente statale californiano. Si tratta dell’Office of Environmental Health Hazard Assessment (Oehha).