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La tradizione del caffè a Napoli, tra mito, storia e solidarietà

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NAPOLI — Il caffè a Napoli è una cosa seria, e non è facile parlarne! Non è come raccontare di una qualunque altra bevanda. È una scommessa con la propria nascita, con la propria educazione e con le proprie abitudini. In questo caso, anche con il proprio lettore.

Il caffè a Napoli non può essere descritto come una qualsiasi bibita, di cui indicare benefici e controindicazioni. Appellato spesso con l’emblematica espressione “oro nero”, il caffè a Napoli è simbolo di socialità, di incontro, di convivialità.

Con il suo profumo riconoscibilissimo, che ci salva miracolosamente tutte le mattine da risvegli più o meno piacevoli, esso incarna perfettamente il calore, l’empatia, la freschezza e il bisogno di contatto umano che sono sempre state additate come caratteristiche del più autentico spirito napoletano.

Come è arrivato il caffè a Napoli …

Diverse storie circolano sulla diffusione del caffè a Napoli. Quella più nota racconta che il caffè, scoperto dalla città europea di Vienna, divenne centro degli elegantissimi Caffè viennesi, che ne avrebbero consacrato la fama.

Fu poi Maria Carolina D’Asburgo, sposa del re Ferdinando IV di Borbone e grande bevitrice di caffè, a volerlo introdurre nei costumi di corte. Prima della sua fatidica scelta, il caffè circolava già a Napoli, ma demonizzato dalla Chiesa che, per il suo colore scuro, lo considerava la bevanda di Satana.

Un’altra delle leggende più popolari circa la diffusione del caffè a Napoli riguarda il musicologo Pietro Della Valle. Stabilitosi a Napoli per un certo periodo, egli sarebbe partito per un viaggio in Terra Santa dove vi avrebbe trascorso dodici anni.

Al suo ritorno, avrebbe portato con sé una squisita bevanda chiamata kahave, già acclamata in alcune lettere scritte ai suoi amici durante la lontananza.

Altre versioni, invece, riconducono l’arrivo del caffè a Napoli ad Alfonso d’Aragona, le cui navi trasportavano in tutto il Mediterraneo (compreso il territorio partenopeo) prodotti derivanti dall’Oriente, tra cui si annovera il caffè.

… e quando è diventato popolare

Si dovrà attendere l’Ottocento perché per le strade di Napoli si diffonda il buon odore di caffè: a partire da questo secolo, infatti, i vicoli meridionali si affollano di venditori ambulanti di caffè che contribuirono alla divulgazione di questa moda.

Anche l’usanza del cosiddetto caffè sospeso risulta essere uno dei nerbi dell’anima partenopea.

Sospeso, in quanto chi si apposta al bancone per consumare un caffè –perché il vero caffè napoletano deve, secondo i più, consumarsi al bancone, accompagnato da un bicchiere d’acqua e magari da qualcuna delle dolcezze tipiche della pasticceria napoletana– ne paga due per consentire questa piccola coccola anche ai meno benestanti.

Un atto solidale, un gesto di umanità che ci contraddistingue e contribuisce a fomentare la nostra identità sociale. Il caffè appare proprio, per essere poetici, il sangue stesso dei napoletani, il loro veneratissimo oro nero.

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