MILANO – Le origini del cioccolato di Modica, ma anche le tesi storiche sui presunti tra la Monaca di Monza e la famiglia modicana de Leva ha dato la stura a un animato ed erudito dibattito sui media tradizionali e i social, che ha coinvolto vari esponenti della cultura locale. Riportiamo di seguito, un contributo del dottor Carmelo Cataldi apparso sul tito Ragusa Oggi, che affronta il tema offrendone un’approfondita disamina storica esprimendo una voce fuori dal coro.
Da qualche giorno, intorno alla pseudo-storia dei legami tra la Monaca di Monza e la famiglia de Leva di Modica, è nata una “querelle” storico-culturale tra me e il Professore Uccio Barone, diatriba che, se da un lato sembra avere delle sane motivazioni dottrinali, dall’altra sembra invece averne di ben altro genere, tanto da sfociare poi in una polemica sterile e senza alcuna via d’uscita.
Proprio quest’ultime motivazioni, quelle più “pepate”, mi hanno messo in una sinistra luce mediatica, tanto da essere definito come colui che vuol fare polemica ad ogni costo, anche a quello di smitizzare mostri sacri come i Grimaldi/Caser, il cioccolato a Modica ed infine anche la leggenda della parentela tra i de Leyva di Monza ed i de Leva di Modica; per ultimo sono stato anche tacciato di essere un “parvenu”che sgomita
in un ambito che non è e non deve essere il suo.
Ora se l’invito fatto nell’ultima occasione “epistolare” con il Prof. Barone l’ho dovuto declinare per motivi che ho già ben specificato in un’appropriata risposta mediatica, a questo secondo invito desidero, visto il diverso approccio dello stesso, più professionale e speculativo, aderire e rispondere in merito, con serietà e quanto più possibile rigore scientifico.
Nel passato avevo letto interventi del Professore sul cioccolato a Modica, con indicazioni altalenanti sulla sua effettiva originarietà modicana e speravo che in quest’ultimo suo articolo su Ragusa Oggi mi desse qualche novità documentaria in merito, ma invece nulla di più si ha di quello che in passato è già stato enunciato e detto.
Sulla scorta di questa ulteriore assenza di dati oggettivi e storici sulla “nascita” del cioccolato a Modica e rispetto a quanto io stesso ho già documentato, con attività pubblicistiche, susseguenti alle scoperte documentarie d’archivio, devo ancora una volta affermare, che, come umoristicamente descritta dal Professore, la “storia” del cioccolato di Modica è un’autentica “bufala”.
Tutto quello che finora ha rappresentato il Professore Uccio indica soltanto quello che era una forte tradizione di consumo del cioccolato (allora cioccolata, come la conosciamo oggi) nel territorio di Modica, grazie ai Grimaldi/Caser ed ai Lorefice, ma non di una tradizione “manifatturiera” autoctona.
Peraltro, solo il fondo Grimaldi/Caser, depositato presso la Sezione di Modica dell’Archivio di Stato di Ragusa, rispetto agli altri fondi (quelle delle Corporazioni Religiose), dove vi sono scarsissimi riferimenti, anche solo al consumo di cioccolata a Modica, può dare uno spaccato completo di quella che fu la tradizione del consumo, non della produzione (seppur per onestà intellettuale debbo dire, che vi furono delle pseudo-produzioni locali di cioccolato, con personaggi propri di Casa Grimaldi/Caser, reinventati come “cioccolatieri, dal 1785 al 1795) del cioccolato a Modica dal 1693 al 1805.
Perchè queste date e non quella del 1746 che la dr.ssa Dormiente ha fornito a Bruno Vespa in occasione di una trasmissione di Porta a Porta e non solo, ma anche nel suo volume sul cioccolato a Modica e di cui sembra siano state ritirare o sospese le copie dalla distribuzione editoriale?
Il Professore Uccio vuole dare supporto alla tesi della Dormiente mantenendo un profilo accademico e rigoroso e afferma che in quella data (il 1746) è certificata: “/…l’esistenza di una produzione autoctona./”, non precisando peraltro quale sia il secondo documento che certifica questa produzione.
Riepilogo brevemente io: La dr.ssa Dormiente basa la sua tesi su una ricevuta a favore di un tale G.pe Scivoletto, datata 30 gennaio 1746, per il trasporto di un carico di frasche e legna e carbone a favore di Casa Grimaldi/Caser e su una seconda ricevuta, del 14 dicembre 1746 (cioè 11 mesi dopo la prima citata) “staccata” ad un anonimo “/cicolatiere/”, non per una cotta di cioccolata, come afferma il Prof. Barone, ma per 8 libbre di cacaos e 10 once di cannella, una ricevuta che dimostra solo un approvvigionamento di alcuni ingredienti, nemmeno tutti, perché mancano le libbre di zucchero ed altro per fare poi una
vera e propria “cotta” di cioccolato, di cui qui svelo il peso esatto: 12,434 Kg.!
In questo modo si credeva di aver sdoganato, probabilmente, nel destinatario mediatico finale, un messaggio subliminale, e cioè quello per cui, attraverso l’identificazione di un carbonaio/cioccolatiere, di cui si voleva dimostrare l’indimostrabile, si potevano trovare ancora oggi discendenze nel mondo della produzione e commercializzazione del cioccolato a Modica.
Invece il cioccolato a Modica ha, come ho scritto al Sindaco di Modica Ignazio Abbate, al Presidente del Consiglio Comunale ed a tutti gli Assessori e Consiglieri Comunali, il 4 giugno scorso, con lettera protocollata n. 27887 e a loro consegnata, come ulteriormente confermato dall’Ufficio Protocollo del Comune, ben altre date, contesti e rilievi storici a cui fare riferimento, tutti oggettivamente presenti, rinvenuti e rinvenibili, da parte di chiunque, presso il Fondo Grimaldi/Caser della Sezione di Modica dell’Archivio di Stato di Ragusa.
In esso ho trovato documenti che attestano che già nel 1693, in un’operazione di recupero post-terremoto (già a febbraio del 1693) veniva trovato in cucina un servizio d’argento di cioccolato; servizio che poi, nelle varie doti, anche di quelle monacali di altri membri di Casa Grimaldi (ad esempio di Giuseppe) era presente, come accessorio personale.
Sempre in quel mese vi sono ricevute di acquisto di cioccolato da Palermo ad opera del principe di Casa Grimaldi/Caser, Enrico, e fino al 1708, di cui, in questo caso, il tramite era un gesuita di Palermo, tale frà Pietro Eredia ed il bordonaro, che lo trasportava a Modica, il fratello Ippolito.
Poi la tradizione del consumo e non della produzione, passa prima nelle mani del figlio Grimaldo Grimaldi e poi della vedova Anna Grimaldi Vassallo e quindi del figlio Michele, fino alla sua morte avvenuta nel 1806 (il suo carbonaio, Giuseppe Scivoletto era morto l’anno prima).
Questi sono fatti oggettivamente documentati e facilmente consultabili da chiunque, che rendono effettivamente una “bufala” la storiella raccontata del “cioccolato modicano” nato e sviluppatosi a Modica dal 1746, e poco credibile anche la ricostruzione, a passo di “gazzella”, fatta dal Prof. Uccio, attraverso la citazione di documenti sparsi che nulla producono ai fini di una cronologica e storica documentazione del fenomeno, peraltro solo visto come consumo e non di produzione quasi industriale, come si vorrebbe far credere.
Nel 1731 è accertato documentalmente che tale frà Germano di San Michele, dell’Ordine dei Carmelitani, da Palermo, era già da parecchi anni il forniture ufficiale (aveva sostituito il gesuita frà Pietro Eredia) di cioccolato (non si parla ancora di cotte ma di libbre di cioccolato) per il principe di Casa Grimaldi/Caser, Grimaldi Grimaldi e fino a tutto gli inizi del 1740, quando in maniera preponderante viene a sua volta sostituito da Angelo e Antonino Lo Castro, cioccolatieri di Palermo e questo fino almeno fino al 1795, quando a loro volta sono sostituiti, nella fornitura di cotte di cioccolato per Michele Grimaldi dall’abate Paolo Ascenzo.
Dalla morte di Michele in poi si perdono le traccie dell’acquisto e del consumo di cioccolato della Casa aristocratica che si riversa poi nel 1833 in quella di Calamezzana, che intanto era scesa da c.so San Giorgio a C.so Umberto e quindi del cioccolato a Modica, fino al 1840 circa, quando arrivano a Modica i Bonajuto ed allora sì che nasce la tradizione cioccolatiera, cioè di fabbricazione e commercializzazione, che tutt’ora permane, seppur fino al 1993 quel cioccolato era diverso da quello tradizionale che arrivava a Modica dalla città di Palermo.
Ma nel periodo appenda indicato, ma soprattutto nella seconda metà del XVIII secolo il cioccolato arrivava a Modica non solo da Palermo, in forme e quantitativi eccezionali, ma anche da Malta e soprattutto da Noto.
Già lì, come a Scicli, esisteva una tradizione cioccolatiera che rimontava al secolo precedente; per Scicli l’ha già documentato “Ciccio” Pellegrino”, ma quella era una ricetta spagnola che prevedeva l’uso dell’amido, ricetta ripresa poi dai Bonajuto a Modica per tutto l’800 e il 900, mentre a Noto era quella tradizionale (grazie a dei maestri cioccolatieri, i d’Amore, di Napoli al servizio dei principi Nicolaci di Villadorata) Napoletana/Palermitana, ma anche Maltese.
Questa succintamente è la vera storia del cioccolato a Modica, suffragata da una moltitudine di documenti inoppugnabili del Fondo Grimaldi, che non può essere manipolata a uso e consumo per un business che già sta rilevando i propri limiti e che la copertura mediatica non riesce più a tenere a galla.
Ora, caro Professore, di tutti questi documenti (oltre un centinaio) sono pronto a fornirle i riferimenti di archivio, attendo però allo stesso modo altrettanta documentazione (oggettiva e storica) che possa smentire questa mia tesi ed il fatto che si possa veramente considerare, la tradizione della produzione del cioccolato a Modica, per quella che è: un’autentica “bufala”.
Dr. Carmelo Cataldi