MILANO – Il segreto del caffè più costoso del mondo, quasi 750 euro al chilogrammo, è noto. Vale però l’occaisione di rileggere la storia del Kopi luvak soprattutto se chi la racconta è un esperto come Andrea Slitti.
Come è noto questo caffè così speciale sta nello stomaco e nel culetto di un roditore. È stata abbattuta un’altra frontiera del gusto: la tostatura dei chicchi mangiati, digeriti ed espulsi da uno zibetto esotico produce il caffè più aromatizzato, gustoso e ricercato del pianeta.
Il nuovo prodotto è sbarcato in Italia e l’esclusiva per il nostro Paese se l’è conquistata l’artista del palato Andrea Slitti di Monsummano Terme, ovvero il caffè ed il cioccolato fatti persona.
I pochi sacchi disponibili sul mercato se li è già accaparrati e gli atelier del caffè e i ristoranti più prestigiosi della penisola dovranno passare da lui per poter servire il “cacaffè” (come ho lo hanno ribattezzato i più volgarotti) ai loro clienti più esigenti e danarosi. Una tazzina di questo espresso, infatti, non sarà fatta pagare meno di 5,20 euro.
La prima degustazione Slitti l’ha organizzata nella sua Monsummano, nella splendida cornice dell’agriturismo “Il Maniero” di Cintolese, approfittando dell’invito rivoltogli dalla studiosa Maria Stefania Bardi Tesi, ideatrice del sito di cultura e storia gastronomica www.saperedaisapori.com. Al tavolo anche il prefetto di Pistoia Antonio Recchioni, raggiunto per l’occasione da Bari dal suo predecessore Nicola Perna, e il sindaco di Monsummano Calvetti.
A tutti il caffè è stato fatto assaggiare prima di rivelare l’arcano. Anche perché, altrimenti, qualcuno avrebbe sicuramente dribblato la tazzina dopo aver saputo delle particolari caratteristiche del prodotto. Invece, no. Tutti (cuochi, giornalisti, addetti ai lavori, autorità e semplici buongustai) hanno degustato, mostrando di gradire e di apprezzare l’intensità di questo caffè.
Qualche sguardo smarrito ed anche qualche boccaccia dopo l’illustrazione sulle origini dei chicchi da parte di Slitti, ma c’era da aspettarselo. Nessuno, tra i commensali, avrebbe potuto pensare di chiudere una succulenta cena a base di pesce con un caffè alla cacchetta.
«Ma quale cacchetta – sono pronti a replicare gli esperti – questo è un autentico nettare, soprattutto se abbinato ai cioccolatini made in Slitti. È corposo, liquoroso, con sapore di erbe aromatiche e confettura di arance amare. Il retrogusto, denso e molto persistente, regala un’improbabile essenza di rabarbaro».
Il nettare in questione è il Kopi Luwak, questo il nome del “cru di caffeina” più caro ed esclusivo. Viene dall’Indonesia e “kopi” significa appunto caffè in indonesiano. I Luwak sono invece gli animali che recitano il ruolo dei primi tostatori dei chicci. Sono dei predatori notturni (“Paradoxurus” è il nome scientifico del mammifero), delle specie di volpi che vivono sugli e attorno agli alberi.
Sono grandissimi frequentatori delle piantagioni, perché vanno ghiotti delle bacche rosse del caffè. Praticamente, le divorano come gli uomini fanno con le ciliegie. «Con una differenza sostanziale – sottolinea Paolo Marchi di “Identità Golose”, congresso italiano di cucina d’autore – che noi i noccioli li sputiamo, loro no, li ingurgitano e poi li espellono, naturalmente in direzione opposta rispetto alla bocca».
Ma a cosa sono dovuti l’aroma e il gusto talmente diversi ed originali (penetrante fino ad inebriare il primo e dolcissimo il secondo, basta una mezza puntina di zucchero)? È presto detto: ai succhi gastrici del Luwak, ricchi di enzimi particolarmente zuccherini in grado di tostare naturalmente i chicchi, che poi vengono ovviamente tostati normalmente una volta recuperati dalle cacchette.
La leggenda vuole che l’idea di raccogliere e utilizzare a scopi alimentari le feci del roditore indonesiano (chiamato anche “Civetta delle palme di Sumatra”, anche se è tutto fuorché un uccello) sia stata originariamente degli indigeni, che ritenevano pigramente più semplice e comodo raccogliere i chicchi evacuati piuttosto che prenderli direttamente dalle piante.
Ora, però, il rischio è che un gruppo di Luwak stitici possa mettere in crisi il mercato mondiale dei palati fini…
Fonte: Il Tirreno