MILANO – La storia della Nutella – che proprio di recente ha compiuto 60 anni – è intrecciata chiaramente al destino di una famiglia, quella Ferrero, che è cresciuta da piccola bottega artigiana di Alba a grande impresa industriale presente in tutto il mondo – una storia che spesso si ritrova in tante attività del made in Italy -: Luigi Ballerini, autore de “La Fabbrica della Supercrema” ha colto lo spirito dietro questo marchio, che con i suoi prodotti ha saputo rappresentare un’Italia in ripresa dal dopo-guerra sino ad oggi.
A lei immagino piaccia la Nutella: nelle sue ricerche ha capito meglio il segreto di questa supercrema?
“Sono goloso di Nutella sin da quando ero bambino, è un bel ricordo di infanzia. Il libro però nasce perché sono rimasto affascinato dalla biografia di Michele Ferrero che mi ha rapito essendo innanzitutto un uomo e solo dopo un brand. Mi ha colpito il suo concetto di sviluppo del prodotto, perché tutto quello che ha creato è partito dall’attenzione ai bisogni della gente.
La nonna della Nutella ad esempio, che lui aveva chiamato “Giandujot” è stata realizzata nel dopoguerra, periodo in cui Ferrero aveva appena aperto la sua pasticceria e il cacao era troppo caro, tanto che la cioccolata era diventata un lusso per ricchi.
Era il momento della ricostruzione per il nostro Paese e gli operai avrebbero avuto bisogno di calorie per sostenere i ritmi di lavoro. Ed ecco che Michele Ferrero arriva con la sua intuizione: le nocciole di Alba mischiate con il cacao, hanno dato vita ad una mattonella di cioccolato da affettare per farcire i panini dei lavoratori
Allo stesso modo nasce molti anni dopo il Pocket coffee: nelle autostrade, durante i viaggi dei camionisti quando non c’erano ancora gli autogrill, non era possibile fermarsi per la pausa caffè. Così Michele Ferrero ha creato un espresso “portatile” per potersi ricaricare on the road.
In seguito Michele Ferrero è riuscito a trovare – e questo è diventato uno dei primi segreti della ricetta – un modo per fluidificare la crema; il problema all’epoca era infatti che le creme spalmabili dopo un po’ di tempo separavano l’olio dal resto degli ingredienti.
Michele Ferrero ha trovato invece la maniera di evitare questa stratificazione, migliorando poi ulteriormente la formula della Nutella, e aggiungendovi un altro colpo di genio nel trovare un nome che fosse sia internazionale che italiano (nut per gli americani, il suffisso “ella” che al contrario conserva l’idea di italianità e di spalmabilità).
“Supercrema” non avrebbe avuto lo stesso impatto.
“Un’altra trovata importante è il pensiero di Michele Ferrero precocemente rivolto all’internazionalizzazione, motivo che lo ha spinto ad aprire in Germania una fabbrica, con un gesto di lungimiranza incredibile. Era un imprenditore illuminato, in quanto era in grado di cogliere le potenzialità di un prodotto oltre i suoi confini naturali, all’interno di una visione del lavoro simile al concetto odierno del welfare aziendale.
Costruendo ad esempio i villaggi Ferrero, per dare una casa ai suoi operai ad Alba, e concedendo permessi ai contadini per la vendemmia e la raccolta delle nocciole.
Lo sguardo rivolto al resto del mondo fuori dall’Italia, senza intendere l’estero come decentramento perché, in effetti, Ferrero è rimasta ancora oggi ad Alba con la sua produzione. Mantenendo la promessa fatta al principio dal suo fondatore: “ad Alba siamo nati e ad Alba rimarremo.”
La famiglia Ferrero ha segnato il passo per il made in Italy: cosa ha scoperto di questa impresa familiare che ha conquistato più il mercato globale?
“La continuità che si intravede anche nell’eredità dei nomi che ritornano nelle nuove generazioni, a dimostrazione del passaggio familiare che resiste negli anni. Quello che ha lasciato Michele Ferrero è la storia dei suoi prodotti diventati iconici. Sessant’anni di Nutella, cinquanta dell’ovetto Kinder, ed altri come le tic tac che magari non sono subito associati alla Ferrero.
Oggi l’azienda continua a sfornare nuove ricette che diventano un’ossessione per i consumatori, come i Nutella biscuit. La tradizione continua pur innovandosi: non si porta avanti solo ciò che ha già funzionato, ma le nuove esigenze del mercato, che sono sempre al primo posto nelle strategie dell’azienda, che si adegua ai tempi in cui vive. L’aria di Ferrero che ho respirato nello scrivere il romanzo è quello di guardare al futuro nella cura del prodotto anche qualitativamente.”
Come è riuscito a entrare in questo mondo?
“La Fondazione Ferrero è stata molto cortese nel fornire due volumi interni all’azienda contenenti la loro storia. È stato molto importante avere avuto accesso anche alla documentazione fotografica dell’epoca. Sono stato sostenuto nella raccolta di questo materiale per approfondire la parte culturale.”
Nel romanzo le storie dei personaggi si intrecciano con quelli dell’azienda e del contesto socio-economico: quanto un prodotto commerciale come la Nutella in realtà rappresenta qualcosa di più a livello sociale?
“Dopo essermi documentato sull’azienda e la famiglia Ferrero, mi sono preso diverse libertà da narratore, inventandomi i protagonisti Teresa e Lino, seguendoli per dieci anni. È stata per me l’occasione di raccontare non solo l’impresa, ma il periodo così vivace del dopoguerra italiano, per mostrare come un Paese uscito dalla guerra si sia rimesso in piedi con il lavoro di tutti, operai e imprenditori uniti nella ricostruzione del bene comune.
È stato divertente perché ho descritto un periodo che ho vissuto soltanto in differita dai ricordi di mio padre e di mio nonno. Ho ripercorso in 10 anni i tanti cambiamenti culturali e iconici per il nostro immaginario attuale. Compresa la Nutella. I prodotti e la loro storia si sono intrecciati con l’evoluzione della famiglia italiana. La Nutella in fondo è stato un modo per democratizzare di nuovo il cioccolato.
Portando i dolci alle cucine del Bel Paese.
E sapere la storia aiuta a comprendere come affrontare situazione analoghe nel presente.”
Luigi Ballerini, La Fabbrica della Supercrema, Edizioni San Paolo, costo 15 euro.