MILANO – La Stevia, estratta dalla Stevia rebaudiana, pianta diffusa in particolare in Sud America e Asia. Qui è apprezzata anche per le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Valida (e molto più sana) alternativa allo zucchero, ma anche ai dolcificanti artificiali.
La stevia accompagna il gusto dei nostri dolci
Inoltre, rispetto per esempio all’aspartame, questo dolcificante alimentare non si deteriora alle alte temperature. Grazie a questa sua caratteristica è ideale per la preparazione di torte e bevande calde.
«Avendo potere calorico e indice glicemico nullo la stevia può essere introdotta nell’alimentazione del paziente diabetico perché la sua assunzione non determina la comparsa di picchi glicemici.
Stimola la produzione di insulina
Inoltre, alcuni studi hanno evidenziato come alcuni composti della stevia possano addirittura stimolare la produzione di insulina. Inoltre riduce i valori di glicemia post-prandiale, quindi essere ancora più utili per il trattamento di pazienti con diabete di tipo 2.
La stevia: sicura in gravidanza
La stevia è sicura in gravidanza. Infatti non sono riscontrati elementi da indurre pericolosa la stevia né durante la gestazione né durante l’allattamento», spiega la dottoressa Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista e diet coach.
Gli studi
Eppure l’utilizzo della stevia è stata bandita per molti anni in Europa perché si riteneva che lo steviolo e lo stevioside, principi attivi in essa contenuta, assunti in dosi massicce potessero essere tossici.
In seguito a molte ricerche che hanno dimostrato come il nostro organismo è in grado di smaltire tramite il lavoro di intestino, fegato e reni i composti della pianta potenzialmente tossici. Dal dicembre 2011 una nuova regolamentazione ha permesso l’utilizzo di questa pianta anche nei paesi europei.
Non solo la stevia può aiutare a controllare i livelli di zucchero nel sangue poiché agisce su una proteina responsabile della secrezione di insulina.
A fare luce su questo meccanismo uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio. Pubblicato su Nature Communications che, secondo gli autori.
«potrebbe aprire la porta a nuovi trattamenti per il diabete».
