MILANO – Qualche sera fa ero a cena con un amico che di mestiere fa il “naso”: si occupa cioè di profumi, dell’arte un po’ alchemica di combinare essenze, cristalli, aromi (mi perdonino lui e i suoi colleghi per le imprecisioni) al fine di produrre profumi destinati all’industria cosmetica, a quella sanitaria eccetera.
Il Naso del caffè alla ricerca dell’olfatto perduto
È lui che mi ha svelato – quanto sono ingenua vittima del capitalismo avanzato! – che spesso il profumo di biscotto appena sfornato che promana dalle confezioni di dolci comprate al supermercato deriva in realtà da un additivo chimico, un aroma aggiunto al prodotto, e non è il frutto naturale del processo di preparazione.
Ed è lui che mi ha rivelato quello che fa un naso quando, dopo qualche ora di lavoro con le essenze più disparate, ha la sensazione di aver perduto l’orientamento olfattivo
Odora polvere di caffè. O anche, semplicemente, fa un giro alla macchinetta e ne beve uno nella tazzina di plastica. Basta per ritrovare la neutralità e poter riprendere a lavorare.