MILANO – I dolcificanti possono indurre la stessa dipendenza causata dal consumo di cocaina. Ad arrivare a questa conclusione è stato Francesco Leri, docente di Neuroscienze e Scienza Cognitiva Applicata all’Università di Guelph (Canada), che ha presentato i risultati delle sue ricerche al 2013 Canadian Neuroscience Meeting, il convegno annuale della Canadian Association for Neuroscience – Association Canadienne des Neurosciences (CAN-ACN).
Leri è partito dall’ipotesi che se, nonostante la medesima disponibilità di cibi ad alto contenuto calorico, solo alcune persone li consumano fino a diventare obese, è perché in queste persone si instaura un meccanismo di dipendenza del tutto paragonabile a quello innescato dalle sostanze stupefacenti.
Lo studioso ha somministrato a dei ratti una dieta caratterizzata da dosi elevate di zuccheri, grassi ed esaltatori di sapore come lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio – uno dei principali dolcificanti utilizzati a livello industriale in cibi come cereali, barrette, yogurt, zuppe, condimenti e bibite analcoliche.
L’analisi dei cambiamenti comportamentali, chimici e neurobiologici indotti nei topi dal consumo di questi cibi ha portato Leri alla conclusione che “esistono prove neurobiologiche e comportamentali convincenti che indicano che la dipendenza da cibo è possibile”. La scoperta, spiega lo studioso, potrebbe portare a nuovi farmaci per curare l’obesità.