lunedì 23 Dicembre 2024
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La riapertura, anche solo per l’asporto, rischia di diventare un percorso a ostacoli

Secondo la Camera di commercio di Genova l’ 84% delle attività potrebbe ripartire ma non sa con che protezioni e con quanto mercato

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MILANO – La ripartenza, la riapertura, per qualcuno totale per altri parziale, come per bar e ristoranti, resta un rebus. Per due motivi principali. Il primo per le ragioni sanitarie ben note. Il secondo perché le condizioni per la fase 2 rischiano di essere incomplete anche per le imprese sia dal punto di vista della sicurezza, sia dal punto di vista del mercato.

A questo punto quante saranno le imprese aperte lunedì 4 maggio in tutta Italia? E quanti saranno i lavoratori in servizio? La risposta, nei numeri, arriva da un dossier della Camera di commercio di Genova, che ha elaborato dati forniti da Unioncamere.

Uno studio in cui si monitora il numero di attività e di addetti in servizio al 20 aprile, successivamente il 27 dopo le prime riaperture parziali del governo e delle regioni.

E, infine, lunedì 4 maggio, giorno spartiacque o forse no verso la cosiddetta fase 2. Emergono dati chiari che dimostrano come il mondo produttivo tenda a rimettersi in moto, ma se poi si vanno vedere le tipologie di attività, si capisce che molte di queste rischiano di aprire ma non produrre e salvaguardare posti di lavoro.

Bar, alberghi e ristoranti

Si passa dal 39,7% del 20 aprile al 93,4% del 4 maggio, grazie quasi esclusivamente ad asporto-take away. Anche qui, però, troppo poco per mandare avanti la baracca a lungo, come ci hanno raccontato diversi baristi e ristoratori di tutta Italia. Sì perché con il locale chiuso le perdite sono 10, aperto per l’asporto diventano 15.

Le regole della riapertura parziale non sono ancora chiare

Questo periodo di limbo dovrebbe essere utilizzato dalle imprese per riconvertire locali e dipendenti alle nuove regole, che tuttavia in molti casi non sono ancora chiare. Vale per i pubblici esercizi, bar e ristoranti, vale per gli stabilimenti balneari.

Molti addetti del settore horeca chiedono che le autorità, invece di concentrarsi solo sulle filiere produttive, si dedichino anche al cosiddetto processo produttivo, ovvero diano norme chiare precise e tempistiche non labili, accompagnate da dispositivi di protezione adeguati.

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