La ristorazione, almeno quella di qualità, è senza dubbio uno dei punti di forza dell’Italia, con unagrande varietà di offerta e di tipologie di locali, che hanno anche un grande effetto di attrazione del turismo dal mondo.
Eppure, come recita un vecchio adagio, il “troppo stroppia”, anche in questo senso. “C’è un eccesso di offerta nel settore della somministrazione del cibo” ha detto Lino Stoppani (FOTO), presidente di Fipe-Confcommercio, nella tavola rotonda promossa nei giorni scorsi da “Italia a tavola” a Firenze, con la partecipazione del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, lo chef più acclamato del Belpaese, Massimo Bottura, e Coldiretti.
Una provocazione forte, ma che a ben vedere non è così campata in aria, perché negli ultimi anni, a dispetto di un saldo negativo tra aperture e chiusure, nel complesso, dei pubblici esercizi, si è assistito ad una vera e propria moltiplicazione dell’offerta ristorativa, e spesso in maniera improvvisata, tra catering, chioschi, chef a domicilio, ristorazione ambulante, agriturismi e così via.
“L’Italia – ha sottolineato Stoppani all’Ansa – ha una densità imprenditoriale che supera del 40% la media europea, secondo una elaborazione Fipe su dati Eurostat. Nella Ue a 28 Paesi ci superano, in termini di densità di pubblici esercizi, solo Portogallo, Grecia e Spagna.
Da Nord a Sud sono oltre 257.000 le imprese della ristorazione, secondo una elaborazione Fipe su dati Istat del censimento 2011, con 130.000 bar, gelaterie e pasticcerie, oltre 125.000 ristoranti, più di 1.500 imprese attive nella ristorazione collettiva per un totale di oltre 750 .000 addetti.
La stima attuale arriva a contare 300.000 imprese di ristorazione, con un valore aggiunto attivato dal settore che sfiora i 40 miliardi di euro”.
Un’abbondanza che, a guardare i numeri, frammenta l’offerta e lascia diverse “vittime” sul campo: “in 5 anni hanno chiuso i battenti 50.000 imprese di settore – aggiunge Stoppani – e a causa della crisi quasi 8 miliardi sono andati in fumo: 3 miliardi di veri e propri tagli e 5 di mancata crescita.
E questo anche perché c’è molta improvvisazione, in un lavoro che invece richiederebbe requisiti di etica e capacità imprenditoriale”.
“Tanti in cucina, ma con regole diverse” ha sottolineato Alberto Lupini, direttore di “Italia a tavola” e promotore del convegno. Gran parte dei ristoranti e catering, ha precisato, “aderiscono a Confcommercio e Confesercenti e altri a Confindustria, poi ci sono le federazioni di artigiani e gli agriturismo che fanno capo a tre organizzazioni agricole. I pasticceri e i gelatai, come molti pizzaioli, sono artigiani (divisi i primi in almeno 4 federazioni nazionali). L’attuale sistema sembra fatto apposta per tener divisi gli operatori; urge una riforma del comparto produttivo”.
Un problema per tutti lo segnala Annie Feolde, chef del “tre stelle” Michelin, Enoteca Pinchiorri di Firenze: “si parla tanto di alta cucina e poi si obbligano gli chef all’uso di uova industriali. Nel nostro tiramisù l’uovo fresco è proibito da stupide leggi che non valgono per chi somministra cibo in casa”.
“La questione organizzativa è cruciale – ha concluso il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina – ed Expo sarà un acceleratore del processo. Ma non si possono fare grandi cambiamenti solo affidandosi alle leggi, serve un salso di qualità nei rapporti tra ristorazione e agricoltura nella consapevolezza che qui c’è la nuova economia”.