BOLOGNA – «La situazione della Colombia è cambiata molto positivamente nel corso degli ultimi cinquant’anni: grazie alle iniziative di pace prese dal governo, ora il paese sta diventando mano a mano più sicuro. È calato il numero di omicidi e i rapimenti sono sempre più rari».
È il commento a tempi.it del professor Loris Zanatta, docente di Scienze internazionali e diplomatiche, specializzato in America Latina, dell’Università di Bologna e appena rientrato da un viaggio di lavoro in Colombia.
È al corrente delle critiche mosse dal fronte dell’ex presidente Uribe, che accusa il governo di fallimento nel processo di pace con le Farc, ma Zanatta non condivide: «Sicuramente sarà un percorso molto lungo e complesso, ma i segnali sono incoraggianti. Si dice che i guerriglieri nascondano parte delle armi, ma la verità è che le hanno consegnato quasi tutte.
Poi, ci sono tensioni tra i villaggi e i campi dove i guerriglieri sono stati temporaneamente trasferiti (dopo essere stati smobilitati dai loro accampamenti nella giungla), nonostante questo il processo del loro reinserimento nella vita civile sta procedendo.
È vero però che il governo è in ritardo nell’allestire i punti di raccolta temporanei di smobilitazione dei guerriglieri».
Stato e Farc
Qualche dubbio però rimane: «Il problema storico emerge dalla domanda: chi colma il vuoto lasciato dalle Farc? Questi guerriglieri hanno controllato e governato dei vasti territori. Riuscirà ora lo Stato a subentrare?
Nonostante le rassicurazioni del presidente Santos, in molte zone periferiche e rurali i capi di ribelli locali che non hanno firmato la pace, come l’Eln, o gruppi di ex paramilitari stanno facendo offerte d’oro alle Farc per poter subentrare al controllo di quelle aree».
Con i gruppi minori di ribelli infatti, la guerra continua: «Il governo aveva provato a trattare anche con loro, ma senza successo. Si sperava che la pace con le Farc generasse il cosiddetto “bandwagoning” (letteralmente, “effetto carrozzone”), cioè un effetto di trascinamento anche nei confronti degli altri guerriglieri, ma è troppo presto per dire se ci sono riusciti. Per il momento, sembra non esserci effetti».
Coltivazioni di coca
A complicare il quadro c’è la questione del mercato della droga. L’Economist e il Guardian hanno riportato nelle scorse settimane che in Colombia le coltivazioni di coca sono aumentate del 18 per cento rispetto al 2015, con una stima di 188 mila ettari di piantagioni. Si tratta del più alto livello di produzione della droga raggiunto da vent’anni.
L’accordo di pace firmato lo scorso novembre con le Farc prevede che i guerriglieri aiutino il governo a ridurre la coltivazione della coca, ma le difficoltà sono evidenti, dal momento che la droga è stata la maggior fonte di finanziamenti del gruppo.
Questa lotta alle coltivazioni illegali prosegue da anni: per oltre due decenni si tentava di eliminare le piantagioni con il lancio di sostanze tossiche, come il glisofato, dagli aerei, ma nel 2015 il governo di Bogotá ha interrotto il programma per tutelare la salute dei cittadini.
Ora la nuova soluzione prevedere che lo Stato colombiano versi un sussidio a ciascuna famiglia che convertirà le proprie piantagioni di coca in coltivazioni di caffè, cacao o frutta.
Ma anche questo piano presenta evidenti falle, perché se le grandi proprietà terriere sono più facilmente gestibili, i piccoli lavoratori indipendenti e le fasce povere e periferiche, che per anni hanno basato la propria sopravvivenza su questo tipo di produzione, sfuggono ai controlli.
Riforma Agraria
«Tutte le strategie utilizzate in passato per risolvere questo problema sono fallite» dice Zanatta. «Il progetto di trasformazione delle piantagioni di coca rientra nella riforma agraria che deve ancora essere approvata in Parlamento e che risponde a un’esigenza di rinnovamento strutturale in un paese dove la distribuzione della terra è profondamente diseguale».
Se la necessità di un cambiamento rappresenta una certezza, non ci sono però sicurezze sugli effetti: «Sinceramente non sono sicuro che trasformare le coltivazioni di coca in coltivazioni di caffè possa funzionare, ma, anche in questo caso, molto dipende dalle capacità sia del governo nazionale sia delle autorità locali di controllare il territorio.
Il problema è che, per l’estensione della Colombia, le coltivazioni di coca sono concentrate soprattutto nella zona verso il Pacifico, dove la presenza delle autorità colombiane è molto meno consolidata».
Crescita e problemi
Per via di tutte queste difficoltà, Zanatta è convinto che bisognerà aspettare anni prima di poter vedere dei miglioramenti, ma questi non saranno dovuti tanto agli accordi di pace in sé, quanto al processo di continua modernizzazione della Colombia.
«Rispetto a venti, trent’anni fa il paese ha fatto dei progressi straordinari. La crescita economica gioca un ruolo molto importante e la Colombia è un paese che sta crescendo enormemente».
Zanatta mette però in guardia: «Vista la debolezza delle istituzioni e le enormi sperequazioni sociali in tutto il paese, non stupisce che le organizzazioni di stampo violento, che siano l’Eln, i trafficanti di smeraldi o ex gruppi di paramilitari, rimangono molto numerose e sarà davvero dura riuscire a riassorbirli poco a poco nella vita civile e legale».
Francesca Parodi