di Caterina Chimenti*
Qualche giorno fa sono stata invitata a una conferenza stampa molto particolare: si è parlato di una storica azienda fiorentina, “la Marzocco”, che da oltre 80 anni produce macchine da espresso.
Molto più che la presentazione di un marchio, è stato un momento di riflessione sul made in Italy soprattutto declinato come produzione artigianale, sul ruolo della tradizione e di come coniugarla con l’innovazione. E si è anche parlato dell’importanza di un buon caffé in una cornice molto molto speciale: il nuovo locale “Ditta Artigianale” inaugurato a Firenze lo scorso Aprile (ne parlerò in un post dedicato). Insomma, un pezzo di storia cittadina che non ti aspetti.
L’espresso nella patria dell’espresso
Per gli italiani “caffé” e “espresso” sono praticamente sinonimi: difficile concepire altri modi di bere questa bevanda, in genere l’unica concessione è la moka. Una passione, quella per l’espresso, che ha contagiato tutto il mondo.
In Italia il caffé espresso è qualcosa che diamo per scontato: in qualunque bar è normale vedere una macchina per espresso pronta per riempire simultaneamente varie tazzine ben allineate. Ma pochi di noi conoscono l’origine di questa tecnologia e, tirando a indovinare, pochissimi direbbero che è Firenze la patria dell’espresso come lo concepiamo oggi.
Eppure le moderne macchine che vediamo nei bar nascono proprio da una felice intuizione di una famiglia di artigiani fiorentini, i fratelli Bambi, che nel 1927 fondano “La Marzocco” (il “Marzocco”, il leone che regge lo stemma con il giglio è uno dei simboli di Firenze) e nel 1939 brevettano la prima macchina con caldaia “orizzontale”, che rispetto al passato permetteva di produrre un numero maggiore di tazzine contemporaneamente. Prima infatti nei bar venivano utilizzate macchine a caldaia verticale, una tecnologia che aveva dei limiti evidenti.
Passato, presente e futuro
Quando i fratelli Bambi aprono la loro officina le macchine da caffé venivano fatte su misura, una per una. Anche il lavoro del barista era un’altra cosa: stare dietro al bancone significava anche prendersi cura dell’attrezzatura, essere responsabile della pulizia della macchina, più che un lavoro qualunque era un “mestiere” che si imparava con il tempo, e del quale andare orgogliosi. Insomma era un mondo “artigianale” che oggi è difficile immaginare.
Nonostante gli alti e i bassi, le crisi e le mode che si sono alternate, “la Marzocco” negli anni resta fedele a se stessa – del resto si sa, il “genio” toscano è sempre stato contraddistinto da una certa cocciutagine. La fabbrica ha ancora sede a Scarperia, alle porte di Firenze, i modelli pochi ma di altissimo livello: qualunque barista degno di tale nome vi dirà che queste macchine da espresso sono le Ferrari del settore.
Il paragone non è casuale: come il marchio del cavallino rampante, anche la famiglia Bambi ha continuato a puntare sulla qualità e non sulla quantità nonostante il mercato per anni sia andato in direzione opposta; una strategia fatta di innovazione senza mai tradire lo stile handmade e soprattutto la grande tradizione del design italiano: oggi questa strategia sembra pagare, visto che nonostante la crisi La Marzocco cresce costantemente.
Infatti il mercato a livello mondiale esige una qualità altissima, che solo una produzione di questo tipo può garantire. E l’Italia? Incredibile sentire in conferenza stampa che solo il 5% del fatturato dell’azienda proviene dal Bel Paese, mentre i maggiori acquirenti sono USA e Australia.
Non si possono fabbricare ottime macchine da caffé senza conoscere a fondo tutta la filiera: per questo La Marzocco da qualche anno gestisce una propria piantagione di caffé, in Tanzania, dove ogni anno alcuni dipendenti possono osservare da vicino coltivazione e raccolta dei chicchi. I profitti sono reinvestiti in progetti di sostegno alla comunità locale. [Foto: © La Marzocco]
Infatti la cultura del caffé in Iltalia sembra esser rimasta indietro: gli italiani sembrano aver perso di vista il complesso rituale che sta dietro al caffé, più interessati a una tazzina low cost e a mantenere costante la dose quotidiana di caffeina. Interessanti quindi le idee del team de “la Marzocco” per uscire dall’impasse: favorire la diffusione di un ritorno alla “cultura del caffé” che porti beneficio a tutti i soggetti coinvolti, dal produttore al consumatore passando ovviamente dai bar e alle professionalità coinvolte.
La strategia prevede anche un ambizioso progetto di formazione anticipato proprio in questa occasione, e che vedrà la luce entro un paio d’anni: un’Accademia del caffé, 1300mq dedicati all’interno dello stabilimento di Scarperia, dove si parlerà di caffé a 360°, dalla piantagione ai progetti delle macchine da espresso.
Francesco Sanapo, 3 volte vincitore del titolo di miglior barista italiano, all’inaugurazione del suo locale Ditta Artigianale, via de’ Neri 32, Firenze, dove offre ai clienti caffé di alta qualità e varie modalità di estrazione. [Foto: © La Marzocco]
Non è casuale la location della conferenza: il caffé Ditta Artigianale è un nuovo locale aperto poche settimane fa nel cuore del centro storico fiorentino da Francesco Sanapo, più volte vincitore del titolo di miglior barista italiano e attualmente sesto a livello mondiale.
Un locale dove più che bere caffè lo si degusta scegliendo la varietà preferita tra varie scelte mono-origine, dove il bancone più basso invita a farsi raccontare la storia della bevanda e scambiare opinioni, dove oltre all’espresso si può scegliere altri tipi di preparazione. Una logica artigianale, appunto, dove vince il binomio qualità ed esperienza. La storia del caffé sembra proprio ripartire da Firenze, grazie a chi non ha mai smesso di crederci.
*Fonte: http://www.lonelytraveller.eu/article/la-storia-del-caffe-riparte-da-firenze