MILANO – Fiato sospeso degli operatori della filiera del cacao dopo la clamorosa manovra speculativa dell’inglese Anthony Ward. Come riuscirà ad affrontare questa nuova sfida il paese primo produttore al mondo di fave di cacao cioè la Costa d’Avorio? Di seguito trovate l’inchiesta, sulla quale aspettiamo il parere dei lettori anche sui possibili collegamenti sui prezzi del caffè.
Anthony Ward rappresentato come un deus ex machina calvo
Nei giorni scorsi, il vignettista del Financial Times rappresenta Ward come un deus ex machina calvo, lo sguardo torvo, che sbandiera una tavoletta di cioccolato griffata con la sigla del dollaro statunitense.
Anthony Ward, alias “Chocolate Finger”, da una quindicina di giorni sta tenendo sulla corda tutto il piccolo universo del cacao, dal produttore della Costa d’Avorio al cioccolataio svizzero.
A cinquant’anni, il capo della società londinese Armajaro, interessata nella produzione, trasformazione e nel commercio del cacao, ha realizzato, come dicono gli specialisti, un “corner”, vale a dire un accaparramento destinato a una rarefazione dell’offerta per provocare un rincaro dei prezzi.
Ward, infatti, il 16 luglio ha acquistato ben 241 mila tonnellate di fave di cacao, pari al 6,3% della produzione annua mondiale e al 15% delle scorte dell’intero pianeta. In tutto il mondo resterebbero solo poche migliaia di tonnellate di scorte.
Il prezzo del cacao
Di colpo, il prezzo sul mercato del cacao ha preso il volo a 2.730 sterline per tonnellata (circa 3264 euro), contro le 2.200 dei sei mesi precedenti: si tratta del livello più alto dal 1977.
Ciò è stato sufficiente per suscitare la preoccupazione di Ghana e Costa d’Avorio,( aree nelle quali si concentra il 60% della produzione mondiale,) e la rabbia dei produttori di cioccolato, che dovranno acquistare ad un maggior prezzo i loro approvvigionamenti.
Fra il 10 e il 13 luglio 2010, il prezzo del cacao ha raggiunto un picco massimo di 3264 euro per tonnellata, il valore più alto dopo 33 anni In una lettera inviata il 2 luglio al responsabile della borsa inglese, la LIFFE [N.d. tr. : Acronimo di London International Financial Future Exchange. Mercato inglese sul quale sono scambiati contratti « future » sui tassi d’interesse, sulle principali valute, sul prezzo di mercato delle merci, sulle obbligazioni, sui titoli di Stato e sugli indici di Borsa], sedici industriali hanno lamentato la mancanza di trasparenza di questi meccanismi speculativi, minacciando di abbandonarla piazza londinese e di rivolgersi a quella di New York, ben più trasparente: negli Stati Uniti, i commercianti devono giustificare la totalità delle loro scorte alle autorità di borsa.
Una maggiore trasparenza
In Europa invece la Liffe non impone agli operatori di dichiarare più del 37% delle loro merci. Il capo della Liffe ha smentito ogni forma di manipolazione speculativa, ma ha promesso maggiore trasparenza per il futuro.
E’ quanto chiede l’International Cocoa Organization (Icco), forum mondiale dei produttori e dei consumatori di cacao, che ha redatto una relazione sui meccanismi dei mercati a termine del cacao.
Questo problema dovrebbe essere affrontato nella riunione biennale che si terrà a Londra a metà settembre 2010. Dal canto loro, i dirigenti dell’Icco, il 15 luglio hanno incontrato ad Abidjan Laurent Gbagbo, presidente del paese primo produttore di cacao, per informarlo delle loro attività e dei movimenti speculativi. Un presidente molto preoccupato, per il quale i margini di guadagno sul cacao dovrebbero essere distribuiti innanzitutto agli operatori nazionali prima che agli speculatori.
Giocata a poker
Nel frattempo, gli analisti si perdono in congetture sulla giocata a poker di Anthony Ward. Molti ritengono che il Britannico, a copertura di una spesa di circa un miliardo di dollari per l’accaparramento, abbia già rivenduto 100.000 tonnellate della scorta al concorrente svizzero Barry Callebaut. “Diversamente, per lui il rischio sarebbe enorme”, dice un esperto della Liffe. “Se i prezzi crollano, dovrà mangiarsi il cappello”.
E il rischio di una caduta dei prezzi è reale. Infatti, dopo tre anni di deficit nell’offerta, il raccolto globale dovrebbe aumentare del 6% nel 2010-2011. In Costa d’Avorio, si prevede già una produzione totale di 1,35 milioni di tonnellate per questa stagione, 50.000 in più rispetto alla campagna precedente.
La scommessa di Ward
Le prime fave di cacao della prossima campagna arriveranno a maturazione presto, e il prodotto sarà disponibile già dal mese di ottobre 2010. Ward probabilmente ha scommesso sugli impegni e le necessità di produrre degli industriali nel breve termine. Egli sa che il cacao di fine stagione in Ghana e Costa d’Avorio (raccolto della piccola campagna, da aprile a settembre, circa 400.000 tonnellate per entrambi i paesi) è di scarsa qualità per le forti piogge delle ultime settimane; un evento che ha causato la “pourriture brune” (peste vegetale), una malattia che intacca la cariosside contenete i grani di cacao. Alcuni analisti formulano un’altra ipotesi.
Ward avrebbe informazioni inedite sull’evoluzione della situazione politica in Costa d’Avorio: da agosto il paese sta per entrare in un periodo incerto, nel quale dovrà essere trovato un accordo tra il governo in carica e l’opposizione sulla definizione delle liste elettorali, in vista delle elezioni presidenziali di ottobre. Più probabilmente Ward ha fiutato l’affare: dal 2001 ad agosto 2002 ha speculato sul mercato del cacao, acquistando 203.000 tonnellate di fave.
Le esportazioni cacao
Dopo il colpo di stato in Costa d’Avorio del settembre 2002, il prezzo del cacao era ancora aumentato. Respinti da Abidjan, i ribelli erano ripiegati su Bouaké prima di avanzare verso la parte occidentale del paese, paralizzando così le esportazioni di cacao dal porto di San Pedro.
Allora, la tonnellata di cacao raggiungeva le 1600 sterline, contro le 1000 del gennaio 2002. I profitti della società Armajaro erano valutati per più di 60 milioni di dollari (circa 62 milioni di euro).
Un ex quadro del gruppo ivoriano Sifca ci confida: “Ward tenta regolarmente il colpo grosso: alla fine degli anni ’90 ci ha incontrato per proporci di acquistare la maggior parte della produzione ivoriana. Ed ha ottenuto un rifiuto!” Anthony Ward, il magnate del cacao soprannominato “Chocolate Finger”, visto da Damien Glez Il misterioso Signor Ward Figlio di militari, Anthony Ward è cresciuto nel cuore dell’establishment inglese, frequentando il Marlborough College, una tra le più esclusive scuole private del Regno Unito.
Poco portato per gli studi, che interrompe a diciassette anni, nel 1980 diventa broker nell’americana EF Hutton e comincia a interessarsi al mercato del cacao. Tra il 1988 e il 1990 assiste alla guerra del cacao tra il francese Serge Varsano, (Sucden) e il connazionale inglese Derek Chambers, della Phibro (Philipp Brothers), una filiale della Salomon Brothers.
In quel periodo, è in corso fra costoro una guerra spietata per convincere l’ormai vecchio Houphouët-Boigny a vendere a uno di loro il raccolto di cacao della Costa d’Avorio.
Ward raggiunge in seguito Chambers alla Phibro, dove diviene responsabile degli acquisti di caffè e cacao e uno dei maggiori esperti di questo mercato. Questo non gli impedisce di commettere errori. Nel 1996, realizza un primo importante acquisto di 300.000 tonnellate di raccolto di cacao ivoriano, acquisto che si rivela di qualità scadente e che gli costerà una perdita enorme.
La Armajaro Holdings
Ma Ward non si scoraggia, e nel 1998 fonda la Armajaro Holdings, che oggi conta più di 2.000 dipendenti e che nel 2009 ha realizzato un fatturato di 1,29 miliardi di euro. La società ha filiali in Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio, in Sierra Leone, Kenya, Tanzania, Uganda e in diversi paesi dell’Asia. Il commodity trader, che finanzia gli acquisti con i vari fondi d’investimento gestiti dalla Armajaro Holdings, si è progressivamente lanciato nella produzione e nella trasformazione. Infatti, ha acquistato il 28 luglio la Theobroma Chocolat, società produttrice di cioccolato biologico, e possiede stabilimenti in Olanda e in Nigeria. In precedenza collaborava con l’asiatica Petra Foods, un colosso mondiale nella trasformazione del cacao, a cui ha rivenduto le sue quote nella lavorazione del prodotto.
L’Armajaro negozia annualmente tra le 400.000 e le 500.000 tonnellate di cacao, un settimo del raccolto mondiale, e ha sviluppato imprese con 45.000 produttori di cacao del Ghana e 5.000 della Costa d’Avorio. La rete di stazioni meteo che possiede in Africa occidentale e le squadre di ricercatori per la stima dei raccolti (valutazione ponderale dei frutti sulla pianta , verifica delle malattie delle piante, pluviometria…) consentono a questa impresa previsioni sui raccolti futuri, con notevole vantaggio rispetto ai concorrenti.
Dalla politica agli affari
L’ambizioso “Chocolate Finger” non si attira i favori della stampa. Ad esempio, dopo gli avvenimenti del settembre 2002 è stato sospettato di avere finanziato la ribellione in Costa d’Avorio per fare lievitare i prezzi. Ward si è difeso, ma non ha prodotto mai prove a suo discarico, tanto che è stato necessario l’intervento del deputato Ben Soumahoro per rinsaldare i legami fra i rappresentanti di Armajaro e il capo dello Stato.
Lo scorso aprile, il Ghana Cocoa Board, organo statale di gestione del settore cacao, gli ha vietato di continuare l’attività nell’ovest del paese, accusandolo di trasferimenti fraudolenti di cacao verso la Costa d’Avorio. Ward si sforza di intrattenere relazioni amichevoli con gli uomini politici ivoriani di qualsiasi tendenza.
Dopo l’elezione di Laurent Gbagbo,(eletto Presidente della Repubblica nell’ottobre 2000) si è avvicinato a riformatori come Paul Antoine Bohoun Bouabré, all’epoca ministro delle Finanze del paese (N.d.tr.: oggi riconosciuto come uno dei principali artefici dello sviluppo economico della Costa d’Avorio).
E dopo gli accordi di Marcoussis, nel gennaio 2003, (N.d.t.: negoziati tenutisi in Francia, a Marcoussis, tra i ribelli del nord, indicati come Forces nouvelles, e le altre fazioni della Costa d’Avorio) intrattiene buoni rapporti anche con le Forces nouvelles (FN). Nel maggio 2009 è stato visto al fianco del primo Ministro, Guillaume Soro, in occasione della cena annuale della Federazione del commercio del cacao, tenutasi a Londra.
Loïc Folloroux: la carta vincente di Ward
Ma il vero asso nella manica dell’Armajaro di Ward è il suo responsabile Africa: Loïc Folloroux, figlio di Dominique e Alassane Ouattara, candidato repubblicano alle prossime presidenziali. (N.d.tr. : attuale Presidente eletto).
Folloroux, 35 anni, è cresciuto in Costa d’Avorio ed ha completato gli studi negli Stati Uniti, dove ha lavorato per Merrill Lynch Bank. Il suo primo incarico all’Armajaro è stato quello di rimettere mano a tutte le operazioni di sourcing che al momento erano deficitarie. In seguito ha diversificato le attività (caffè, cacao, zucchero) della società e ora sta lavorando all’apertura di nuove filiali in Camerun e in Liberia.
L’agricoltura sostenibile
Folloroux difende l’agricoltura sostenibile e le cooperative di piccoli agricoltori. Ma questi ultimi colgono principalmente l’aspetto speculativo delle operazioni dell’Armajaro. “Non siamo noi i beneficiari delle ricadute finanziarie dovute alla buona tenuta dei prezzi (del cacao e del caffè) sul mercato mondiale”, afferma Moussa Zoungrana, presidente dell’Arceccc (Association pour le renforcement des capacités des entreprises coopératives de café et de cacao).
“I piccoli coltivatori hanno già venduto la maggior parte della loro produzione, non hanno mezzi per stoccarla e rivenderla al momento più conveniente”. Anche per le piccole imprese ivoriane di trasformazione (dalle fave di cacao al cioccolato) l’aumento dei prezzi è penalizzante. Queste, infatti, si approvvigionano nel periodo della piccola raccolta per far funzionare le loro fabbriche. Per costoro, la crescita dei prezzi del prodotto ne riduce la competitività.
Verso una riforma Ad Abidjan, i consiglieri del(l’ex) Presidente Laurent Gbagbo seguono molto da vicino l’evolversi della situazione. La nuova operazione promossa da Ward conferma la loro volontà di riappropriarsi della filiera produttiva. Sotto la pressione degli speculatori della finanza internazionale e di multinazionali come Cargill e ADM, le autorità della Costa d’Avorio hanno liberalizzato la filiera dalla fine degli anni ‘90.
La transizione politica
Ma la caotica transizione politica del Paese ha innescato derive profonde. Il settore dei lavoratori delle piantagioni, senza un inquadramento che ne regola la situazione, è privo di sicurezze; le vie di comunicazione si sono deteriorate e la commercializzazione del prodotto resa difficile dà luogo a pesanti contrasti tra gli operatori commerciali. Da sempre, il denaro che ruota attorno alla produzione di cacao ha risvegliato fantasmi.
E’ accusato di alimentare i fondi neri per le operazioni politiche dei regimi che si sono succeduti. Nel 2004 è scomparso il giornalista franco-canadese Guy-André Kieffer, che indagava sulla corruzione generata dal cacao. L’ispettore delle finanze François Kouadio, autore di una relazione molto critica nel luglio 2002, oggi vive da recluso a Parigi.
Quanto all’avvocato parigino Xavier Ghelber, in Costa d’Avorio per una missione di audit della UE, nel novembre 2004, ha rischiato di non tornare. Rapito da banditi armati presso l’Hotel Ivoire di Abidjan e minacciato di morte, è stato riconsegnato alla fine ai militari francesi.
Una nuova organizzazione
Dal mese di febbraio 2009, l’allora presidente Laurent Gbagbo ha incaricato il Comitato per la riforma della filiera caffè – cacao (CRCC), guidato dalla sua consigliera Géraldine Odehouri Brou, di riorganizzare la struttura e le attività della filiera. Nel marzo scorso, il Comitato ha presentato le sue proposte.
Al posto dei cinque organi di gestione, riconosciuti responsabili di sottrazione di fondi, la CRCC prevede l’istituzione di un Alto Commissariato del caffè e del cacao, collegato alla Presidenza della Repubblica. Composto da sette membri, avrà il compito di vigilare sul settore.
Il CRCC prevede inoltre una Direzione tecnica della filiera, responsabile della produzione, commercializzazione e promozione. Le autorità intendono anche ristabilire un sistema di mercato a termine dei prodotti, e creare una Camera dei produttori di caffè – cacao. (Lo scopo è di riportare entro il 2015 sul territorio nazionale, il 50% dell’industria di trasformazione del cacao e il 30% di quella del caffè).
Riaffermano la loro volontà di trasformare il 50% del cacao e il 30% del caffè all’interno del territorio nazionale entro il 2015, obiettivo ultimo: aumentare i profitti degli operatori nazionali del settore, dal produttore all’industriale. Per Gbagbo, la Costa d’Avorio deve riappropriarsi della sovranità sul cacao. L’ha capito bene ” Chocolate Finger “, che continua a investire massicciamente nel paese per continuare a giocare con la piccola fava nazionale sui mercati di Londra.