BINASCO (Milano) – MUMAC, il Museo della macchina per caffè espresso professionale, rinnova la sua partnership con MuseoCity grazie all’incontro “Fiat Lux”, una tavola rotonda che mette a confronto i maggiori esperti del settore sul tema della luce. L’evento è stato introdotto da Barbara Foglia, MUMAC Manager e moderato dalla giornalista di Sky TG24, Tonia Cartolano. Gli ospiti hanno trattato l’argomento della luminosità sotto diversi aspetti: dall’assenza di oscurità presente nello spazio fino ad arrivare al movimento artistico dell’espressionismo.
Prima di addentrarci nel cuore del talk, MUMAC ha offerto una tazzina di caffè a tutti gli ospiti, concedendo una visita all’interno del Museo in cui è stato possibile essere testimoni di più di un secolo di storia scandito dalla realizzazione di macchine per il caffè uniche nel loro genere.
Sono intervenuti: Marco Amato, vicepresidente Museimpresa e direttore Museo Lavazza, Renata Bianconi, founder Galleria Bianconi e art advisor, il fotografo Maurizio Galimberti, Fabio Peri, curatore scientifico del Civico Planetario di Milano U. Hoepli ed Elisa Storace, curatrice del Museo Kartell.
Il tema della luce scelto quest’anno dalla manifestazione MuseoCity ha collegato oltre 110 gallerie pubbliche e private.
Barbara Foglia, MUMAC Manager, fa gli onori di casa alla Sala Temporanea: un’area minimalista e luminosa che può ospitare fino a 150 persone per convegni, presentazioni e workshop.
“Questa sera il MUMAC apre in via straordinaria per aderire all’iniziativa di Milano MuseoCity 2023. Facendo parte dei musei che hanno aderito al progetto, parleremo del tema della luce. La nostra idea è stata quella di affrontare il topic in una maniera differente dal solito, riunendo in questa tavola rotonda diversi esperti che possano raccontare cosa è la luce dal loro punto di vista. Abbiamo riunito alcune delle maggiori personalità del mondo della scienza, dell’arte, del design e della fotografia con un focus sui musei d’impresa, di cui MUMAC fa orgogliosamente parte. D’altronde, i musei sono i luoghi in cui la scintilla e la brillantezza delle idee imprenditoriali vengono conservate e, soprattutto, raccontate.”
Fiat Lux: la luce protagonista al MUMAC
Foglia continua: “Ma che cos’è la luce? A questo proposito, ho scritto una frase che recita: “Tanto immateriale quanto fonte di vita, visione, apparenza. La luce conferisce forma e sostanza alla realtà ma anche ai sogni e all’arte. Ingannevole, talvolta, nel suo senso assoluto di materia sfuggente. Dà senso alle idee, alle innovazioni con la scintilla creatrice che scocca al nascere di un’impresa e all’heritage, che dall’impresa intrapresa, ne deriva con il trascorrere del tempo. La luce, tra arte, bellezza, fotografia, cosmo e impresa: al MUMAC la luce diventa parola. E così Fiat Lux: luce sia.”
Così Barbara Foglia passa la parola a Tonia Cartolano, giornalista Skytg24 e moderatrice dell’evento: “Quando parliamo di luminosità evochiamo diversi concetti: l’idea della creazione, della nascita e della verità. Esploriamo perciò questo tema da un punto di vista scientifico grazie a Fabio Peri, curatore scientifico del Civico Planetario di Milano U. Hoepli con la sua relazione: “La luce dell’infinito: ai confini dello spazio e del tempo attraverso le immagini dei telescopi spaziali”.
La luce nello spazio
“Noi astronomi siamo affascinati dalla luce e possiamo solo osservarla. Non possiamo toccare un pezzo di Sole. Tutto quello che possiamo imparare è dalla luminosità che arriva dagli abissi dell’Universo. Noi scienziati cerchiamo di andare oltre ogni confine fino all’infinito. Conosciamo la nostra luna ampliamente. Su Marte abbiamo recentemente piazzato diverse sonde che ci permettono di osservare un pianeta simile alla Terra. Giove è un pianeta fatto di gas e una delle sue lune potrebbe persino ospitare la vita. Per ora abbiamo solo immagini che, per il momento, conferiscono le fondamenta della verità scientifica. La luce che colpisce Saturno è l’ombra del pianeta sui suoi anelli ed è proprio la sua proprietà luminosa che ci rivela le componenti principali del pianeta.”
Peri continua: “Le stelle? Ad occhio nudo vengono considerate minuscole e anche attraverso la lente di un telescopio, sono sempre dei puntini. Il loro colore, la loro luce, indicano diverse informazioni: una stella rossa è più fredda e una blu è invece più calda. Per calcolare quanto sono lontane le stelle vengono usati gli anni luce. Prendiamo, ad esempio, la stella Betelgeuse nella costellazione d’Orione: è lontana 500 anni luce. Un anno luce equivale a 10mila miliardi di chilometri. Il risultato finale sarebbe astronomico. Ciò significa che la brillantezza della stella ci ha messo 500 anni ad arrivare fino a noi.”
Peri aggiunge: “Non stiamo vedendo Betelgeuse com’è adesso ma com’era quando la luce era partita. Stiamo vedendo il suo passato grazie alla sua distanza. Già Galileo Galilei, 400 anni fa, con il telescopio, ha visto una luminosità non più diffusa ma composta da una moltitudine di stelle: una vicina all’altra. Basti pensare che la nostra Via Lattea è composta approssimativamente da 300-400 miliardi di stelle.”
In conclusione: “Esistono molte altre galassie di ogni tipo e forma. Tutto quello che possiamo imparare dalle galassie si apprende dalla luminosità. L’universo è pieno di galassie e, osservandole, possiamo guardare il loro passato e, quindi, ricostruire come è nato lo spazio e le sue regole. Noi esseri umani siamo ancora molto lontani nell’intraprendere questo traguardo ma è una delle sfide del nostro campo.”
Arte ed espressionismo
Dopo aver esplorato la luce da un punto di vista prettamente scientifico, cambiamo completamente prospettiva. Renata Bianconi, founder dell’omonima galleria, esplora il tema scegliendo un approccio focalizzato sul mondo dell’arte. Il Museo predilige la ricerca, la sperimentazione artistica e la promozione di artisti italiani e stranieri.
“La luminosità è sempre stata fondamentale nelle discipline artistiche: è grazie ad essa che percepiamo i colori, la superficie e la tridimensionalità. Con il baracco, soprattutto con Caravaggio e Bernini, la luce diventa soggetto dell’arte e dà senso stesso all’opera. Nella Vocazione di San Matteo di Caravaggio, ad esempio, viene mostrata la chiamata di Cristo all’Apostolato da parte di San Matteo. Ci sono tre fonti di luce: la finestra, una massa luminosa dall’alto e, infine, un fascio di lucentezza obliqua.”
“La scena si può leggere e interpretare solo grazie all’utilizzo della luminosità. Il fine ultimo dell’arte è quello di interpretare la realtà e, in qualche modo, anche quello di cambiarlo. Nell’800 arrivano la fotografia e i tubetti ad olio che creano uno dei movimenti della pittura più significativi della storia dell’arte: l’impressionismo. Una delle peculiarità di questa corrente è l’assenza del disegno: l’obiettivo degli impressionisti è quello di creare dalla realtà che vedono e dare l’impressione del vero, inteso come una percezione che cambia sempre grazie alle differenti sfumature di colore e di luce che riflettono un diverso momento della giornata.”
“Il mondo appare così più frammentato come nei dipinti di Claude Monet. Un esempio lampante è la cattedrale di Rouen, una serie di 31 dipinti ad olio dipinti dall’artista tra il 1892 e il 1894 raffiguranti il luogo di culto in diversi momenti del giorno. Perciò la lucentezza diventa opera d’arte e pennello cambiando completamente la percezione del mondo, diventando in questo modo sostanza e materia anche grazie all’utilizzo della fotografia, facendo immergere l’umanità in un cosmo emozionale ed espressivo.”
Design e luce con Kartell
Il mondo dell’arte tuttavia non è il solo ad avere un debito di gratitudine con la luce. Elisa Storace, curatrice del museo Kartell, spiega alla platea del MUMAC il legame intrinseco che lega il design alla luminosità con un misto tra progetto e poesia. Kartell è un’azienda italiana che produce mobili e oggetti di design ricercato. Le sue collezioni si compongono di oltre 8.000 oggetti, 5.000 disegni e 15.000 fotografie.
“Il design legato alla luce tramite la lampada è contraddistinto da un insieme di ricerca tecnica e formale. Mi riallaccio all’esempio della cattedrale di Rouen in cui con il cambiare della luce cambia la percezione della cattedrale: ciò è esattamente quello che fanno le lampade con il nostro arredamento. La luminosità viene utilizzata in maniera diversa per valorizzare l’ambiente in cui ci si trova. Nella storia di Kartell ci sono diverse lampade che hanno fatto la storia dell’azienda. Un esempio è l’oggetto di design realizzato da Philip Stark, Goodnight. L’idea è quella di usarla sul comodino con comodità e realizzare un ambiente rilassante, simile a come fa la candela. L’oggetto diventa un tutt’uno con il fruitore, accompagnando efficienza e bellezza di design.”
Ma la luminosità non è una componente esclusiva delle arti e delle scienze. La luce in quanto scintilla e conoscenza viene alimentata da ogni museo grazie ad ogni oggetto di collezione informazione presente nella propria collezione.
Marco Amato, vicepresidente Museimpresa e direttore Museo Lavazza, spiega così il ruolo del curatore dell’associazione culturale:
Storia e cultura del Museo
“Ho scelto di utilizzare la luce come strumento di racconto della storia d’impresa. Museimpresa raccoglie più di 120 imprese in tutta Italia da nord a sud: dall’alimentare alla moda. Tutti questi musei hanno in comune una scintilla, l’idea imprenditoriale da cui parte tutto dalla mente di un uomo o di una donna. Molto spesso, quel germe di innovazione fa affidamento su pochi mezzi. All’interno del Museo Lavazza, ad esempio, abbiamo la cedola di 50 lire con cui è iniziata la storia imprenditoriale di Luigi Lavazza che aveva chiesto un prestito per finanziare la sua idea di miscela di caffè. All’interno dei nostri musei cerchiamo di tessere il filo della scintilla e raccontare la storia dell’industria in tutte le sue sfaccettature: dalle sue origini fino all’espansione, passando per i fallimenti e la successiva ripresa”.
“Frequentemente, in passato, quando si parlava delle origini delle imprese si parlava solo della disperata ricerca del profitto, ma c’è molto più di questo: ogni imprenditore, oltre al ricavo, è alla ricerca di migliorare in qualche modo la propria comunità grazie alle innovazioni che sono frutto della sua mente. Il nostro compito risulta quindi quello di gettare letteralmente luce su queste imprese e raccontare una realtà che prenda in considerazione tutti gli aspetti che hanno fatto la storia delle aziende”.
Ci si avvicina alla conclusione della giornata con Maurizio Galimberti che espone una delle arti in cui la luce diventa protagonista: la fotografia.
“Sono diventato un fotografo per non essere al buio. Sono cresciuto in un orfanotrofio. Ci chiudevano dentro alle camerate buie alle tre del pomeriggio. La luce per me è sinonimo di vita. Utilizzavo spesso la polaroid per non stare nelle tenebre delle camere oscure. Come fotografo non pianifico nulla ma mi lascio trasportare dal momento. Recentemente, ho fatto un lavoro sul disastro di Marcinelle nel Belgio in cui morirono 262 operai, più della metà immigrati italiani. Lavoravano a 1600 metri di profondità a 60 gradi in cunicoli molto stretti”.
“Vedevano la luce solo quando entravano e uscivano dalla miniera. Per lavorare con più facilità, portavano nelle miniere dei cavalli di piccola statura che rimanevano all’interno della struttura per anni. Dopo dieci o quindici anni al buio, una volta rientrati in superficie, impazzivano alla vista della luce del Sole. Per un fotografo la luce è gioia e vita nonché espressione per indicare movimento e dinamicità.”
Maurizio Galimberti è un fotografo italiano principalmente noto nel panorama mondiale per i suoi scatti con la polaroid che, con il tempo, sono diventati la sua firma.
di Federico Adacher