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Ecco la legge che definisce che cosa è il caffè e perché non esiste quello di cicoria

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MILANO — Caffè di cicoria. In passato (soprattutto in tempo di guerra), la cicoria è stato un comune surrogato del caffè. In alcuni paesi (in particolare in Francia) era un tempo usanza diffusa mescolare cicoria e caffè per addolcire il gusto, altrimenti troppo aspro, delle miscele a base di robusta.

Oggi, l’infuso a base di cicoria tostata è considerato una valida alternativa salutista  per la prima colazione. Attenzione però non chiamarlo “caffè di cicoria”: questa espressione, per quanto diffusa nel linguaggio corrente, non può essere utilizzata infatti nell’etichettatura.

È bene dunque fare chiarezza, per non confondere «l’estratto di caffè solubile» con l’«estratto di cicoria solubile». Ci viene in aiuto il Centro Studi Diritto Alimentare-Food Law, che fornisce definizioni e informazioni atte a meglio comprendere le differenze.

Inoltre, nell’etichettatura delle bevande contenenti una quantità di caffeina superiore a 150 milligrammi per litro, questa deve recare la menzione «Tenore elevato di caffeina», seguita dalla quantità espressa in milligrammi per 100 millilitri.

Un focus sulla specifica normativa vigente viene fornito nel seguente approfondimento scritto da Giorgia Antonia Leone per il sito Olioofficina.

Caffè e cicoria: definizioni e informazioni

In base alla normativa europea attualmente in vigore (Dir. 4/1999 C.E.) l’«estratto di caffè», «l’estratto di caffè solubile», il «caffè solubile» o il «caffè istantaneo» designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dai grani di caffè torrefatti, utilizzando l’acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base.

Oltre alle sostanze insolubili, tecnicamente ineliminabili e gli olii non solubili provenienti dal caffè, esso deve contenere esclusivamente i principi solubili e aromatici del caffè.

Il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè deve essere:

a) uguale o superiore al 95 % in peso per l’estratto di caffè;

b) compreso tra il 70 e l’85 % in peso per l’estratto di caffè in pasta;

c) compreso tra il 15 e il 55 % in peso per l’estratto di caffè liquido.

L’estratto di caffè solido o in pasta non deve contenere altre sostanze se non quelle ottenute dall’estrazione del caffè. Quello di caffè liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatti o meno, in quantità non eccedente il 12 % in peso.

L’estratto di cicoria

Invece, l’«estratto di cicoria», «cicoria solubile» o «cicoria istantanea», che qualcuno impropriamente definisce ‘caffè di cicoria’, designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dalla cicoria torrefatta, utilizzando l’acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base.

Per cicoria si intendono le radici di Cichorium Intybus L., non utilizzate per la produzione di cicoria witloof, opportunamente pulite per essere essiccate e torrefatte in vista della preparazione di bevande.

Il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria deve essere:

a) uguale o superiore al 95 % in peso per l’estratto di cicoria;

b) compreso tra il 70 e l’85 % in peso per l’estratto di cicoria in pasta;

c) compreso tra il 25 e il 55 % in peso per l’estratto di cicoria liquido.

L’estratto di cicoria o in pasta non può contenere quantità eccedenti l’1 % in peso di sostanze non ottenute dalla cicoria.

L’estratto di cicoria liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatto o non, in quantità non eccedenti il 35 % in peso.

Bevande a elevato tenore di caffeina

Si osservi che l’etichettatura delle bevande contenenti una quantità di caffeina superiore a 150 milligrammi per litro deve recare la menzione «Tenore elevato di caffeina», seguita dalla quantità espressa in milligrammi per 100 millilitri. Tale menzione deve figurare nello stesso campo visivo della denominazione della bevanda.

Queste disposizioni si applicano alle bevande pronte al consumo nonché a quelle elaborate a partire da prodotti concentrati o disidratati. Esse non si applicano tuttavia alle bevande a base di caffè, tè, o estratto di caffè o di tè, la cui denominazione di vendita contenga il termine «caffè» o «tè».

Infine si tenga presente che il chinino e la caffeina utilizzati come aroma nella produzione o preparazione di un prodotto alimentare devono sempre essere indicati nell’elenco degli ingredienti con la loro specifica denominazione subito dopo il termine «aroma» (Dir. 2002/67 C.E. e Reg. 1169/2011 U.E.).

Giorgia Antonia Leone

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