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E la Gazzetta dello Sport spiega “Come si arriva a un vero caffè di qualità”

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MILANO – E anche un quotidiano prettamente sportivo come La Gazzetta dello Sport si occupa di caffè. E lo fa in maniera critica.
Ecco l’articolo di Marco Tonelli.

Un uomo entra in un bar e chiede un caffè. È l’inizio di una barzelletta o solo la colazione di tanti italiani? Di certo quello che salta agli occhi è l’indeterminatezza che accompagna la richiesta.

Suona strano, in un periodo in cui l’attenzione per la gastronomia è così alta, parlare genericamente di caffè quando per altri bocconi e altri sorsi si scende nel dettaglio.

Nessuno chiede infatti una pizza, un vino, un prosciutto. A determinare questa situazione contribuisce anche la scarsa conoscenza rispetto a questo prodotto.

In tanti, ad esempio, pensano che questa pianta – si tratta comunque di albero -, sia coltivata anche nel nostro paese.

La geografia produttiva invece corre lungo tutto l’equatore, con i classici paesi sud e centro americani, senza dimenticare quelle nuove realtà produttrici, su tutte il Vietnam, spesso ai vertici mondiali rispetto alla quantità (in totale il caffè si produce in 78 paesi ma la metà della produzione mondiale è brasiliana).

In Italia abbiamo invece numerose aziende che si occupano della tostatura del caffè verde e della successiva commercializzazione.

Parlando di qualità rispetto alla selezione della materia prima e alla tostatura più appropriata per ogni varietà – se troppo chiara esalta l’acidità, se troppo scura sottolinea la dolcezza ma, di fatto, anche l’amaro -, una delle torrefazioni migliori è quella bolognese di Leonardo Lelli (www.caffelelli.com).

Ingegnere, non solo ha messo a punto la propria macchina per tostare, ma ricerca continuamente in giro per il mondo produttori che gli possano assicurare il migliore punto di partenza per il suo caffè.

L’incontro con Arnold José Paz dell’azienda honduregna San José, organizzato presso la torrefazione di Lelli, fa chiarezza sulle dinamiche produttive che regolano il caffè di qualità.

Questo prodotto non vive solo sul dualismo di robusta e arabica, visto che si contano oltre 50 specie differenti. Il caffè, come lo intendiamo noi, è il seme di un frutto molto simile a una ciliegia.

La raccolta e il grado di maturazione dei frutti, per un’azienda come San José, deve prevedere al massimo due bacche verdi su 100, altrimenti, ci racconta Arnold, il sapore del caffè cambierà in maniera inaccettabile, quanto meno rispetto ai suoi altissimi standard qualitativi.

Se a questo sommate che la sua azienda conta su 15 ettari e una pianta (le sue varietà sono Caturra e Catuai), ogni anno, dà soltanto 1 Kg di caffè tostato, è facile capire come il caffè sia una cosa seria.

A questo l’Honduras, sesta realtà mondiale produttivamente parlando, aggiunge, come accade per altri prodotti della terra, una serie di variabili – natura dei suoli, qui vulcanici, altitudine e clima (oceanico)- che alla fine incidono sul gusto finale della tazzina.

“Anche la tecnica incide sul sapore finale”

Oltre alle caratteristiche del luogo di produzione, anche la tecnica imposta dall’uomo nella lavorazione incide sul sapore. Arnold racconta come le fasi di spolpamento del frutto per ottenere il seme, prevedano lavaggi.

E una sorta di fermentazione in legno. Un po’ come accade per il vino nelle barrique e senza contare le fasi che riguardano il trasporto. Che per legge avviene solo ad un determinato grado di umidità, e tostatura.

Già dalla complessità del processo produttivo si capisce perché questo caffè sia diverso da tanti altri. Una qualità confermata dall’assaggio.

Testato in espresso, ma anche qui ogni varietà ha il metodo di estrazione che ne esalta le diverse caratteristiche (percolazione ovvero la classica napoletana, moka, infusione, chemex ecc…), il caffè di Arnold, tostato da Leonardo Lelli, parte con una complessità morbida di frutta secca.

Bilanciata da un’acidità che arriva da toni di frutta rossa. Il finale poi è un alternarsi di note boisée, nuances di liquirizia e delicate speziature di cacao e anice stellato. T

utto questo in una tazzina? Certo, quando il caffè non è solo UN caffè qualunque.

Marco Tonelli

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