MILANO – La tavola, o il caffè, sono sempre stati i luoghi della parola, dove si sono rotte o aggiustate le cose: discusso animatamente, trovato un accordo, aperte lacerazioni. Però di solito il mangiare o il bere insieme ha indotto a fraternizzare, a confrontarsi, ma per trovare un punto d’incontro. Carlo Dossi, nelle Note azzurre (num. 4589) racconta: “Ai tempi di Cattaneo fu fatta la pace tra classici e romantici e per celebrarla si bandì un gran banchetto in cui intervennero i caporioni delle due scuole, e in cui i piatti alternavansi nei due stili.”
L’importanza del caffè nella storia
“Dopo un gigot classico veniva p. es. una mondeghiglia romantica, dopo una semplice sleppa di manzo classico un pasticcio di Strasburgo romantico, dopo un sorbetto di pura crema classico, un sorbetto punch romantico”.
Incontrarsi al caffè ha significato condividere col luogo anche idee e interessi. Anche oggi al caffè non si va semplicemente per sorbire un aperitivo da soli, ma per berlo insieme. Solitudine e silenzio non s’addicono a quel luogo.
Al caffè il tempo scorre conversando: è sempre stato il luogo della parola (così come la taverna era il luogo del chiasso festoso e della trasgressione linguistica, dove le parole e il vino, diceva Manzoni parlando di Renzo alla ” ‘luna piena’, scorrevano ‘senza misura né regola’), il luogo della discussione, della ragione, dei regolari contrapposto agli irregolari dell’osteria.
In questo luogo d’incontro, annotavano i fratelli Verri fondatori della celebre rivista settecentesca Il Caffè, ci si scambiano idee, si trovano i giornali, “In essa bottega, chi vuol leggere, trova sempre i fogli di Novelle Politiche”, trova “Il Giornale Enciclopedico, e l’estratto della Letteratura Europea, e simili buone raccolte di Novelle interessanti, le quali fanno che gli uomini che in prima erano Romani, Fiorentini, Genovesi, o Lombardi, ora si e no tutti presso a poco Europei”.
La fondazione dell’unità europea
George Steiner ha scritto che l’unità europea si è fondata nei caffè metropolitani, in questi ambienti cosmopoliti, caldi di legni e di stucchi e di specchi. Così come hanno contribuito a unire (o a dividere) l’Italia.
Nel periodo rivoluzionario a Torino i giacobini si trovavano alla Taverna della Giamaica, al Caffè ‘d Catlina o al Marsiglia. Roberto D’Azeglio, l’8 febbraio 1848, al caffè Nazionale di Torino aveva letto agli amici, prima dell’affissione in pubblico, il proclama di Carlo Alberto. In città c’erano caffè frequentati dai conservatori, altri soltanto dagli innovatori.
Illuminismo, Romanticismo, Risorgimento, Futurismo e Avanguardie hanno trovato nei caffè italiani di un tempo il luogo in cui discutere ed elaborare le idee.
I macchiaioli, artisti e patrioti, si sono sempre incontrati al Michelangiolo di Firenze, in via Larga, ora via Cavour. Fonte: Tuttolibri di sabato 8 gennaio. Per saperne di più cliccare qui.